Aiti e Camera di commercio favorevoli ad alleggerimenti fiscali, anche temporanei, sul costo dell’energia
La situazione d’incertezza generata dalla guerra in Ucraina non sembra, per ora, aver compromesso la ripresa economica svizzera. Gli economisti dell’istituto Bak Economics hanno però corretto al ribasso le previsioni congiunturali. Per l’anno in corso, infatti, si aspettano una crescita del prodotto interno lordo (Pil) del 2,6%, invece che del 3,1%. Moderate le prospettive d’inflazione viste comunque al rialzo: +2,1% per il 2022. Questo non rassicura le associazioni economiche che temono soprattutto per il forte rincaro delle materie prime, dei derivati del petrolio e in generale dei prezzi energetici, oltre al rafforzamento del franco svizzero nei confronti dell’euro. «Per l’industria di esportazione – e lo sosteniamo da tempo – un tasso di cambio inferiore a 1,10 franchi per un euro aumenta il rischio di delocalizzazione di parte della produzione», afferma Stefano Modenini, direttore dell’Associazione delle industrie ticinesi (Aiti). Da alcuni giorni la coppia euro-franco è vicinissima alla parità (1,02 franchi). «A questi livelli il rischio è ancora più alto», aggiunge Modenini che precisa: «Al momento non abbiamo segnali che ci siano aziende pronte ad andarsene dal Ticino, ma le autorità cantonali non devono dare per scontato che questo non avverrà mai. Mi riferisco a gruppi internazionali con siti produttivi non solo in Ticino e centri direzionali fuori dalla Svizzera. Per loro è certamente più facile prendere decisioni del genere se i margini si riducono. L’impatto sull’occupazione potrebbe essere importante». «Ma siamo ancora nel campo delle ipotesi, visto che la situazione d’incertezza è simile in tutto il mondo occidentale».
A pesare sui costi aziendali ci sono certamente i massicci aumenti di prezzo delle fonti di energia. «Certo, la preoccupazione è chiaramente legata ai costi dell’energia. In seno all’Aiti stiamo costituendo un gruppo di lavoro con dei tecnici del settore che dovrebbe essere attivato nei prossimi giorni. L’obiettivo è quello di cercare d’individuare delle misure che possano essere indirizzate alla Confederazione, perché il margine di manovra a livello cantonale è praticamente nullo», continua Modenini. La richiesta di sospendere o di abbassare le tasse sui prodotti energetici, per esempio, potrebbe essere una soluzione a breve termine. Alcuni atti parlamentari federali e cantonali vanno in questa direzione, per esempio. «Generalmente le aziende industriali agiscono sul libero mercato e fissano in anticipo il prezzo dell’elettricità o del gas con contratti almeno annuali. Il problema si pone di più per le aziende che hanno contratti in scadenza in queste settimane o che devono rinnovarli nei prossimi mesi», afferma il direttore dell’Aiti.
Su questo aspetto concorda anche il direttore della Camera di commercio ticinese Luca Albertoni. «Allentare il peso fiscale sui prodotti energetici potrebbe essere una misura che il Consiglio federale potrebbe prendere. Non credo però che sia una soluzione praticabile a lungo termine e potrebbe anche generare delle disparità di trattamento tra i vari settori economici. Il fatto che la Svizzera abbia un mix energetico che non dipende da una sola fonte ha un ruolo positivo e forse alla luce di questi eventi si potrebbero anche riconsiderare alcune scelte di politica energetica», commenta Albertoni che precisa: «Non è una soluzione nemmeno sussidiare l’acquisto di gas ed elettricità come sta avvenendo nell’Unione europea, anche perché è difficile stimare oggi quanto questa brutta situazione durerà. E non mi riferisco solo alle ricadute economiche, ma anche a quelle umane e sociali che la guerra sta causando».
Nella misura però in cui l’evento bellico, al pari della pandemia, è qualcosa di inaspettato, la Confederazione potrebbe, per esempio, rimettere in piedi il piano di aiuti all’economia iniziando con il ripristinare la possibilità di ricorrere alle indennità per il lavoro ridotto in modo facilitato. «Questo è uno strumento che si è rivelato molto efficace durante i due anni di pandemia e, se necessario, credo che possa essere riproposto. Al momento non abbiamo però indizi di un rallentamento dell’attività economica generale e i mercati esteri principali per le nostre imprese non sono quello russo e ucraino», aggiunge Albertoni. Per quanto riguarda il rafforzamento del franco svizzero, il direttore della Camera di commercio è fiducioso in «un’accorta politica monetaria». «La Banca nazionale svizzera secondo me sta seguendo l’evoluzione e interviene in modo puntuale», precisa il direttore della Camera di commercio.