L’assemblea del personale prende posizione: ‘Serve una soluzione politica per garantire le coperture. Una riduzione del 40% in dieci anni mai successa’
"Una riduzione del 40% in dieci anni non è mai successa. In nessun Paese". Non usa mezzi termini la Rete per la Difesa delle Pensioni (ErreDiPi) per opporsi "all’intenzione, prospettata dalla direzione dell’Istituto di previdenza del Canton Ticino, di ridurre il tasso di conversione a partire dal primo gennaio 2024". Contro questa decisione l’assemblea del personale ha indetto una prima giornata di mobilitazione mercoledì 28 settembre. "Le nostre condizioni salariali e previdenziali sono peggiorate nettamente e bruscamente negli ultimi due decenni, in particolare per le assicurate e gli assicurati nati a partire dal 1963. Questo degrado è stato determinato da una serie di misure che, a partire dalla fine degli anni 90, ha penalizzato il pubblico impiego", si legge nel comunicato.
A essere indicato come uno dei provvedimenti più pesanti che hanno colpito il sistema pensionistico è stato "il passaggio, nel 2013, dal primato delle prestazioni al primato dei contributi, con una conseguente riduzione delle rendite pensionistiche stimata attorno al 20%". Anche per questo motivo, sostiene l’ErreDiPi, "la riduzione del tasso di conversione, decisa recentemente dal Consiglio di amministrazione dell’Istituto di previdenza del Canton Ticino (Ipct) per porre rimedio all’insufficiente grado di copertura della cassa, sancirebbe un’ulteriore contrazione delle rendite di cassa pensione stimabile attorno al 20-22% proprio per coloro che sono già stati pesantemente penalizzati nel 2013". La contrazione totale, indica l’ErreDiPi nel comunicato, sarebbe quindi del 40% in meno di 10 anni. "Riteniamo che qualsiasi riduzione del tasso di conversione, in un contesto in cui per tutta una generazione è già previsto un grave degrado delle condizioni pensionistiche, sia inaccettabile".
Per questo motivo l’assemblea del personale ha deciso "di respingere qualsiasi proposta di riduzione del tasso di conversione e di chiedere ai propri datori di lavoro, tramite il Consiglio di Stato, di trovare una soluzione politica per garantire la copertura e la stabilità dell’Ipct senza peggiorare ulteriormente le condizioni previdenziali degli assicurati e dei futuri pensionati". L’invito dell’ErreDiPi ai rappresentanti degli assicurati in seno all’Ipct è di "opporsi alla proposta concreta di diminuzione del tasso di conversione senza avere garanzie formali che le scelte non comportino (grazie a misure adeguate) diminuzioni delle rendite e dei salari".
Il richiamo che la rete fa è al rapporto tra datore di lavoro e dipendenti: "Il rispetto per il lavoro già prestato e il suo corretto riconoscimento sono la base fondamentale per una sana collaborazione tra un datore di lavoro e i suoi dipendenti. Le condizioni pattuite al momento della firma di un contratto di lavoro includono infatti un trattamento pensionistico che è inscindibile da quello salariale: una rescissione unilaterale da parte del datore di lavoro degli impegni presi vìola la dignità delle salariate e dei salariati e intacca le basi di uno Stato di diritto, a maggior ragione quando il datore di lavoro è lo Stato stesso".