Dopo le nomine decise dall’assemblea di giudici e pp, il Gran Consiglio designa i membri laici. Ma resta l’anomalia ticinese: toghe sempre in minoranza
Il nuovo Consiglio della magistratura è ora al completo. Nel pomeriggio il parlamento cantonale ha eletto i membri non togati dell’organo che vigila sul funzionamento dell’apparato giudiziario ticinese, con anche poteri disciplinari su giudici e procuratori. Si tratta di Riccardo Crivelli, Beatrice Fasana (membro uscente riconfermata), Simonetta Perucchi Borsa e Silvia Torricelli, entrambe avvocate (Torricelli è stata pure magistrato dei minorenni e giudice d’Appello). Designati anche i supplenti: sono Gianluca Generali, Piergiuseppe Vescovi e Pietro Quanchi. Titolari e supplenti sono stati eletti al primo turno. A Crivelli, Fasana e Torricelli sono andati 61 voti, 62 a Perucchi Borsa. Per quanto concerne i supplenti: 65 voti sono andati a Generali, 61 a Vescovi e 60 a Quanchi.
Le nomine appena decise del Gran Consiglio seguono quelle fatte, il 14 ottobre a Lugano, dall’Assemblea dei magistrati a tempo pieno. Che ha eletto il giudice del Tribunale d’appello Damiano Stefani presidente del Consiglio della magistratura – già pretore del Distretto di Leventina e pretore penale, subentra a Werner Walser, anch’egli giudice d’Appello – e gli altri due membri togati titolari del Cdm. Ovvero Claudia Canonica Minesso, pretore di Lugano, designata anche vicepresidente dell’organo di vigilanza, e Andrea Maria Balerna, procuratore generale sostituto. L’Assemblea ha nominato pure i togati supplenti del Cdm: Angelo Olgiati e Sonia Giamboni, giudici d’Appello, operativi rispettivamente alla Corte di appello e revisione penale e alla Prima Camera civile.
Il Consiglio della magistratura è dunque pronto a entrare in attività. Questo dal prossimo 1° gennaio. I mandati, che possono essere rinnovati, scadranno a fine dicembre 2028. Il Cdm, che si compone di sette membri e cinque supplenti, è ora al completo, ma resta un’anomalia, tutta ticinese, per un organo di autogoverno della magistratura. I componenti togati continuano infatti a essere numericamente in minoranza. Lo sono da venticinque anni, dei ventotto di esistenza del Consiglio.
In base alla vigente Log, la Legge cantonale sull’organizzazione giudiziaria, l’Assemblea dei magistrati elegge, del Cdm, tre membri e due supplenti. I quali "devono essere scelti tra i magistrati in carica che svolgono la loro attività a tempo pieno". I restanti quattro membri e tre supplenti, vale a dire i laici, sono designati dal Gran Consiglio, cioè dai partiti. E sono eletti "fra gli altri magistrati, ex magistrati o altri cittadini attivi". Non più di due membri e di un supplente, prosegue la legge, "possono essere scelti fra avvocati iscritti all’Ordine degli avvocati del Cantone Ticino".
Il ribaltone nella composizione del Cdm venne deciso dal parlamento nell’ottobre del 1997, a poco più di tre anni e mezzo dall’entrata in funzione in Ticino (marzo 1994) del Consiglio della magistratura. Consiglio la cui istituzione era stata proposta nel maggio 1989 dall’allora granconsigliere del Ppd Fulvio Pezzati con un’iniziativa parlamentare. Alcuni anni più tardi fu un emendamento della deputata Consuelo Allidi, anche lei popolare democratica, ad assegnare ai laici, con appunto l’ok del plenum nell’ottobre 1997, la maggioranza dei componenti il Cdm. Non passò invece il ribaltone bis: nel dicembre del 1998 il parlamento respinse una proposta della Lega, rinunciando così a eleggere anche presidente e vice dell’organo disciplinare e di sorveglianza sui magistrati.
Tornando al ribaltone del 1997, allora come oggi suscita più di una perplessità: il rischio/il timore di potenziali interferenze dei partiti attraverso i laici sulla missione del Consiglio della magistratura non sono privi di fondamento. L’argomento è stato affrontato per esempio dal gruppo di lavoro istituito nel 2015 dal Consiglio di Stato, nell’ambito della riforma ‘Giustizia 2018’, con il compito di mettere a punto un progetto di revisione totale della Legge sugli onorari dei magistrati. Gruppo di lavoro che "esprime la propria preoccupazione e attira l’attenzione sulla necessità di garantire un’effettiva indipendenza della magistratura. Auspica pertanto il ritorno a una composizione del Consiglio della magistratura con una maggioranza di magistrati, eletti direttamente dall’assemblea dei giudici", scriveva fra l’altro il team di magistrati e giuristi coordinato dal giudice d’Appello Andrea Pedroli.
È poi opportuno richiamare quanto annotò, sempre nel 2015 e sempre nel quadro di ‘Giustizia 2018’, un altro gruppo di lavoro, quello incaricato dal governo di proporre delle misure per la riorganizzazione del Ministero pubblico. "Dal profilo della composizione (del Consiglio della magistratura, ndr), ci si chiede se la presenza di membri laici (magari titolari di cariche politiche o partitiche contemporanee) rispettivamente di avvocati attivi professionalmente sia compatibile con l’apparenza di indipendenza del Consiglio", osservava nel proprio rapporto il gruppo presieduto da John Noseda, all’epoca procuratore generale. Interventi autorevoli. Che finora non hanno portato a cambiamenti. La maggioranza nel Cdm è ancora costituita, come da Costituzione e legge cantonali, dai membri non togati.
Domanda: la commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’ è a conoscenza del tema, e meglio dell’anomalia, o come si suol dire è affaccendata in altre faccende?