Finanze cantonali, non fa breccia nel centrodestra l’iniziativa che chiede di sospendere il meccanismo per i prossimi due anni: ‘Il popolo è stato chiaro’
«Non è questo il modo di risolvere i problemi, sarebbe una soluzione fin troppo semplice e anzi, considerando il Piano finanziario peggiorerebbe addirittura una situazione già difficile». Dalla capogruppo liberale radicale in Gran Consiglio Alessandra Gianella arriva un no secco all’iniziativa parlamentare con cui Ivo Durisch, a nome del Ps, chiede di congelare per i prossimi due anni il meccanismo del freno al disavanzo. Un no motivato, in entrata, anche da un discorso molto semplice: «In maggio il popolo ticinese, con una larghissima maggioranza, con il ‘Decreto Morisoli’ ha approvato un principio: i conti del Cantone devono essere in equilibrio. E noi – continua Gianella – dobbiamo trovare delle soluzioni per frenare l’aumento della spesa, rientrare dalle cifre rosse entro il 2025, delineando un importo condiviso almeno dalle forze borghesi per la manovra di rientro che dovrà esserci nella prossima legislatura».
Sei mesi fa, insomma, «i cittadini hanno detto di non volere aumenti delle imposte, di non ribaltare gli oneri sui Comuni, di non toccare le fasce deboli e di limitare l’aumento della spesa». Quindi «non è sospendendo il freno perché la situazione è difficile che si risolvono le cose, tutt’altro». D’accordo, ma dove tagliare se le fasce deboli non devono essere toccate? «Faccio un esempio su tutti: negli anni abbiamo avuto aumenti importanti per i crediti per le strade. Sicuramente legittimo, ma non possiamo paragonare questo tipo di spese a quelle che vengono dedicate alla formazione e ai bisogni primari della popolazione». È importante quindi, riprende Gianella, «che si verifichi l’efficacia delle maggiori politiche pubbliche, se tutto quello che si spende è speso in maniera razionale, se si può fare meglio».
E a precisa domanda, Gianella rifugge l’etichetta di chi vuole il pareggio di bilancio ma propone iniziative che comportano delle uscite, come il prolungamento degli orari di apertura delle biblioteche. «Il tema per noi sono le priorità – ribatte la granconsigliera Plr –. Nel caso specifico, stiamo parlando di mettere gli studenti nelle condizioni migliori per affrontare il loro percorso formativo. È una spesa, ma è un investimento nel futuro, a beneficio di tutti gli utenti. C’è spesa e spesa, il lavoro che dobbiamo fare è analizzare ogni proposta e valutare se è necessaria, se porta miglioramenti, se è lungimirante o no».
«Dobbiamo ancora discutere la proposta in gruppo – premette il capogruppo del Centro/Ppd Maurizio Agustoni –. A titolo personale mi sembra positivo che il Partito socialista abbia accantonato la sua ricetta di sistemare i conti pubblici con l’aumento della pressione fiscale. Probabilmente per il 2023 il freno al disavanzo sarà ‘sospeso’ de facto, dato che nessuno vuole aumentare il moltiplicatore d’imposta e, nello stesso tempo, sarà molto difficile trovare misure di risparmio di decine di milioni di franchi nel giro di poche settimane. La sospensione del freno al disavanzo anche nel 2024 – annota Agustoni – mi trova invece contrario, perché mi sembra una flagrante violazione dell’istruzione che ci ha dato il popolo lo scorso 15 maggio, ovvero sistemare i conti pubblici entro la fine del 2025. Il rischio è che la sospensione del freno al disavanzo diventi un pretesto per non affrontare il risanamento dei conti pubblici, lasciando crescere la spesa in modo incontrollato. Il 2023, al contrario, dovrà essere dedicato a una seria analisi della spesa pubblica».
