Finora 200 posti di apprendistato assegnati in più rispetto al 2020 e 100 in più rispetto al 2019. Ma il direttore del Decs: 'Meno retorica, più fatti’
Fuori da Palazzo delle Orsoline vento, grandine e temporale. Dentro, in sala stampa, un raggio di sole per quanto riguarda gli apprendistati. Il trend di un mese fa si conferma, ma serve comunque fare di più. «A fine giugno i contratti di tirocinio firmati erano 826. Quasi 200 in più rispetto all’anno scorso, caratterizzato dalla pandemia, e 109 in più rispetto al 2019. Sono dati confortanti», spiega l’aggiunto al direttore della Divisione della formazione professionale Oscar Gonzalez. L’obiettivo era chiaro: «Riposizionarsi sugli obiettivi che avevamo prima del Covid», riprende Gonzalez. Vale a dire la firma di 2’600/2’700 contratti. La situazione, al momento, sebbene fluttuante è comunque da considerarsi buona: «Oltre questi 826 contratti firmati, ce ne sono 765 attualmente in trattativa e speriamo che possano giungere a buon fine presto. I posti attualmente disponibili sono ancora 611». Il conto è presto fatto: per arrivare agli auspicati 2’800/2’900 posti di tirocinio offerti sono ancora necessari 598 posti: la speranza è che l’estate - e le aziende - aiutino. Ad ogni modo, sebbene la fotografia scattata a fine giugno mostri un dato «interessante e positivo» al suo interno ci sono varie sfumature: «I posti messi a disposizione da industria e artigianato sono in aumento, nei settori di commercio e servizi sono in aumento rispetto al 2020 ma in calo rispetto al 2019, nel settore sociosanitario invece sono di meno. Numeri questi - sottolinea Gonzalez - legati al vissuto dei settori economici durante la pandemia».
Delle circa 3’800 persone che iniziano una formazione professionale il 40 per cento arriva dalla IV media. E il momento della scelta, una volta finita la scuola dell’obbligo, è delicato. La Capoufficio dell’orientamento scolastico e professionale Rita Beltrami snocciola i numeri sulle scelte effettuate dai 3’243 ragazzi e ragazze che hanno finito la scuola media a giugno: «I dati sono provvisori - premette - ma in linea con quelli degli altri anni: il 44,9% sceglie una scuola media superiore pubblica o privata (33% il liceo, 7,8% la Scuola cantonale di commercio, il 4,1% licei privati), il 28,6% il tirocinio, il 19% una scuola professionale a tempo pieno, il 3,4% una scuola specializzata». Con una distinzione di genere sempre marcata: «Più della metà delle allieve sceglie il medio superiore, mentre il collocamento a tirocinio è scelto dal 38,3% dei ragazzi, dato simile al medio superiore, rispetto al 18% che si trova nelle ragazze». E parlando di tirocinio, Beltrami informa che «il 53,2% di chi è uscito dalla scuola media è già stato collocato, mentre il 17,6% è in attesa. Quasi il 30% è ancora senza un posto». Un posto che, a dipendenza delle professioni, sarà più o meno (o per niente) semplice trovare. «Ci sono ancora 54 posti come impiegati di commercio e 56 come impiegati di commercio al dettaglio, ma ad esempio ce ne sono solo 4 per assistente di studio medico con 24 richieste e 4 per meccanico di manutenzione per auto con 20 richieste», annota Beltrami.
Perché sono anni che il discorso finisce sempre lì: se le aziende mettessero a disposizione più posti di tirocinio ci sarebbero meno problemi con ragazze e ragazzi che avrebbero più possibilità di scegliere la professione che più risponde ai propri desideri e alle proprie aspirazioni. Dopo i messaggi ‘Più duale’ e ‘Più duale plus’, approvati dal Gran Consiglio, il governo può dire di aver fatto la sua parte. Ma anche ieri, in conferenza stampa, il direttore del Dipartimento educazione, cultura e sport Manuele Bertoli ha rimarcato «l’importanza di convincere l’economia ad allargare i posti di tirocinio messi a disposizione». Cosa altro occorre fare perché i ‘desiderata’ del Decs trovino risposta? A margine dell’incontro con la stampa, Bertoli alla ‘Regione’ dice che «occorre insistere, insistere e insistere. E anche uscire da questa retorica che vuole lo sbandieramento della formazione professionale come ottima cosa: è senz’altro vera, giusta e positiva, ma che ha bisogno di essere concretizzata, rafforzata e sostenuta da tutti. Noi come Stato ci siamo, chiediamo al mondo economico di esserci fino in fondo non solo retoricamente, perché bisogna lavorare tutti insieme. Ogni tanto - prosegue Bertoli - le aziende si lamentano della burocrazia dovuta al fatto che per formare bisogna fare una serie di cose, ma sono quelle che le stesse organizzazioni professionali centrali a Berna chiedono alla Segreteria di Stato per la formazione di introdurre nelle ordinanze. Ogni tanto è davvero difficile districarsi, ma proprio per questo, ripeto, occorre insistere».
Che fare? Una proposta la consegna alla ‘Regione’ il presidente della Conferenza della Svizzera italiana per la formazione continua degli adulti e deputato Plr Paolo Ortelli: «In Ticino stiamo lavorando benissimo su questo tema, ma invece che fare discorsi generalizzati, dobbiamo avere il coraggio di prendere settore per settore e associazione professionale per associazione professionale e lavorare assieme chiedendo come si può incidere singolarmente, perché ogni settore è confrontato con realtà diverse: sarà un lavoro titanico, ma è l’unico che ci permetterà di alzare il livello qualitativo invece di rimanere fermi ai proclami». E aggiunge: «Ci sono sicuramente contesti professionali dove è possibile fare di più in generale, ma ogni azienda ha le sue peculiarità: dimensioni, strutturazione, quanto ha tempo da dedicare agli apprendisti… Più salgono le richieste nelle ordinanze sulla formazione, meno si sono trovate persone in azienda da dedicare a questo ruolo di accompagnamento. Si lavori anche in quella direzione».
La conferenza stampa di oggi è stata anche l’occasione per presentare il sondaggio annuale sulle prospettive lavorative e formative dei futuri qualificati in una formazione professionale. «Hanno risposto in 970 - spiega la collaboratrice dell’Ufficio della formazione continua e dell’innovazione Angela Cattaneo - e il 34% di loro, in futuro, desidera continuare gli studi, mentre il 35% dice di aver già trovato un posto di lavoro sebbene quasi la metà sia ancora in attesa di una conferma. Ed è senza dubbio positivo che l’87% di coloro che hanno già un lavoro lo abbia trovato nella professione imparata».