Il Movimento per il socialismo presenta 14 emendamenti al Preventivo 2022. Sergi: ‘La nostra visione opposta a quella neoliberale di tutto il parlamento’
«Propagandistici ma coerenti, concreti e tutto fuorché irrealistici», afferma il deputato Matteo Pronzini. «Karl Marx diceva che la quantità si trasforma nella qualità», rincara il coordinatore Giuseppe Sergi (anche se l’origine del concetto è da cercare in Georg W. F. Hegel, ndr). Tant’è. Quella del Movimento per il socialismo è un’autentica offensiva nei confronti del Preventivo 2022 che sarà sottoposto all’esame del Gran Consiglio la prossima settimana. Un’offensiva, presentata stamattina a Bellinzona alla stampa, che consta di 14 emendamenti perché, annota Sergi, «né il rapporto di maggioranza, né quello di minoranza contestano il dogma del pareggio di bilancio figlio dell’ortodossia neoliberale imperante, e che il parlamento condivide. Nel rapporto del Ps si legge ancora una simmetria dei sacrifici, che non rimette in discussione l’obiettivo del riequilibrio dei conti e si muove sostanzialmente nella prospettiva fissata dalla legge sul freno all’indebitamento». Le nostre sono proposte, spiega ancora il coordinatore dell’Mps, «mirate alla volontà di ribadire le nostre priorità e segnalare ancora una volta la crisi sociale profonda che attraversa la società. E, di conseguenza, la necessità di opporvi un minimo di resistenza».
Una resistenza illustrata punto per punto, emendamento per emendamento, da Pronzini. «Innanzitutto chiediamo un versamento di un’indennità Covid di 6mila franchi, per un’occupazione al 100%, a tutto il personale socio-sanitario. Perché gli applausi di sicuro non bastano, ma nemmeno le briciole», rileva il deputato dell’Mps. Le altre proposte? «Vogliamo la copertura dei costi per eventuali deficit a seguito dell’apertura 24 ore su 24 in ogni ospedale Eoc dei servizi di Pronto soccorso, compreso l’Ospedale italiano». Ma non solo, perché l’elenco dell’Mps è lungo, e va dal potenziamento del personale occupato presso l’Ispettorato del lavoro all’introduzione di indennità cantonali di disoccupazione per coloro che hanno esaurito o che non hanno diritto alle indennità disoccupazione Ladi, dalla compensazione al rincaro dei salari del personale cantonale dell’1,5% all’aumento del personale responsabile di applicazione e sorveglianza sulla parità di genere». Inoltre, «vogliamo istituire un controllo cantonale in materia sanitaria e un credito per delle modifiche strutturali nelle case per anziani così da permettere ai residenti, anche in situazioni pandemiche come quella che stiamo vivendo, una vita sociale» annota Pronzini.
Finito? Macché. Perché il Movimento per il socialismo si concentra anche sulle questioni fiscali, «ragionando ovviamente all’opposto del resto del parlamento» annota sornione Sergi. E quindi avanti tutta per «l’abolizione dell’imposta forfettaria, per l’aumento del 20% dell’imposta sui redditi imponibili superiori ai 200mila franchi e al milione di franchi di sostanza e per l’aumento al 15% dell’imposta sull’utile delle imprese». Infine, l’Mps chiede un’ulteriore riduzione del numero massimo di allievi per classe nelle scuole d’infanzia ed elementari, di triplicare il numero di posti d’apprendistato nelle scuole professionali a tempo pieno e di triplicare il numero di posti d’apprendistato offerti dall’Amministrazione cantonale.
«Ma quale ortodossia neoliberale...». Rispedisce così le accuse al mittente il capogruppo del Partito socialista Ivo Durisch, relatore del rapporto di minoranza sul Preventivo, rapporto contestato dall’Mps come quello di maggioranza. «Noi proponiamo l’adeguamento del coefficiente cantonale al 100% come era fino a poco tempo fa, e parallelamente con varie iniziative parlamentari formuliamo le nostre proposte. Lavorando su entrate e uscite esattamente come l’Mps con questi emendamenti, ma seguendo un iter prettamente parlamentare con le proposte legate al nostro Piano di rilancio per il Ticino», sottolinea Durisch. Che, rimanendo al Preventivo, ricorda come «nel rapporto indichiamo tutto ciò che non deve più essere fatto, cioè gli sgravi fiscali, e confermiamo il nostro no al ‘decreto Morisoli’ che chiede di pareggiare i conti agendo sulle spese».