Il Dfe traccia un bilancio al 31 ottobre: quasi 70 milioni sono andati alla ristorazione, 23 ai commerci. Ogni pratica è stata evasa in media in un mese.
Ammontano a oltre 150 milioni di franchi gli aiuti decisi dal Cantone nell’ambito del programma dei casi di rigore, come annunciato dal direttore del Dipartimento finanze ed economia Christian Vitta lunedì in Gran Consiglio. Il dato è aggiornato al 31 ottobre, e questi 153,8 milioni sono stati distribuiti - si legge nell’ultimo calcolo stilato dal Dfe di cui ‘laRegione’ ha potuto prendere visione - a 1’774 imprese che hanno inoltrato al Consiglio di Stato un totale di 2’673 richieste di aiuto. Di queste, solo 63 hanno portato a una decisione negativa: il 2,3% del totale. Il tempo medio di evasione è stato di 4-5 settimane - di qui la «tempestività» citata da Vitta in parlamento - grazie al lavoro di un gruppo ‘ad hoc’ interno alla Divisione dell’economia del Dfe e al sostegno di 20 ausiliari impiegati e assunti a tempo determinato per questa funzione.
I cosiddetti casi di rigore, lo ricordiamo, sono un sostegno a fondo perso con l’obiettivo di coprire i costi fissi delle imprese, come affitti e leasing, partendo dal presupposto che i costi variabili come quelli per i dipendenti avevano già trovato una copertura con le indennità di lavoro ridotto e le indennità perdita di guadagno. I casi di rigore sono stati ideati con due tipologie, ordinari e agevolati. Quelli ordinari riguardano le aziende che hanno subito un calo della cifra d’affari di almeno il 40% durante 12 mesi consecutivi dal periodo che va dal 1° gennaio 2020 al 30 giugno 2021, quelli agevolati invece concernono le aziende che sono state oggetto di un ordine di chiusura da parte di Confederazione o Cantone per almeno 40 giorni tra 1° novembre 2020 e 30 giugno 2021, indipendentemente dalla cifra d’affari. Per i casi di rigore ‘ordinari’, assieme alla richiesta andava certificato il calo del fatturato tramite un revisore esterno. La partecipazione alla copertura di questi costi da parte del Cantone arriva fino a un massimo di 2’500 franchi, e l’esborso totale aggiornato al 31 ottobre è stato di 610mila franchi.
Ciò detto, il documento del Dfe va nel dettaglio e offre una radiografia della destinazione di questi 153,8 milioni di franchi settore per settore. A farla da padrona è la ristorazione, che ha ottenuto 69,7 milioni per 1’033 imprese totali. A ruota, ma ben distanziati, i negozi cui sono andati 22,8 milioni per 393 imprese. Quasi 13 milioni sono stati quelli elargiti alle 64 imprese di agenzie di viaggio, mentre ai 91 richiedenti del settore attività sportive e benessere sono stati dati 4,8 milioni. Circa la stessa cifra è stata elargita a 18 hotel (4,5 milioni) e alle 39 imprese nell’ambito dell’organizzazione di eventi e fiere (4,4 milioni). Tre milioni e mezzo sono stati distribuiti a 26 imprese di trasporto terrestre, mentre poco più di un milione di franchi è stato diviso tra le 31 imprese attive nella vendita di auto e moto cui le domande sono state accolte. Il totale degli altri settori ha ottenuto 30 milioni, divisi tra 79 imprese.
La ristorazione, si diceva, ha fatto la parte del leone a livello di fondi ottenuti. «Da parte mia non smetterò mai di ringraziare il Consiglio di Stato, e in particolare il Dfe, per aver sempre avuto un orecchio pronto ad ascoltare le nostre rivendicazioni», commenta alla ‘Regione’ il presidente di Gastroticino Massimo Suter. Che non è mai stato eufemisticamente tenero con le autorità quando, a difesa della trincea, tuonava contro alcune decisioni: «I toni forti erano soprattutto in reazione a quanto deciso da Berna - spiega -, il Cantone per certi versi è stato vittima di alcuni effetti perversi». Sia come sia, i fondi per i casi di rigore (più le altre indennità) per Suter «sono stati più che sufficienti e abbastanza immediati». Anche se non tutte le ferite si sono ancora rimarginate, perché «nessuno è contento di ricevere degli aiuti, dal momento che è la prova che ci si trova in difficoltà. Si poteva evitare di dover elargire tutti questi milioni pianificando in maniera più ottimale le riaperture o le non chiusure delle nostre attività», sottolinea il presidente di Gastroticino che se pensa al futuro è sicuramente più ottimista rispetto all’anno passato: «La questione del certificato covid può creare alcuni problemi, ma sicuramente non paragonabili a situazioni di lockdown o semi-lockdown. E in vista dell’inverno finalmente possiamo programmare, anche a livello di acquisto di merce, la stagione e le festività natalizie: l’auspicio è che si possano tenere aperte le nostre aziende e che si possa degnamente svolgere il nostro lavoro».
Per la presidente di Federcommercio Lorenza Sommaruga, e qui si passa al capitolo negozi, con gli aiuti per i casi di rigore «si è fatta davvero la differenza, perché poter affrontare con serenità la questione dei costi fissi, e quindi gli affitti, è stato vitale». Ma il discorso di Sommaruga si allarga a tutti gli aiuti ricevuti, perché da un lato «hanno permesso la sopravvivenza dei commerci», dall’altro «sono serviti per ritrovarci oggi ancora più forti, anche moralmente». Pure la presidente di Federcommercio rimarca «la velocità con cui tutti gli aiuti ci sono stati elargiti, ci ha lasciati davvero sbigottiti. A partire dal primo sostegno, la fidejussione, che per chi aveva i dati già pronti è arrivata in tre o quattro giorni ed è stata la prima vera boccata d’ossigeno». Con il pensiero che va anche «all’enorme aiuto rappresentato dal lavoro ridotto, che ha permesso di proteggere i posti di lavoro dei dipendenti e ci ha consentito di poterli continuare a tenere con noi». Una misura economica certo, ma che per Sommaruga ha pure «una forte connotazione sociale: senza i dipendenti le aziende perdono la loro anima, il contatto con la clientela, la possibilità di accogliere con un sorriso chi entra in negozio. Senza questi sostegni non ce l’avremmo mai fatta».
Dati Dfe