Ticino

Vaccini ed effetti indesiderati: ‘Normale risposta del corpo’

Gli anziani hanno tendenzialmente meno reazioni, ma la risposta del corpo è molto soggettiva

(Depositphotos)
2 giugno 2021
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‘Mio zio è stato a letto con la febbre per due giorni, invece mia mamma nulla’. Se ne sentono molte di voci in questo periodo riguardo alle reazioni fisiche a seguito della somministrazione del vaccino anti–Covid. Magari alcune possono rendere titubanti riguardo al sottoporsi all’iniezione, oppure rincuorare. La Dottoressa Martine Bouvier Gallacchi, dell’Ufficio del medico cantonale, ci aiuta a fare chiarezza.

Quanti sono gli effetti indesiderati registrati in Ticino a seguito di una vaccinazione?

‘Non siamo a conoscenza dei dati ticinesi. I casi vengono notificati ai centri regionali di farmacovigilanza ma le informazioni sono trattate a livello svizzero. L’ultimo rapporto di Swissmedic del 21 maggio continua a confermare il profilo di effetti collaterali che è noto dagli studi di omologazione. Finora, dunque, non sono stati registrati effetti inaspettati. Questo non vuol dire che non ci possano essere reazioni avverse sconosciute, ed è per questo che è molto importante continuare a fare questo lavoro di monitoraggio. Nel rapporto si legge che un terzo delle notifiche sono classificate come casi serie, ma ciò non vuol dire necessariamente un pericolo di vita. Rientra in questo gruppo anche una persona che fa un picco di pressione più alto perché è stressato e che viene mandato in osservazione al pronto soccorso per qualche ora».

Perché una vaccinazione può provocare delle reazioni indesiderate?

«Un vaccino viene somministrato per stimolare una reazione immunitaria. Gli effetti secondari sono normali, soprattutto quando il corpo non è mai stato in contatto con il virus o microbo in questione. Quello che bisogna precisare è che non avere questi effetti non vuol dire che il corpo non risponde».

È vero che gli effetti indesiderati sono più frequenti fra i giovani rispetto agli anziani?

«Le reazioni dipendono da persona a persona, però sì, c’è una maggiore incidenza negli adulti che negli anziani. Cosa che era già stata notata negli studi clinici l’anno scorso. Questo perché generalmente il sistema immunitario risponde in maniera più vigorosa prima dei cinquant’anni».

Non bisognerebbe differenziare il numero di dosi o d’intervalli a seconda dell’età?

«Non funziona in questo modo. La protezione che da un vaccino non è proporzionale agli effetti indesiderati. Non è perché una persona non ha nessun effetto indesiderato che non fa anticorpi, o viceversa».

Gli effetti indesiderati sopraggiungono maggiormente dopo la prima o la seconda dose?

«La prima vaccinazione è il primo contatto del sistema immunitario con un nuovo antigene. Una volta che si riceve la seconda potrebbero sopraggiungere maggiori effetti perché effettivamente il corpo si è già ‘allenato’».

Gli intervalli di tempo stabiliti fra la prima e la seconda dose sono idonei?

«Sono stati decisi dai test clinici fatti l’anno scorso. Prima di effettuare degli studi su grande scala si fanno delle prove di dosaggio e d’intervallo per poi scegliere la modalità che dà la miglior risposta del sistema immunitario con i minori effetti secondari».

«In generale per dei microbi con cui il sistema immunitario non è mai stato in contatto si fa sempre un ‘priming’ con due dosi abbastanza vicine. La prima permette di lanciare la risposta, la seconda, di consolidazione, la rende più efficace e duratura, stimolando una protezione a medio-lungo termine. Se è necessaria una terza dose si aspetta più tempo, per esempio sei mesi. La maggior parte delle vaccinazioni vengono fatte in questa modalità».

È consigliato effettuare un test sierologico prima d’immunizzarsi?

«Attualmente questo esame rileva semplicemente la presenza di anticorpi e dunque ci dice se la persona è stata o meno a contatto con un virus o un vaccino. Non ci permette invece di misurare quanto è la protezione che si ha nei confronti del virus per i mesi seguenti. Quindi non lo consiglio. Nemmeno nei documenti dell’Ufficio federale della sanità pubblica (Ufsp), viene raccomandato».

Le persone hanno paura delle reazioni?

«È soggettivo. L’importante è informare sul fatto che gli effetti indesiderati fanno parte di una vaccinazione e che potrebbero sopraggiungere. Sono comunque transitori, durano al massimo 2 o tre giorni. Possono essere anche molto lievi come rossori o dolori dove è stata fatta l’iniezione. I più comuni sono febbre, mal di testa e dolori muscolari. Registrate anche delle reazioni cutanee dopo una settimana dalla somministrazione».

Comunque dall’altra parte c’è il rischio di prendere il Covid.

«Esatto, bisogna ricordarsi che questa malattia non è così banale, anche per i giovani. Se all’inizio pensavamo fosse una polmonite grave, abbiamo poi cominciato a capire che potevano essere toccati altri organi tra cui il cuore e il cervello. Negli ultimi mesi abbiamo registrato invece casi di persone che non si riprendono nemmeno dopo settimane, il cosiddetto ‘long covid’. La vaccinazione rimane comunque una scelta personale e ognuno fa le ponderazioni del caso. Chiaramente non si può sapere né come si reagirebbe alla vaccinazione né alla malattia».