Dopo la decisione della Bns di aumentare i tassi d’interesse, parlano gli operatori economici. Montorfani: ‘gli investimenti immobiliari meno attrattivi’.
«Si dovrà prestare attenzione al costo del denaro». Ovvio, eppure «avevamo un po’ perso questa abitudine, facendo investimenti immobiliari anche in ambito familiare senza guardare troppo al fatto che ci fosse un costo del finanziamento. Ora non possiamo più ignorarlo», avverte Alberto Montorfani, segretario per il Ticino dell’Associazione fiduciari immobiliari (Svit), all’indomani dell’aumento di mezzo punto dei tassi d’interesse deciso dalla Banca nazionale svizzera (Bns). «Se i tassi aumentano dal negativo al positivo, gli investimenti immobiliari – spiega – perdono di attrattività, specialmente per i grossi investitori che erano entrati nel mercato negli scorsi anni inseguendo investimenti poco rischiosi». Un fenomeno che ha colpito in particolar modo il nostro cantone, dove il numero di appartamenti sfitti è arrivato fino a 7mila unità, creando un aumento della concorrenza sugli affitti, ma non una loro diminuzione. «Con i tassi che tornano alla normalità questa pressione artificiale esercitata dai grandi operatori, come ad esempio le casse pensioni, diminuirà. È stato un vero e proprio doping, una forzatura inutile che rispondeva non a una carenza d’immobili, ma a una mancanza di alternative d’investimento». A essere preoccupati sono però i piccoli investitori o i giovani intenzionati a costruire casa. «Anche loro dovranno abituarsi a fare bene i calcoli prima d’investire nel mercato immobiliare. Perché altrimenti si farà in fretta a trovarsi con un carico ipotecario troppo pesante». In ogni caso, rassicura il segretario di Svit Ticino, gli effetti non si vedranno a breve termine: «Negli ultimi anni sono state sottoscritte molte ipoteche a tasso fisso, della durata anche di diversi anni. L’impatto dei nuovi tassi non sarà immediato perché prima devono scadere i vecchi contratti».
Resta il fatto che in futuro imprese e cittadini potrebbero essere meno invogliati a investire nell’immobiliare, con ricadute negative per il settore dell’edilizia. «In questo momento gli impresari costruttori sono preoccupati più che altro dall’aumento delle materie prime, che ha un impatto immediato e più forte dei tassi d’interesse. Si rischia di dover pagare tanto e subito, anche perché in questo settore si lavora importando dall’estero». L’aumento dei costi potrebbe però ricadere sui committenti, con fatture più care rispetto ai preventivi. «Bisognerà essere attenti. Non sempre negli ultimi anni chi commissionava un lavoro verificava che il contratto con l’artigiano garantisse il mantenimento del prezzo. Adesso sarà importante». Altro tema quello delle pigioni, con gli inquilini preoccupati da un loro possibile aumento. «Il tasso ipotecario di riferimento per i contratti di locazione è unico per tutta la Svizzera e viene calcolato a livello nazionale. È la media ponderata delle ipoteche erogate in Svizzera che per l’80% sono al momento a tasso fisso, quindi basso», dice Montorfani: «Il tasso di riferimento si muoverà quindi molto lentamente e non potrà salire perché le vecchie ipoteche tengono ancorata la media. Se dovesse aumentare in futuro sarà un processo lento e graduale».
