La sottocommissione finanze della Gestione ieri è tornata a discuterne. La soluzione è ancora lontana, ma i partiti cominciano a prendere posizione
Commissione parlamentare d’inchiesta o audit sul caso dell’ex funzionario del Dipartimento sanità e socialità condannato in via definitiva in secondo grado (la sentenza d’Appello non è stata impugnata) per coazione sessuale e per violenza carnale, reato quest’ultimo commesso ai danni, nel 2004, di una diciottenne stagista? Una Cpi o una verifica affidata a specialisti esterni all’Amministrazione per fare luce sulle modalità con cui quest’ultima ha affrontato all’epoca la vicenda e per stabilire se gli strumenti adottati dal Cantone per prevenire mobbing e molestie sessuali al suo interno siano sufficienti oppure vadano migliorati? L’interrogativo non è ancora sciolto in seno alla ‘Finanze’, la sottocommissione parlamentare della Gestione che nella seduta di ieri mattina è tornata a occuparsi del delicatissimo tema. In ballo ci sono alcuni atti parlamentari, fra cui quello del popolare democratico Fiorenzo Dadò - sottoscritto anche dai leghisti Boris Bignasca e Sabrina Aldi nonché da Tamara Merlo di Più Donne -, che propone di dar vita a una Cpi, la richiesta di un audit esterno sempre inoltrata dal presidente cantonale del Ppd Fiorenzo Dadò, e una richiesta del capogruppo socialista Ivo Durisch formulata con una mozione dal titolo “Prevenire, gestire e sanzionare atti contro l’integrità della persona sul posto di lavoro”.
Da noi contattato il coordinatore della Sottocommissione Michele Guerra non rilascia dichiarazioni, e a domanda su di una preferenza fra audit e Commissione parlamentare d’inchiesta non nasconde di vedere di buon occhio anche la via dell’audit professionale e indipendente. Una decisione definitiva potrebbe essere presa nella riunione prevista per il 9 novembre. Sulla stessa lunghezza d’onda di Guerra è il capogruppo del Ps in Gran Consiglio. «Anche secondo me - afferma Ivo Durisch - quella dell’audit è la via migliore. Del resto ho sempre detto in commissione Gestione e in sottocommissione Finanze che su dei casi complessi, anche dal punto di vista tecnico, la strada preferibile è quella dell’audit. Su dossier del genere, compreso quello concernente i permessi, la Sottocommissione ha bisogno di consulenze esterne qualificate, indipendenti dall’Amministrazione, consulenze che possono configurarsi come un audit. Insomma, è importante che la Sottocommissione possa far capo a competenze appunto esterne. Come Ps, avevamo già votato contro la Cpi» sul caso dell’ex funzionario del Dipartimento sanità e socialità. E «oggi siamo convinti che l’audit è la soluzione migliore».
Come Plr, premette la capogruppo Alessandra Gianella, «ci siamo sempre opposti all’istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta, considerandola per la vicenda dell’ex funzionario uno strumento non adatto: in casi simili devono essere i magistrati a indagare, non i politici. Riteniamo invece opportuno valutare l’idoneità delle disposizioni vigenti in seno all’Amministrazione per prevenire determinate situazioni». Sul ricorso a un audit esterno e indipendente «da parte mia non vi è alcuna preclusione di principio, tant’è che ne discuteremo prossimamente in gruppo. L’importante - sottolinea Gianella - è che qualora il parlamento optasse per l’audit si individui esattamente l’oggetto o gli oggetti su cui la verifica deve vertere». In altre parole, la definizione dell’eventuale mandato. «In Sottocommissione finanze - riprende la capogruppo - stiamo esaminando la documentazione a nostra disposizione per vedere anche quali aspetti necessitano di ulteriori approfondimenti».
Da noi interpellato Fiorenzo Dadò non rilascia dichiarazioni. Il presidente e deputato del Ppd per il momento non parla. Parla Tamara Merlo, cofirmataria della mozione che propone la Commissione parlamentare d’inchiesta. La deputata di Più Donne non è nella commissione della Gestione, e quindi neppure nella Sottocommissione finanze. E da fuori, il suo giudizio sulla faccenda è lapidario. «L’audit esterno non sarebbe una soluzione all’altezza del problema, e troverei davvero deludente che politicamente questa strada venisse considerata l’unica percorribile o l’unica ad avere una maggioranza». La via maestra, per Merlo, resta «ovviamente» la Commissione parlamentare d’inchiesta. Il motivo è presto detto: «Trovo tuttora inconcepibile che il Gran Consiglio abbia votato no alla prima richiesta di Cpi, e per questo ritengo, anche alla luce delle risultanze ulteriori emerse da un processo penale che ormai è finito, che una Cpi adesso dovrebbe venire assolutamente istituita». Anche perché di tempo ne è passato, e per la deputata di Più donne e cofirmataria della richiesta di una seconda Cpi, «le critiche sollevate da chi aveva bocciato la proposta di istituzione ora non stanno più in piedi: il processo penale è finito, la sentenza definitiva è stata ancora più pesante di quella emessa in primo grado, a questo punto mi aspetto davvero un cambio di paradigma e mentalità e che questa Cpi venga portata avanti».
E la proposta di audit esterno? «Sarebbe un piccolissimo passo avanti rispetto al niente che è stato fatto in passato, ma sarebbe comunque qualcosa di davvero inferiore e meno incisivo rispetto al mandato che avremmo come parlamentari di controllare e svolgere un’inchiesta. Il fatto di doversi accontentare su un tema così importante lo trovo triste e desolante, giusto per usare due eufemismi».