Per il deputato dell’Udc Paolo Pamini «potrebbe non essere necessario quanto chiede Durisch e quindi inutile una norma transitoria per congelare il freno al disavanzo». Per quale motivo? «Se non arriveranno i soldi della Banca nazionale e non si adotterà un piano di rientro della spesa, come quello da noi richiesto di 150 milioni di franchi, il disavanzo del Preventivo 2023 sforerà il limite del 4% dei ricavi correnti stabilito dall’articolo 31a, capoverso 2, della Legge sulla gestione finanziaria, la Lgf. Il capoverso 3 dello stesso articolo prevede in tal caso il contenimento della spesa, l’aumento dei ricavi o l’aumento del coefficiente d’imposta. Tuttavia, secondo l’articolo 31f, capoverso 3, della Lgf, per aumentare quest’ultimo servirebbero i due terzi del Gran Consiglio. Poco realistico sotto elezioni. E poi non dimentichiamoci che il popolo, accogliendo il ‘Decreto Morisoli’, ha detto che per il pareggio di bilancio le imposte non vanno aumentate».
Pamini conferma quindi la richiesta dei democentristi di un taglio della spesa di 150 milioni. «Se il rapporto di maggioranza della commissione della Gestione dovesse confermare i numeri del Preventivo 2023 del Cantone stilato dal Consiglio di Stato, proporremo in parlamento un emendamento per l’adozione di una manovra di rientro appunto di 150 milioni. In caso di luce verde da parte del plenum, e mi riferisco ovviamente alle forze borghesi, la parola passerebbe al Consiglio di Stato, dato che non è compito del Legislativo indicare le voci di spesa dei singoli Dipartimenti sulle quali intervenire». Per il granconsigliere dell’Udc «non si parlerebbe comunque di una manovra lacrime e sangue, si tratterebbe di un rientro del 3,5% della spesa. Una cosa fattibile, che non andrebbe a incidere sulle persone bisognose o sui servizi essenziali».
Ivo Durisch non ci sta: «Pamini gioca allo scaricabarile. Il suo partito ha dapprima confezionato un decreto (‘Decreto Morisoli’, ndr) che obbliga a tagliare e ora Pamini scarica la responsabilità dei tagli sul Consiglio di Stato, dove peraltro non siede nessun democentrista. I nodi vengono al pettine». Chiosa a sua volta Agustoni. «È evidente che il decreto approvato dal popolo lo scorso 15 maggio costituisce una sfida ambiziosa per la politica cantonale, alla quale è stato chiesto di far quadrare i conti senza aumentare le imposte, senza tagliare i sussidi ai più deboli e senza scaricare oneri sui Comuni».
«Il freno ai disavanzi è stato proposto nel 2012 di fronte a deficit enormi: il Preventivo 2013 parlava di 198 milioni di perdita», ricorda il leghista Michele Guerra. L’obiettivo «era proprio quello di evitare che lo Stato/politica potesse agire in modo incosciente, nascondendo le perdite sotto il tappeto, scaricandone il peso sulle future generazioni». Ciò detto, «il freno ai disavanzi è stato votato dal popolo e inserito nella Costituzione: sospenderlo sarebbe quindi una scorciatoia che rischierebbe di portare – fra pochi anni – a un aumento di tasse e imposte per coprire i buchi lasciati». Per la Lega, afferma Guerra, «si deve mettere mano immediatamente all’attuale situazione finanziaria e al presente Preventivo intervenendo, come oltretutto richiesto a gran voce dal popolo, con un piano di rientro concernente gli eccessi di spesa». Un piano di rientro «che come Lega vogliamo venga inserito nel decreto legislativo del Preventivo così da renderlo vincolante, copiando quanto già fatto con successo nel preventivo 2016 e che ha dato inizio a un positivo percorso di risanamento». Dove si dovrà tagliare, però? «Si tratta di applicare le mille piccole forbici, il principio del buon padre di famiglia: tirare la cinghia in modo generale. Evitare quindi interventi draconiani, smantellamenti e licenziamenti: ma spalmare lo sforzo di un risparmio su tutti i Dipartimenti e su tutto il budget dello Stato».