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Governanti non vaccinati, l’esperta: ‘Una follia’

Per Suzanne Suggs (Usi) il messaggio veicolato da Gobbi e dal silenzio di Zali mette a rischio la campagna vaccinale e la credibilità del governo

(Ti-Press)
10 agosto 2021
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La notizia l’avevamo data la settimana scorsa: non tutti i nostri Consiglieri di Stato risultano vaccinati contro il Covid-19. Ad andare controcorrente rispetto al resto dell’esecutivo sono i due ‘ministri’ leghisti. Mentre a esplicita domanda il direttore del Dipartimento del territorio Claudio Zali si è trincerato dietro a un no comment, dalle Istituzioni Norman Gobbi ha detto chiaro e tondo di non essersi ancora immunizzato. Ora: chi abita in Svizzera è libero di vaccinarsi o meno, certo; ma cosa succede se chi dichiara di non averlo fatto siede al governo, un governo che invece sta spingendo con tutte le sue forze per completare la campagna vaccinale e prevenire nuove ondate pandemiche? Ne parliamo con un’esperta del delicato equilibrio che la comunicazione deve costruire ogni giorno tra politica, scienza e opinione pubblica: Suzanne Suggs, docente all’Università della Svizzera italiana presso l’Istituto di comunicazione e politiche pubbliche e quello di sanità pubblica, membro della Task force scientifica Covid-19 della Confederazione, vicepresidente della Scuola svizzera di salute pubblica.

Partiamo dalle parole di Gobbi: «Pur avendo una vita sociale molto intensa, con contatti frequenti, non mi sono mai ammalato, così come non mi sono mai ammalato nei periodi di normale influenza». E ancora: «Non escludo di farmi vaccinare, quando riterrò che sarà opportuno e necessario farlo». Cosa ne pensa?

Francamente mi pare una follia, specie sapendo che si tratta del responsabile politico di un dipartimento i cui membri sono in prima linea per garantire la nostra sicurezza, come nel caso della polizia. Come si può giustificare la scelta di non vaccinarsi dicendo che non ci si è ancora ammalati? È come difendere la guida da ubriachi perché finora non si è mai avuto un incidente dopo aver bevuto.

In Svizzera però vige la libertà vaccinale. Perché non dovrebbe valere anche per un politico?

Nessuno mette in discussione la libertà vaccinale. Ma è chiaro che il discorso cambia radicalmente se certe parole vengono dalla bocca di qualcuno che dovrebbe essere impegnato in prima fila a difendere le politiche di immunizzazione del governo. Pensi a quanto stride questo messaggio con lo sforzo di chi deve assistere i malati di Covid nei reparti di terapia intensiva, e ora vede un ministro cantonale fornire un alibi agli scettici. Al limite sarebbe stato diverso se si fossero proposti argomenti scientifici: avremmo potuto discutere quelli, magari sarebbe anche servito a persuadere gli indecisi. Invece assistiamo ad argomentazioni senza alcun fondamento né logica.

In ogni caso non stiamo parlando di No-vax, ma piuttosto di persone ancora titubanti. Il vaccino non è escluso «quando riterrò che sarà opportuno e necessario farlo». Poi Gobbi precisa: «Comunque attualmente mi faccio tamponare per partecipare ai vari. eventi istituzionali o pubblici, come ad esempio il Festival».

Ma il momento opportuno per vaccinarsi è solo uno: non appena possibile. Quindi oggi, anzi, ieri. Tamponi o no, e a prescindere dai rischi personali che si decide di correre, chi non è vaccinato ha molte più probabilità di contagiare il prossimo. Poi, ripeto: stiamo parlando di persone elette a cariche pubbliche, il cui compito è anche quello di proteggere le persone. Se in assenza di qualsiasi argomento valido costoro si rifiutano di dare retta alla scienza, beh, mi auguro che alle prossime elezioni i cittadini se ne ricordino e scelgano qualcuno che prende sul serio il suo incarico.

Però ciascuno decide con la sua testa. Davvero la dichiarazione (o il silenzio) di un politico può avere conseguenze gravi sul successo delle vaccinazioni?

Intanto ci troviamo in una situazione molto critica per la discrepanza tra realtà e rischio percepito: in Svizzera abbiamo già avuto oltre tremila casi nel fine settimana, ma in assenza di vittime molti credono che il pericolo sia passato, e quindi se non si sono vaccinati preferiscono aspettare. Questo ‘si vedrà’, a sua volta, aumenta la diffusione del virus – lo stiamo già vedendo – e con essa il rischio che si sviluppino varianti più pericolose. Col ritorno al chiuso in autunno, poi, la situazione potrebbe peggiorare rapidamente mettendo a rischio non solo la salute dei cittadini, ma anche la nostra prosperità sociale ed economica. Capisce dunque che ogni messaggio tale da confermare certe esitazioni è pericoloso, specie per quelle persone che hanno votato un politico perché ne condividono valori e visioni, e dunque sono più propense a farsene influenzare nelle scelte personali. Costoro potrebbero pensare: ‘Se non si vaccinano i miei rappresentanti che seguo e ammiro, perché dovrei farlo io?’

Questo vale per gli indecisi, che poi costituiscono la maggioranza dei non vaccinati. E per chi invece è apertamente contrario al vaccino?

Chi diffonde paure false e complottiste sui vaccini costituisce una minoranza, ma è una minoranza molto rumorosa. Anche questa dovrebbe essere contrastata più efficacemente, specie se si pensa che al momento la Svizzera è uno dei Paesi con la percentuale di vaccinati più bassa d’Europa.

Un altro aspetto importante potrebbe essere quello della credibilità futura.

Immagini cosa succederebbe se quegli stessi rappresentanti dovessero introdurre un domani nuove restrizioni e lockdown: con che autorevolezza potrebbero farsi ascoltare dalla popolazione? Con che faccia potrebbero dire: ‘Tornate a chiudervi in casa’? È un peccato, perché così si getterebbe alle ortiche l’ottimo lavoro fatto dal Cantone sul fronte delle misure di protezione e di vaccinazione.

Alcuni osservatori temono che reticenze e titubanze servano anche a guadagnarsi la simpatia dell’elettorato più scettico.

Senza fare processi alle intenzioni, una cosa è però chiara: siamo attori sociali, la nostra condotta e le nostre convinzioni sono fortemente influenzate da quelle di chi riconosciamo come membri rispettabili della nostra comunità. In questa dinamica – non solo in Svizzera – è evidente come lo scetticismo di una parte della popolazione si rinforzi ogni volta che i suoi leader tendono a blandirlo: un circolo vizioso spesso strumentalizzato dalle forze populiste, in particolare a destra.

Dal loro punto di vista, comunque, resta una questione di libertà: libertà di vaccinarsi, di andare in giro, di vivere. Non hanno ragione?

È un’interpretazione gravemente errata della libertà e dei diritti individuali. Questi hanno dei limiti, gli stessi per i quali mi è proibito guidare ubriaca, fumare nei bar e perfino gettare l’umido nel contenitore del vetro: la mia libertà finisce dove inizia quella altrui, i miei diritti devono rispettare quelli del prossimo alla sicurezza e alla salute.


Suzanne Suggs

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