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Molestie sessuali, audit o Cpi? Il dilemma resta

La sottocommissione finanze della Gestione ieri è tornata a discuterne. La soluzione è ancora lontana, ma i partiti cominciano a prendere posizione

Ti-Press
27 ottobre 2021
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Commissione parlamentare d’inchiesta o audit sul caso dell’ex funzionario del Dipartimento sanità e socialità condannato in via definitiva in secondo grado (la sentenza d’Appello non è stata impugnata) per coazione sessuale e per violenza carnale, reato quest’ultimo commesso ai danni, nel 2004, di una diciottenne stagista? Una Cpi o una verifica affidata a specialisti esterni all’Amministrazione per fare luce sulle modalità con cui quest’ultima ha affrontato all’epoca la vicenda e per stabilire se gli strumenti adottati dal Cantone per prevenire mobbing e molestie sessuali al suo interno siano sufficienti oppure vadano migliorati? L’interrogativo non è ancora sciolto in seno alla ‘Finanze’, la sottocommissione parlamentare della Gestione che nella seduta di ieri mattina è tornata a occuparsi del delicatissimo tema. In ballo ci sono alcuni atti parlamentari, fra cui quello del popolare democratico Fiorenzo Dadò - sottoscritto anche dai leghisti Boris Bignasca e Sabrina Aldi nonché da Tamara Merlo di Più Donne -, che propone di dar vita a una Cpi, la richiesta di un audit esterno sempre inoltrata dal presidente cantonale del Ppd Fiorenzo Dadò, e una richiesta del capogruppo socialista Ivo Durisch formulata con una mozione dal titolo “Prevenire, gestire e sanzionare atti contro l’integrità della persona sul posto di lavoro”.

Durisch: la verifica esterna sarebbe la soluzione migliore

Da noi contattato il coordinatore della Sottocommissione Michele Guerra non rilascia dichiarazioni, e a domanda su di una preferenza fra audit e Commissione parlamentare d’inchiesta non nasconde di vedere di buon occhio anche la via dell’audit professionale e indipendente. Una decisione definitiva potrebbe essere presa nella riunione prevista per il 9 novembre. Sulla stessa lunghezza d’onda di Guerra è il capogruppo del Ps in Gran Consiglio. «Anche secondo me - afferma Ivo Durisch - quella dell’audit è la via migliore. Del resto ho sempre detto in commissione Gestione e in sottocommissione Finanze che su dei casi complessi, anche dal punto di vista tecnico, la strada preferibile è quella dell’audit. Su dossier del genere, compreso quello concernente i permessi, la Sottocommissione ha bisogno di consulenze esterne qualificate, indipendenti dall’Amministrazione, consulenze che possono configurarsi come un audit. Insomma, è importante che la Sottocommissione possa far capo a competenze appunto esterne. Come Ps, avevamo già votato contro la Cpi» sul caso dell’ex funzionario del Dipartimento sanità e socialità. E «oggi siamo convinti che l’audit è la soluzione migliore».

Gianella: nessuna preclusione, ma bisogna individuare gli aspetti da approfondire

Come Plr, premette la capogruppo Alessandra Gianella, «ci siamo sempre opposti all’istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta, considerandola per la vicenda dell’ex funzionario uno strumento non adatto: in casi simili devono essere i magistrati a indagare, non i politici. Riteniamo invece opportuno valutare l’idoneità delle disposizioni vigenti in seno all’Amministrazione per prevenire determinate situazioni». Sul ricorso a un audit esterno e indipendente «da parte mia non vi è alcuna preclusione di principio, tant’è che ne discuteremo prossimamente in gruppo. L’importante - sottolinea Gianella - è che qualora il parlamento optasse per l’audit si individui esattamente l’oggetto o gli oggetti su cui la verifica deve vertere». In altre parole, la definizione dell’eventuale mandato. «In Sottocommissione finanze - riprende la capogruppo - stiamo esaminando la documentazione a nostra disposizione per vedere anche quali aspetti necessitano di ulteriori approfondimenti».

Dadò, no comment. Merlo non ci sta: ci vuole assolutamente una Cpi

Da noi interpellato Fiorenzo Dadò non rilascia dichiarazioni. Il presidente e deputato del Ppd per il momento non parla. Parla Tamara Merlo, cofirmataria della mozione che propone la Commissione parlamentare d’inchiesta. La deputata di Più Donne non è nella commissione della Gestione, e quindi neppure nella Sottocommissione finanze. E da fuori, il suo giudizio sulla faccenda è lapidario. «L’audit esterno non sarebbe una soluzione all’altezza del problema, e troverei davvero deludente che politicamente questa strada venisse considerata l’unica percorribile o l’unica ad avere una maggioranza». La via maestra, per Merlo, resta «ovviamente» la Commissione parlamentare d’inchiesta. Il motivo è presto detto: «Trovo tuttora inconcepibile che il Gran Consiglio abbia votato no alla prima richiesta di Cpi, e per questo ritengo, anche alla luce delle risultanze ulteriori emerse da un processo penale che ormai è finito, che una Cpi adesso dovrebbe venire assolutamente istituita». Anche perché di tempo ne è passato, e per la deputata di Più donne e cofirmataria della richiesta di una seconda Cpi, «le critiche sollevate da chi aveva bocciato la proposta di istituzione ora non stanno più in piedi: il processo penale è finito, la sentenza definitiva è stata ancora più pesante di quella emessa in primo grado, a questo punto mi aspetto davvero un cambio di paradigma e mentalità e che questa Cpi venga portata avanti».

E la proposta di audit esterno? «Sarebbe un piccolissimo passo avanti rispetto al niente che è stato fatto in passato, ma sarebbe comunque qualcosa di davvero inferiore e meno incisivo rispetto al mandato che avremmo come parlamentari di controllare e svolgere un’inchiesta. Il fatto di doversi accontentare su un tema così importante lo trovo triste e desolante, giusto per usare due eufemismi».

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