Il comitato cantonale del Plr ratifica la lista per il Gran Consiglio. Il presidente liberale radicale: ‘Senso del dovere e tanto spirito di servizio’
«Basta piangere, con questa squadra portiamo senso del dovere, spirito di servizio, responsabilità e tanta voglia di fare». Musica, clima disteso e un applausometro a livelli alti hanno accompagnato stamattina a Locarno la presentazione della lista Plr per il Gran Consiglio in vista delle Cantonali del prossimo 2 aprile, e il presidente Alessandro Speziali raggiunto da ‘laRegione’ quando le ultime note della ‘Riscossa’ echeggiano ancora al Cinema Gran Rex in Città vecchia, è contento: «Questa lista, come quella per il governo, è una lista in cui ogni ticinese può identificarsi: abbiamo esperienza, regioni, gente che lavora nell’economia, nella sanità, nella scuola, studenti, tutte le generazioni rappresentate...».
Con questi 90 candidati, più i cinque per il governo, «la volontà è picchiare come fabbri sulle nostre priorità: mercato del lavoro, ambiente ed energia, formazione e sanità. Gli applausi scroscianti quando abbiamo parlato di burocrazia, libertà e responsabilità stamattina credo siano stati liberatori».
Prima, nel suo discorso davanti al proprio Comitato cantonale, Speziali ha insistito su un altro tema: «In tanti reclamano i diritti, ma sento sempre più nella popolazione la questione del ritorno alla responsabilità, al senso del dovere. Ebbene, candidarsi in un periodo così per il Gran Consiglio richiede tanto spirito di servizio, e avere il coraggio delle proprie idee che vanno difese senza sentirsi sempre quel bisogno di essere d’accordo con tutti».
Un senso del dovere, ha ricordato ancora Speziali, «che assieme a valori come libertà e coesione è alla base delle ricette liberali radicali dal 1848. Candidarsi vuol dire mettersi lo zaino in spalla e proporre col proprio impegno in prima persona delle soluzioni, senza delegare ad altri responsabilità che sono nostre».
In una mattina dedicata alla ratifica della lista per il Gran Consiglio avvenuta per acclamazione – lista nella quale il padrone di casa, il sindaco di Locarno Alain Scherrer, ha ammonito di «rimanere dentro, senza scialacquare preferenze come purtroppo fatto spesso in passato» – c’è stato spazio anche per i cinque candidati in governo.
A partire dall’uscente direttore del Dipartimento finanze ed economia Christian Vitta secondo cui «in un momento dove aumentano le preoccupazioni, l’obiettivo è trovare un po’ di normalità dopo tre anni di emergenze. Perché avere tranquillità e stabilità significa avere un quadro dell’economia e del mercato del lavoro più incoraggiante». E dal banco di governo, l’auspicio di Vitta è che «da queste elezioni possa uscire una configurazione con tante persone che portano avanti i valori liberali radicali, il Ticino ha bisogno del Plr».
Alessandra Gianella, dal canto suo, ha spinto molto sulla formazione, «spina dorsale di ogni professione, e sulla quale occorre investire a ogni livello». E sul cantiere della scuola media, riaperto proprio dal suo partito nei giorni scorsi con la bocciatura dell’ultima proposta del Decs sul superamento dei livelli, ha ricordato che «per noi è fondamentale dare indirizzi chiari per una formazione al passo coi tempi e che orienti i giovani a un mercato del lavoro totalmente cambiato rispetto al passato».
Andrea Rigamonti ha posto l‘accento sul progetto PoLuMe, «che merita ulteriori approfondimenti, soprattutto in rapporto al bilancio economico e ambientale che quest’opera imponente porta in tutto il Sottoceneri» e, sulla giustizia, ha sottolineato come «il progetto di riforma si chiama ’Giustizia 2018’, siamo nel 2022 ed è ancora tutto fermo. Trovo ciò significativo dell’immobilismo in cui siamo, la giustizia necessita di soluzioni».
Luca Renzetti ha evidenziato «i problemi che un’eccessiva burocrazia porta al settore dell’edilizia ma non solo, ci sono lacci che portano solo a ingolfare e rallentare l’attività economica».
Jean-Jacques Aeschlimann, invece, ha evidenziato le sue preoccupazioni sul disagio giovanile: «Ansia, depressione e anche violenza sono parte del risultato che ha portato la pandemia. I giovani hanno perso le attività ricreative strutturate, e bisogna lavorare in questo senso perché il problema è nostro: come genitori, come insegnanti, come punto di riferimento affidabile che dobbiamo essere». Quindi, «ben venga sicuramente lo sport, ma anche tutte le attività ricreative come possono essere anche cultura e le scuole di musica».