Presentato l'adeguamento del piano cantonale, con un cambio di paradigma e la scelta dei test molecolari. Ma Albertoni (Camera di commercio) non è convinto
Sui test di massa nelle aziende «c’è stato un cambio di paradigma». A distanza di quasi un mese dalla presentazione del Piano cantonale del Consiglio di Stato - era il 26 marzo - entra nel vivo uno strumento in più di contrasto al coronavirus con le ditte interessate che da lunedì potranno annunciarsi. Ma intanto qualcosa è cambiato, e da qui si è arrivati al cambio di rotta annunciato in conferenza stampa dal direttore della Divisione della salute pubblica Paolo Bianchi: «Siamo partiti dal presupposto di insistere con l’utilizzo dei test rapidi, ma nel frattempo in Ticino siamo arrivati ad avere cinque laboratori privati più quello dell’Eoc che hanno rinforzato la loro capacità di analizzare i test molecolari in pool, cioè dieci campioni insieme. Nel caso emerga una positività dal pool, viene fatta l’analisi dei singoli campioni. E si guadagna tempo». Il costo del test è coperto dalla Confederazione, aggiunge Bianchi. In aggiunta, il fatto che il test molecolare Pcr è anche più affidabile del semplice test rapido.
Ma ciò che è cambiato con l’aggiornamento dell’Ordinanza federale giunta da Berna, e che per usare un eufemismo non è stata accolta con entusiasmo da governo e aziende ticinesi, riguarda pure il capitolo rimborsi. Con la ridefinizione dei criteri di rischio, infatti, si va a restringere la platea di aziende che possono essere considerate ad alto rischio, quindi beneficiarie del rimborso di 34 franchi per ogni test svolto. Avranno questo riconoscimento, infatti, le imprese che dimostreranno di avere 10 o più collaboratori, con una partecipazione al test di almeno il 60% di loro, e di ottemperare a dei criteri cumulativi: telelavoro non possibile, numeri di contatti elevati tra dipendenti, distanze limitate, contatto permanente, luogo di lavoro al chiuso e scarsamente arieggiato. Con cumulativi da intendere con tutti, nessuno escluso. Perché sennò, se sono quindi invece che cumulativi alternativi (alcuni) si scende di rango. E scende anche il rimborso, non di poco. Si sarà azienda a rischio accresciuto con più di 10 collaboratori e la partecipazione di almeno sei dipendenti su dieci ai test, e l’indennizzo previsto sarà di 8 franchi a test più, per il primo mese, un piccolo incentivo cantonale di 4 franchi a test. Che non ci sarà per le aziende a basso rischio, quelle fra 5 e 10 collaboratori, che riceveranno solo gli 8 franchi a test dalla Confederazione.
L’altra novità giunta da Berna riguarda le quarantene: non sarà più prevista per i dipendenti nelle aziende che offrono test settimanali, quindi tutte quelle che vorranno partecipare a questo progetto poiché i test ogni 5-7 giorni per la durata di almeno un mese è una delle condizioni.
«La strategia per i test di massa nelle aziende viene messa in atto grazie alla preziosa collaborazione con le associazioni economiche», spiega l’aggiunto al direttore della Divisione dell’economia in seno al Dipartimento finanze ed economia Daniele Fumagalli. Una collaborazione «che consente di procedere con la concretizzazione della strategia elaborata. Secondo l’indagine condotta dal gruppo di lavoro, per il tramite delle associazioni di categoria, le aziende potenzialmente interessate ad aderire sono circa 2mila e appartengono a tutti i settori economici». Un dato, questo, che però risale a prima del lancio dei test rapidi in farmacia messi a disposizione dalla Confederazione e prima di alcune possibilità di test fai da te. «Questo numero probabilmente andrà a calare», ci risponde Fumagalli a margine della conferenza stampa. «È chiaro che da alcune settimane ci sono alternative come i test rapidi in farmacia e gli autotest, non sono raccomandati per questo processo di test ripetuti in azienda e non hanno la stessa efficacia di queste azioni svolte una volta a settimana che dovrebbero permettere di fare una fotografia di tutta l’azienda, non dei singoli dipendenti» ci risponde a sua volta Bianchi. Dal profilo della strategia della Confederazione gli autotest non sostituiscono un processo di test rapidi, insomma. Però «vi è anche la possibilità, soprattutto per le aziende piccole, di replicare quello che il Cantone fa con le scuole. In presenza di un caso positivo, fare un’azione estesa di depistaggio. Per aziende con pochi dipendenti si può chiedere loro di andare in farmacia e testarsi per capire come è la situazione tra i colleghi che hanno avuto contatti con un positivo. Per la Confederazione l’obiettivo è fare un’azione preventiva però, non di rincorsa».
La sensazione, già dal mese scorso ma ancor più confermata oggi, è che questo piano appena nato sia già superato dagli eventi. Vuoi perché pensato in un contesto che non prevedeva ancora autotest o test rapidi in farmacia, vuoi perché i paletti sono davvero stretti. E il direttore della Camera di commercio Luca Albertoni, raggiunto dalla ‘Regione’ per un commento a caldo, ci conferma quanto aveva già detto il mese scorso, il giorno della presentazione del piano da parte del Consiglio di Stato: «Non è attrattivo per le aziende, lo ribadisco. Il Cantone ha fatto quello che poteva, facendo lo slalom tra paletti rigidissimi, perché l’Ordinanza federale è molto criticabile e l’origine dei problemi. A partire dalle definizioni: se un’azienda ha il piano di protezione come fa ad essere ad alto rischio, e quindi avere il relativo rimborso? Difatti, di focolai non ne registriamo. Perché dicono che sono test gratuiti quando invece li pagano i contribuenti o le aziende? Perché li chiamano test di massa quando invece non lo sono?». Insomma, Albertoni è tutto tranne che ottimista. Anzi: «Ho l’impressione che dietro questa campagna della Confederazione con un annuncio così grande ci sia un tentativo di mascherare il ritardo con le vaccinazioni».
Le farmacie autorizzate a fare test rapidi sono 68, circa un terzo del totale. Con personale formato e la giusta disposizione dei locali. E dal 7 aprile, informa Bianchi, le vendite di test fai da te hanno raggiunto le diverse decine di migliaia: quasi 100mila. La nota positiva, rileva il direttore della Divisione della salute pubblica, «è che dal 9 al 21 aprile 149 persone hanno preso appuntamento per un tampone ai checkpoint dopo essere risultate positive a un autotest». Infine, e qui si passa alle vaccinazione, in Ticino si è arrivati a 100mila dosi di vaccino inoculate. E quasi il 10% della popolazione ha ricevuto la doppia dose.