Ticino

Giovani politiche contro vecchie violenze

Un corso, rivolto a 18-30enni già impegnate in politica o nei movimenti sociali, per acquisire conoscenze e competenze da opporre alla violenza di genere

(Ti-Press)
9 novembre 2022
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Troppa inerzia e troppo silenzio da parte della politica cantonale su un tema di drammatica attualità: la violenza di genere. Parte da questa critica, che è anche una presa di coscienza, la proposta concretizzata da un gruppo di giovani politiche ticinesi di creare una formazione – per loro stesse e tutte le giovani interessate attive nei partiti, nei movimenti sociali e nei media – volta ad acquisire conoscenze e competenze per contrastare il problema. L’idea è stata accolta dall’associazione Puntozero, recentemente fondata per portare proposte costruttive e pragmatiche nel campo delle questioni di genere, che dal 25 novembre coordinerà un corso gratuito e apartitico articolato in sei serate, tra Lugano e Bellinzona (e anche via streaming), sulle dinamiche delle violenze di genere, le buone pratiche di prevenzione e protezione, gli strumenti politici a disposizione per farvi fronte.

Per un’assunzione di responsabilità

«Riteniamo importante non solo parlare o speculare, ma agire concretamente, perché la cultura e la sensibilità su questi temi devono assolutamente cambiare – ha premesso in apertura della conferenza stampa di presentazione del progetto Anna Biscossa, presidente di Puntozero –. È essenziale avere strumenti conoscitivi per promuovere politiche efficaci nella prevenzione, per sostenere e accompagnare chi subisce situazioni di violenza». Violenza, soprattutto di genere, «che fa purtroppo parte della vita quotidiana», ha deplorato Biscossa. I numeri in Svizzera e in Ticino – si pensi ai tre interventi della polizia al giorno per violenza domestica nel nostro cantone – «dimostrano che non ci assumiamo a sufficienza le responsabilità. Ma le nuove generazioni possono dare una spinta in questa direzione». E riferendosi anche a recenti gravi casi che hanno occupato le cronache in Ticino, Biscossa ha osservato che «il silenzio fa male, ma fa male anche il clamore. Serve portare in politica e nella comunicazione pubblica il giusto equilibrio, senza infierire sulle singole situazioni».

A essere tematizzati nel corso di formazione, ha spiegato la coordinatrice dell’associazione Elena Nuzzo, saranno vari aspetti delle violenze di genere. «Violenze al plurale perché assumono tante forme. Dalle molestie sessuali sui posti di lavoro, al cyber stalking, alle manipolazioni di persone giovani da parte di adulti», ha detto Nuzzo, che ha tenuto a sottolineare come la proposta sia apartitica «perché la violenza di genere colpisce chiunque ed è responsabilità di chiunque intervenire». Il problema, ha considerato, è che «molte persone attive in politica e che lavorano nelle istituzioni non sanno nemmeno che la Svizzera ha ratificato degli impegni importanti sul tema della violenza di genere e che le competenze di applicazione sono a livello cantonale. Ci sono leggi, convenzioni, trattati internazionali firmati dal nostro Paese che aspettano di essere applicati. Altri Cantoni hanno fatto ben più di noi, per cui ci sono buone pratiche che possiamo seguire e implementare anche in Ticino». Tra gli obiettivi, dunque, anche quello di conoscere gli impegni sottoscritti, come ad esempio con la Cedaw (Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna), adottata dalla Svizzera da 25 anni: «All’articolo 10 è scritto che in tutti gli ordini di scuola bisognerebbe attivare l’educazione al genere – ha reso noto la coordinatrice di Puntozero –. Si tratta di un elemento fondamentale nella prevenzione per costruire consapevolezza, per individuare i segnali di allarme ed evitare violenze, stupri, femminicidi. Oggi però in Ticino non si vede un intervento strutturale come scritto e ancorato nella legge svizzera».

Un problema strutturale, non di devianza personale

E della necessità di riconoscere la violenza di genere come fenomeno strutturale ha parlato anche Nara Valsangiacomo, tra le giovani politiche promotrici del progetto (assieme a Noemi Buzzi, Mattea David e Laura Riget). «C’è una cecità rispetto alla dimensione strutturale di questo tipo di violenza dovuta anche alle narrative, soprattutto mediatiche, che spesso riconducono il problema a una devianza personale». Si tratta invece di una violenza che permea diversi ambiti, rispecchiati nei moduli proposti nel percorso formativo, ha illustrato Valsangiacomo: «L’ambito giuridico, quello sociale e culturale, quello della comunicazione, le strutture di potere. Il corso serve a capire come individuarla e intervenire efficacemente. Una necessità della massima urgenza».

«Senza consapevolezza – ha dal canto suo affermato Mattea David – non si possono prendere le giuste tutele per donne e bambini e fare prevenzione per i giovani che verranno dopo di noi. Ci si trincera spesso dietro al fatto che da noi si sta bene, ma le cifre dicono altro». Tra gli esempi, l’aumento dei reati sessuali commessi dai minori. «Che modello offriamo alla società con questa inerzia politica e il racconto che facciamo di queste storie? – si è chiesta David –. Nel silenzio le leggi non vengono implementate e nel silenzio non ci sono sensibilizzazione e tutela. È importante usare ogni occasione per parlarne, facendolo però in termini corretti».

Il primo appuntamento avrà luogo sotto forma di evento pubblico – al Liceo 1 di Lugano alle 20.30 – il 25 novembre, Giornata Onu contro la violenza verso le donne. Giornata che quest’anno ha come tema i femminicidi. Sarà proposta la proiezione di ‘Sopravvissute’, documentario della regista e giornalista Anna Bernasconi andato in onda nella trasmissione ‘Falò’ della Rsi, che raccoglie testimonianze di donne che hanno subito violenza dai loro compagni. «Partendo da tali storie si aprirà una discussione sugli elementi ricorrenti e di allarme a cui bisognerebbe prestare attenzione – ha detto Nuzzo –. Segnali che è importante riconoscere soprattutto per chi deve realizzare misure di intervento, protezione e prevenzione efficaci. Questo per andare oltre la visione secondo cui i femminicidi sono da ricondurre semplicemente a dei raptus». Gli incontri successivi sono in calendario il 7 dicembre, il 10 e 30 gennaio, il 20 febbraio e il 2 marzo. Il corso è cofinanziato dall’Ufficio giovani del Dss tramite i sussidi della Legge giovani e ha ottenuto il sostegno anche da parte del Servizio di aiuto alle vittime (Lav).