Positivo il bilancio sull’anno scolastico tracciato dal Decs, che sottolinea: ‘Non chiudere gli istituti a gennaio è stata la scelta giusta’.
Prima è stata la pandemia, che per il terzo anno consecutivo ha bussato alle porte delle aule scolastiche. Poi è arrivata la guerra in Ucraina, con la necessità di collocare centinaia di allievi nel giro di pochi giorni all’interno del sistema scolastico. «Possiamo dire che la scuola è andata oltre le crisi, ritrovando il suo ruolo quale punto di riferimento per tutta la società», ha affermato il direttore del Dipartimento educazione cultura e sport (Decs) Manuele Bertoli, tracciando il bilancio dell’anno scolastico che si concluderà domani. Un anno segnato dalla necessità di sapersi adattare in tempi rapidi a nuove circostanze e che, hanno affermato con un pizzico di orgoglio i vertici del Decs, «si è svolto completamente in presenza. La scelta di non chiudere le scuole durante i primi mesi del 2022 alla fine si è rivelata azzeccata».
Il passaggio più difficile per quando riguarda la pandemia lo si è avuto durante i mesi invernali, quando ha preso piede in maniera prorompente la variante Omicron. «A inizio gennaio i tassi di assenza erano del 7-8% per via delle quarantene e degli isolamenti. Una situazione che ci ha spinto per un breve periodo anche a introdurre la mascherina obbligatoria per gli allievi delle scuole elementari», ha spiegato Bertoli. «Il resto dell’anno invece le assenze sono state in linea con i periodi normali, intorno al 3-5%. Speriamo che anche in futuro, nel caso di nuove ondate pandemiche, riusciremo a mantenere la scuola sempre in presenza».
Il secondo "picco" di stress per il Dipartimento è invece arrivato nel mese di marzo, quando la guerra in Ucraina ha spinto migliaia di famiglie a chiedere rifugio in Svizzera. «Finita una crisi ne è iniziata subito un’altra. Il nostro lavoro si è concentrato sul garantire una regolare integrazione scolastica, con prospettive a medio-lungo termine», ha detto Bertoli. Sono oltre 640 i ragazzi che hanno trovato posto tra i banchi delle aule ticinesi, e un’altra parte andrà invece introdotta con l’inizio dell’anno scolastico 2022-23. Alcune cifre: circa 110 frequentano la scuola dell’infanzia, 260 quella elementare, 170 la scuola media e 100 il post obbligatorio. «L’impegno continuerà anche durante l’estate – prosegue il direttore del Decs –. Con corsi intensivi d’italiano. Oltre 200 docenti si sono messi a disposizione e le iscrizioni superano le 400 unità». La conoscenza della lingua, hanno ribadito più volte le autorità nel corso degli ultimi mesi, è ritenuto un obiettivo da raggiungere il più presto possibile.
Novità dell’anno scolastico appena concluso è anche l’obbligo formativo per legge, che riguarda tutti i giovani residenti in Ticino. Non è l’equivalente dell’obbligo scolastico. Ma richiede a ogni giovane di avere un progetto formativo concreto davanti a sé. «La prima sfida è stata il monitoraggio. Capire cosa stanno facendo i giovani tra i 15 e i 18 anni», ha spiegato il coordinatore del Decs e direttore della divisione scuola Emanuele Berger. Sono un centinaio i casi davvero problematici «per i quali va costruita un’alternativa specifica». Un altro servizio lanciato lo scorso settembre è la consulenza in ambito scolastico per situazioni di possibili maltrattamenti o abusi sessuali su minori. «Si tratta di personale specializzato che affianca i docenti in caso di necessità per aiutare le vittime o potenziali vittime». Continua anche la progressione nella creazione di classi inclusive. «Attualmente ne abbiamo 36, e puntiamo ad arrivare fino a 50. Si tratta di un insegnamento condiviso che è sempre più richiesto, segno anche che la cultura sta cambiando». E per favorire il passaggio verso l’istruzione del futuro si punta sulla digitalizzazione degli istituti: «15 sedi verranno digitalizzate durante l’estate con lavagne interattive e wi-fi. 12 istituti hanno già subito questo intervento». I tutto prima della ripresa delle lezioni, che avverrà il 29 agosto.
Può sorridere anche Paolo Colombo, direttore della Divisione della formazione professionale. I primi risultati del 2022 della campagna di collocamento registrano infatti 566 contratti sottoscritti, con un aumento del 21% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il dato è superiore anche a quello degli anni precedenti alla pandemia, «c’è soddisfazione, ma non bisogna abbassare la guardia. Siamo solo a un terzo della strada». I dati presentati mostrano infatti come ci siano ancora 889 posti ancora liberi. Il lavoro da fare, quindi, non manca.