Tra oggi e domani circa 800 docenti, dei quali un centinaio relatori, a confronto. Bertoli: 'Gli scambi e la condivisione delle esperienze sono importanti'
«È importante che i docenti si parlino tra di loro e si scambino le proprie esperienze, perché nel mondo della scuola le buone pratiche viaggiano proprio grazie a un’autorevolezza che si conquista sul campo». Il direttore del Dipartimento educazione, cultura e sport Manuele Bertoli è molto felice di come si sta svolgendo la prima giornata dell’atelier delle buone pratiche per l’insegnamento quando, nella pausa prevista alle 10.30, spiega alla ‘Regione’ l’importanza della formazione continua per i docenti: «Con questi atelier i colleghi mostrano come qualcosa di imparato nel loro lavoro quotidiano può essere proposto quando si nota che funziona bene, può essere suggerito sulla scorta del proprio vissuto in classe. Così come viene interrotto o sconsigliato ciò che non porta frutti, ed è positivo che questo sia fatto internamente dal sistema e non dall’alto con commissioni che decidono cosa fare e non fare».
È il sesto anno che si svolgono gli atelier, e Bertoli ricorda come «la presenza dei docenti è sempre stata alta e pure quest’anno i numeri sono soddisfacenti: circa 800 persone di cui quasi 100 fungono da relatori. Negli insegnanti c’è una grande volontà di scoprire cose nuove e di essere curiosi, tutto ciò permette a chi alle volte è costretto in un piano di studio preciso di modificare modi e contenuti dell’insegnamento in modo al fine di presentare il tutto, in classe, in modo più interessante».
Molti atelier comprendono l’uso delle nuove tecnologie, e questo è un argomento sensibile nel dibattito che riguarda il mondo della scuola. «L’idea non è mai stata e non è di portare la didattica a distanza come prassi, ma intervenire con le tecnologie intese come strumento aggiuntivo - rileva il direttore del Decs -. Ho appena partecipato a una lezione di matematica legata ai nuovi laboratori, dove i docenti di prima media spiegavano l’introduzione di una nuova piattaforma informatica, Moodle, rilevando l’importanza di introdurlo in classe, perché se si facesse a distanza sarebbe problematico». Chiaramente, la pandemia ha rimescolato tutte le carte. «Sì, la pandemia ci ha costretti alla didattica a distanza ed è bene per questo non confondere i due piani, cioè didattica a distanza e nuove tecnologie. Questo modo di insegnamento può avere un suo spazio, anche se non penso assolutamente nella scuola dell’obbligo, magari per assegnare e svolgere dei compiti. Può starci, senza esagerare o innamorarsi per forza perché è una moda. Le nuove tecnologie devono accompagnare e dare un plusvalore all’insegnamento in presenza».
Insegnamento che ripartirà tra pochi giorni, e al riguardo Bertoli annota come «l’anno scolastico 2021/2022 sarà diverso dal precedente, perché quello che andrà a iniziare tra pochi giorni ha un elemento in più molto importante: la presenza del vaccino. Questo cambia la dinamica delle cose, nel senso che tutti ci siamo accorti che c’è un contagio in ascesa ma che però il problema importante, cioè gli ospedalizzati e le persone più fragili, è legato nella quasi totalità a chi non ha ancora scelto di vaccinarsi». Da qualche parte, quindi, «la via di uscita esiste, bisogna saperla prendere - sottolinea ancora Bertoli -. Per la scuola sarà un elemento importante: ha le stesse regole della società, quindi non si impone niente, ma questo elemento di cambiamento è un dato che non può essere negato e misconosciuto». Sul rapporto tra docenti e allievi, cambiato e reso ancora più intenso dal Covid, il direttore del Decs afferma che «sarà ancora confermata la necessità dei docenti di comprendere l’effetto pandemico sulle fragilità di alcuni allievi. Sarà importante comprendere bene chi si ha di fronte e aiutarlo a essere nello stato migliore per apprendere quanto gli viene insegnato».
L’importanza di questi appuntamenti viene testimoniata anche dall’aggiunta alla direzione della Divisione della scuola Serena Ragazzi: «L’obiettivo principale degli atelier è di condividere dei percorsi didattici tra pari, e non, come spesso accade, attraverso un formatore o un esperto che propone un corso ai docenti. È interessante che siano proprio gli insegnanti a presentare ai propri colleghi le esperienze fatte in classe. Ci si situa a un altro livello - prosegue Ragazzi - ed è proprio questa la carta vincente. Spesso in questi atelier ci si scambia anche del materiale e si fanno fare esperienze ai colleghi, dando così molta importanza alla componente relazionale e alla dimensione pratica». A tutto vantaggio degli allievi, ma anche del docente che può ampliare il respiro della propria didattica: «Già attraverso il Piano di studio della scuola dell’obbligo, implementato ormai da più di cinque anni, uno degli obiettivi era di promuovere un paletta più ampia di forme didattiche, come ad esempio le attività laboratoriali». Per l’aggiunta alla direzione della Divisione della scuola è importante annotare che diverse delle esperienze presentate agli atelier «toccano anche competenze di tipo più trasversale che si sommano a quelle disciplinari: questa combinazione consente al docente di accompagnare gli allievi a comprendere meglio alcuni aspetti del programma e, allo tesso tempo, di favorire un arricchimento dal punto di vista personale».