Riforma autorità di protezione, la commissione parlamentare propone che i cittadini votino preliminarmente sulla modifica della Costituzione
La parola dapprima al popolo sulla prospettata ‘cantonalizzazione’ del settore tutele e curatele. Ovvero: siano preliminarmente i cittadini e le cittadine a pronunciarsi, votando, sulle modifiche costituzionali proposte dal Consiglio di Stato per ancorare alla Carta ticinese il passaggio al modello giudiziario, con l’introduzione di Preture specifiche, le Preture di protezione. A suggerire il nuovo iter è la commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’ - che prossimamente lo formalizzerà con un rapporto all’indirizzo del plenum del Gran Consiglio - sotto la lente della quale vi è la riforma confezionata dal Dipartimento istituzioni e tradotta nero su bianco nel messaggio varato lo scorso dicembre dal Consiglio di Stato. Riforma che prevede l’abbandono del vigente sistema amministrativo, incentrato sulle Autorità regionali di protezione, le Arp, che fanno capo ai Comuni, e l’adozione di quello appunto giudiziario.
La decisione di procedere in maniera differente da quanto indicato inizialmente dal governo, cioè il voto popolare dopo quello del Gran Consiglio sul progetto di riforma, è stata presa oggi dalla ‘Giustizia e diritti’, che ha così aderito alla proposta di uno dei suoi membri, il socialista Nicola Corti. «Ora - spiega alla ‘Regione’ la presidente della commissione, la leghista Sabrina Aldi - stileremo un rapporto parziale, limitato a quella parte del messaggio del Consiglio di Stato riguardante le modifiche costituzionali e a favore di quest’ultime. L’intenzione è di sottoporre il rapporto all’approvazione del Gran Consiglio nella seduta di giugno, affinché i cittadini e le cittadine possano esprimersi il prossimo mese di settembre. La mia speranza è che il popolo dica sì al modello giudiziario: un sì di principio, inserendo il citato modello nella Costituzione cantonale». Ciò, evidenzia ancora la coordinatrice della commissione parlamentare, «vincolerebbe il parlamento, nel senso che una volta fissato il principio del modello giudiziario nella Carta, la politica non potrà rimetterlo in discussione. Dovrà dunque attenersi alla volontà popolare, attuando la nuova organizzazione incentrata su autorità giudiziarie, le Preture di protezione».
Il messaggio governativo propone sostanzialmente di ancorare alla Costituzione una nuova figura di magistrato – il Pretore di protezione – e l’autorità che lo eleggerà. I Pretori di protezione, i Pretori di protezione aggiunti e i membri specialisti (nei campi della psicologia, della pedagogia e del lavoro sociale) che affiancheranno i magistrati nel decidere le misure di protezione da implementare saranno designati, secondo la riforma che l’Esecutivo ha tratteggiato, dal Gran Consiglio, che già oggi nomina gli altri giudici e i procuratori.
Il ricorso anzitutto alle urne era stato sollecitato come detto da Nicola Corti. E questo, annota da noi interpellato il deputato del Ps e commissario della ‘Giustizia e diritti’,«per ovviare al fatto che manca ancora un messaggio governativo sulle regole di funzionamento delle Preture di protezione, su determinati aspetti procedurali. Pertanto, dal mio punto di vista, o si porta tutto il pacchetto in Gran Consiglio o meglio allora chiedere preliminarmente al popolo una legittimazione ad andare avanti nell’esame parlamentare della riforma, lavorando anche sulle regole».
Per Aldi la nuova organizzazione del settore tutele e curatele in Ticino, e quindi il passaggio al modello giudiziario, «è urgente». Una riforma che, come ha avuto modo di ricordare pubblicamente la direttrice della Divisione giustizia (Dipartimento istituzioni) Frida Andreotti, "concerne una materia estremamente delicata: curatele, tutele, ricovero a scopo di assistenza, collocamenti, privazione dell’autorità parentale, regolamentazione dei diritti di visita sono misure di protezione che toccano i diritti e le libertà fondamentali della persona". Una riforma, riprende Aldi, «di cui il Paese ha bisogno, a maggior ragione in un momento nel quale alcune persone sono diventate ancor più fragili per i contraccolpi della pandemia». Per questo «confidando nel senso di responsabilità di tutti noi deputati, auspico che dopo l’approvazione, come spero, del rapporto parziale, il parlamento continui comunque, senza attendere l’esito della votazione popolare, a vagliare il resto delle proposte del messaggio pubblicato dal Consiglio di Stato lo scorso dicembre e a esaminare il messaggio governativo sulle norme procedurali, che contiamo di ricevere entro l’autunno. Tutto ciò per applicare al più presto la riforma, ovviamente in caso di luce verde dei cittadini al modello giudiziario».
Dal canto suo il capo del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi si augura che il rapporto parziale favorevole alle modifiche costituzionali «venga sostenuto da un’ampia maggioranza del Gran Consiglio». Rapporto in cui, prosegue il consigliere di Stato, «si possano anche dare risposte agli scettici, in modo da fugare ogni dubbio sulla validità della riforma». Fugare ogni dubbio in vista della consultazione popolare.