Il presidente del Ppd torna alla carica dopo la sentenza di secondo grado: ‘Troppe domande senza risposta, serve una commissione parlamentare d'inchiesta'
«Sto già preparando una nuova richiesta di Commissione parlamentare d’inchiesta, ci sono una serie di quesiti che al parlamento non sono mai stati chiariti». Il presidente del Ppd Fiorenzo Dadò, raggiunto dalla 'Regione, torna alla carica sul caso dell’ex funzionario Dss che in appello, è notizia di oggi, è stato condannato a una pena detentiva di 18 mesi (sospesi per due anni). Si è quindi passati da una pena pecuniaria sospesa di 7'200 franchi a un anno e mezzo di carcere, sempre con la condizionale. Al reato di coazione sessuale si è inoltre aggiunto quello di violenza carnale.
«Il Consiglio di Stato dovrà dire definitivamente come è stato trattato questo caso all’epoca, dovrà dirlo al parlamento e al Paese senza nascondersi dietro a un dito», rincara Dadò. Che, nei giorni immediatamente seguenti alla bocciatura da parte del Gran Consiglio della sua richiesta di istituire una Cpi per far luce sul caso risalente a quasi vent’anni fa, ha depositato una mozione con la quale chiede che, per meglio capire come nell'Amministrazione cantonale, nella scuola e nelle aziende pubbliche si agisce nel caso di abusi e molestie “venga istituito un audit esterno indipendente che operi una valutazione generale delle direttive e prassi attualmente in vigore, e offra eventuali proposte di adeguamento per rafforzare la tutela delle persone da abusi e molestie”.
Per Dadò «è evidente che in questo momento diventa ancora più importante la mia richiesta. La sentenza di oggi, che conferma e rincara la dose riguardo a quanto di molto triste è avvenuto nell’Amministrazione cantonale, è dimostrazione che la questione va presa molto seriamente. Mi attendo da parte di tutte le forze politiche appoggio per fare chiarezza laddove non c’è ancora, e per far di tutto in maniera trasparente affinché non succeda più». La mozione sarà assegnata direttamente alla commissione parlamentare della Gestione, in cui Dadò è commissario, perché il Consiglio di Stato ha deciso di passare a essa il testo per iniziare la discussione.
Con un’interpellanza a commento della notizia pubblicata oggi dalla Corte d’appello e di revisione penale, firmata oltre che da Dadò anche da Boris Bignasca e Sabrina Aldi (Lega) e Tamara Merlo (Più donne), viene chiesto al Consiglio di Stato anche di prendere posizione sul ruolo dell’ex funzionario Dss in seno all’Amministrazione cantonale, se durante il suo periodo di sospensione ha continuato a percepire lo stipendio, su come ha avuto luogo la procedura di licenziamento, se percepisce attualmente privilegi pensionistici e se, alla luce della sentenza di secondo grado, “il governo non ritiene di dover rivedere la decisione di licenziamento in particolare per quanto attiene a un’eventuale colpa grave del dipendente”.