Dall’immobiliare alla costruzione il passo è appunto breve. «Anche se oggi è prematuro fare delle previsioni, è chiaro che un rialzo dei tassi ipotecari, ciò che peraltro sta avvenendo con le nuove ipoteche a lunga scadenza, avrà in qualche modo delle ripercussioni sul nostro settore – rileva il presidente della sezione ticinese della Società svizzera impresari costruttori Mauro Galli –. Attualmente però la nostra principale preoccupazione – continua Galli confermando quanto dichiarato da Montorfani – è ancora legata all’aumento dei prezzi delle materie prime, e di riflesso dei materiali, e alle difficoltà di approvvigionamento in alcuni casi». Per il direttore della Ssic Ti Nicola Bagnovini, la situazione vissuta «negli ultimi dieci, quindici anni con il costo del denaro quasi a zero non era comunque né sostenibile nel medio, lungo termine, né sana per l’economia in generale. C’è ora da sperare che le banche al momento della concessione del credito abbiano fatto davvero dei calcoli prudenziali attorno a un interesse del 5 per cento per verificare se il debitore era in grado di onorare il prestito sul lungo termine in caso di rialzo dei tassi ipotecari».
Capitolo aziende. Luca Albertoni sottoscrive la posizione delle associazioni economiche nazionali. «In sostanza, la decisione della Banca nazionale svizzera - osserva il direttore della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino – è condivisibile e il rafforzamento del franco, se resta limitato, è considerato accettabile. Difficoltà possono esserci per le aziende impegnate in progetti a lungo termine, ma soprattutto per le aziende che in quanto fornitrici non possono ribaltare il costo sui clienti, come è il caso per molti terzisti ticinesi, ovvero per i produttori di componenti per prodotti finiti. L’erosione dei margini in questo contesto può giocare un ruolo importante, perché non resta molta flessibilità per adattarsi. Qui vi è senza dubbio una difficoltà, ma d’altra parte va salvaguardato il sistema e quindi probabilmente la decisione era inevitabile. Tuttavia i margini di autofinanziamento delle aziende dovrebbero essere sufficienti per superare questo adattamento, anche perché ad esempio l’indebitamento a seguito dei prestiti Covid sembra abbastanza contenuto». Aggiunge Albertoni: «Garantire la stabilità dei prezzi, che è la missione della Bns, è importante per la piazza economica svizzera. Fondamentale è comunque che la Banca nazionale svizzera continui a operare evitando ulteriori eccessivi apprezzamenti del franco».
Il possibile rafforzamento del franco svizzero, quale effetto della decisione della Banca nazionale, «non sarebbe positivo per un settore come il nostro che esporta quasi tutta la sua produzione», premette Stefano Modenini. «Va pur detto – prosegue il direttore dell’Aiti, l’Associazione industrie ticinesi – che stando alle previsioni la situazione dovrebbe essere ancora sostenibile. Attenzione però perché il rafforzamento del dollaro, con il quale compriamo il petrolio e le materie prime, rispetto al franco svizzero spinge ad un aumento dei prezzi per i consumatori e dunque potrebbe in parte penalizzare l’aumento dei tassi deciso dalla Bns. Così come va ricordato che per l’economia è altrettanto importante, se non più importante, che l’inflazione non aumenti. Se la Bns si è mossa addirittura con anticipo rispetto alla Banca centrale europea è segno che teme un’escalation». Del resto, «non bisogna dimenticare che il compito principale della Bns è proprio quello di lottare contro l’inflazione, con un aumento, ma non eccessivo per non innescare una recessione, dei tassi di interesse. Questo per garantire una stabilità dei prezzi e scongiurare quindi il calo del potere d’acquisto. Ora però è indispensabile che la Bns continui a operare sul mercato monetario per ridurre la pressione sul franco svizzero ed evitare che si rafforzi troppo».
«Un aumento dei tassi d’interesse significherà a breve una riduzione della domanda del credito e quindi meno investimenti», indica Franco Citterio, direttore dell’Associazione bancaria ticinese (Abt). «La Bns ha dovuto soppesare bene gli interessi in gioco, valutando gli effetti di una modifica dei tassi sul cambio e sul rincaro».
Per Citterio quella che stiamo vivendo è il cambiamento della politica monetaria, «che ora sarà restrittiva. È un’inversione di rotta molto significativa». Nonostante questo «non si prevede un aumento consistente dei tassi d’interesse a medio termine, quindi anche gli effetti sul mercato immobiliare saranno limitati».