Tutele e curatele, il Gran Consiglio aderisce al rapporto parziale della commissione: sì al voto (preliminare) dei cittadini sulla modifica costituzionale
«Una riforma necessaria per accrescere la tutela delle fasce più fragili della popolazione, che permette allo Stato di dare una risposta adeguata e al passo con i tempi». Le parole pronunciate in Gran Consiglio in apertura di dibattito dal deputato popolare democratico Luca Pagani, uno dei sei correlatori sull’importante e delicato dossier, riassumono l’obiettivo del passaggio in Ticino dal modello amministrativo a quello giudiziario nel settore delle tutele e delle curatele. Dalle attuali sedici Autorità regionali di protezione (Arp), che fanno capo ai Comuni, alle Preture di protezione. Quattro Preture ad hoc distribuite sul territorio, con conseguente ‘cantonalizzazione’ del sistema. Convince la riforma proposta dal Dipartimento istituzioni e tradotta in un corposo messaggio che il governo ha posto dapprima in consultazione e poi varato lo scorso dicembre all’indirizzo del parlamento, e meglio della commissione ‘Giustizia e diritti’. Commissione che accogliendo il suggerimento del socialista Nicola Corti ha ritenuto opportuno interpellare preliminarmente il popolo su quello che oggi in aula la leghista Sabrina Aldi ha definito «il principio della riforma», ovvero l’adozione del modello giudiziario. L’orientamento della ‘Giustizia e diritti’ è stato confermato poco fa dal plenum del Gran Consiglio praticamente all’unanimità dei presenti: 68 i favorevoli, nessun contrario, un astenuto.
I cittadini e le cittadini ticinesi saranno quindi chiamati a pronunciarsi su una modifica della Costituzione cantonale. Modifica volta ad ancorare alla Carta una nuova figura di magistrato – il Pretore di protezione – e l’autorità di nomina delle principali figure che comporranno le previste autorità giudiziarie. Le Preture di protezione, appunto. Secondo la riforma tratteggiata dal Consiglio di Stato, i Pretori di protezione, i Pretori di protezione aggiunti e i membri specialisti, che affiancheranno i magistrati nel decidere le misure di protezione (Codice civile) da implementare, verranno designati dal Gran Consiglio, che già ora elegge tutti gli altri giudici e i procuratori pubblici. La parola comunque al popolo, che dovrebbe essere chiamato alle urne a settembre o a novembre. Nella speranza, si sono augurati Aldi e altri deputati intervenuti nella discussione, che approvi la revisione costituzionale. «Avremmo così dai cittadini – ha evidenziato la parlamentare della Lega – un mandato chiaro e vincolante». Acquisito il modello giudiziario, si potrà allora continuare l’esame parlamentare della riforma, affrontando una serie di aspetti procedurali e organizzativi. Portandola in porto in tempi brevi dopo l’eventuale ok (preliminare) della popolazione alla modifica della Costituzione.
Il Gran Consiglio ha dunque sottoscritto il rapporto parziale sul messaggio governativo del dicembre 2021, rapporto uscito dalla sottocommissione che in seno alla ‘Giustizia e diritti’ si sta occupando della riforma e che è composta, oltre che dai coordinatori Aldi e Pagani, da Giorgio Galusero (Plr), da Roberta Soldati (Udc), da Marco Noi (Verdi) e dal citato Corti. «Si vuole eliminare le differenze che ci sono ora tra un Comune e l’altro, portando uniformità di trattamento sul territorio: la riforma comporterebbe un onere netto per il Cantone stimato in 19,6 milioni di franchi», ha ricordato Pagani. Un cambiamento reso ancora più urgente, ha avvertito Aldi, «dalle crisi, sanitaria ed economica, che ci stanno colpendo». Per Giorgio Galusero (Plr) quella intrapresa «è una strada coraggiosa, anche se i rischi di un no dei cittadini al principio della riforma sono davvero minimi visto fra l’altro che in occasione della consultazione il novantacinque per cento dei Comuni si è detto favorevole». Il beneficio per la popolazione, ha sostenuto Maddalena Ermotti-Lepori (Ppd), «sarebbe notevole visto che in questo momento le Arp non sono nelle condizioni di operare al meglio. Negli ultimi anni non si è investito con decisione in attesa di questa riorganizzazione». Il direttore del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi ha sottolineato come si sia di fronte a «un cambiamento epocale» per il Ticino. Un passo necessario, ha rilevato Pagani, «in un ambito delicato che tocca i diritti fondamentali delle persone».