Molte le prese di posizione inviate per la consultazione sul progetto promosso dal Dipartimento istituzioni. Da Plr e Ps sostegno e qualche appunto
Sino a martedì erano circa novanta. Novanta prese di posizione sul progetto di riforma del settore tutele e curatele in Ticino elaborato dal Dipartimento istituzioni. Durata un paio di mesi, la procedura di consultazione si è chiusa ieri, 31 marzo. Duecento gli interpellati fra autorità, partiti e associazioni. Tanti gli enti, pubblici e privati, invitati ad esprimersi sulla prospettata riorganizzazione. Che poggia essenzialmente su due pilastri: il passaggio dai Comuni al Cantone delle autorità di protezione e quindi della competenza di stabilire e applicare le misure per adulti e minori previste dal Codice civile svizzero; l’abbandono del vigente modello amministrativo e l’adozione di quello giudiziario, con la creazione di specifiche Preture, le Preture di protezione. In ognuna delle quali, secondo il nuovo assetto, un collegio di tre membri - il pretore di protezione e due specialisti (in psicologia, pedagogia, lavoro sociale...) - stabiliranno le misure a tutela degli interessi e del bene della persona vulnerabile. Su queste Preture ad hoc la vigilanza verrebbe esercitata dalla Camera di protezione del Tribunale d’appello, oggi tenuta a pronunciarsi sui ricorsi contro le decisioni delle Autorità regionali di protezione, le Arp, e a vegliare sul loro funzionamento. Le Arp appunto. Dei cui costi sono oggi responsabili i Comuni. Attualmente sono sedici. La riorganizzazione le cancella.
Importante e delicata la riforma. Perché delicata è la materia, come ha evidenziato Frida Andreotti, alla guida della Divisione giustizia del Dipartimento istituzioni, in occasione della presentazione alla stampa, il 1. febbraio, del dossier: curatele, tutele, ricoveri a scopo di assistenza, privazione dell’autorità parentale, regolamentazione dei diritti di visita, collocamenti... . In ballo ci sono “i diritti e libertà fondamentali" di una persona. Un settore che potrebbe essere ulteriormente sollecitato dalle conseguenze socio-economiche della crisi pandemica. Entrata in vigore della riforma? “Nel secondo semestre del 2024”, ha indicato il capo del Dipartimento Norman Gobbi. Il relativo messaggio - il varo da parte del governo “entro quest‘estate” - dovrà comunque superare lo scoglio dapprima del Gran Consiglio e successivamente del voto popolare, considerate le necessarie modifiche costituzionali.
Nel frattempo sulla bozza di messaggio la consultazione è scaduta: «Quantivamente le risposte sono finora molte, cosa di cui siamo assolutamente soddisfatti - commenta, contattato dalla ‘Regione’, il capoprogetto Cristoforo Piattini, nello staff della Divisione giustizia -. Più prese di posizione abbiamo, più osservazioni arrivano, meglio riusciamo ad affinare la riforma che proponiamo». Tra chi ha già risposto c'è per esempio l'Associazione genitori non affidatari (Agna, vedi l'edizione di lunedì 29). E c’è chi ha chiesto (e ottenuto) una proroga, come l’Ordine degli avvocati, il Consiglio della magistratura, un paio di Comuni, l’Associazione cliniche private e qualche partito. E a proposito di partiti, la ‘Regione’ ha potuto visionare le prese di posizione di Plr e Ps.
“Se la messa in atto della riforma e la scelta delle persone saranno fatte su criteri meritocratici, e le procedure risulteranno omogenee e chiare in tutto il cantone, la riorganizzazione potrà portare a un miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia nel settore”, scrive nella sua risposta alla consultazione il Partito liberale radicale. Dando, di fatto, un sostanziale via libera al progetto di riforma delle Autorità di protezione. Con alcuni puntini sulle i.
A partire dalle tempistiche: “La riorganizzazione è sicuramente urgente, perché si tratta di recuperare il tempo perduto dal 2013 almeno (quando con il nuovo diritto tutorio federale sono scattati i primi adeguamenti cantonali, ndr.) ad oggi”. Passando alle questioni tecniche, per il Plr “dovrà essere garantita l’efficienza logistica, informatica e con risorse umane adeguate nonché la sicurezza del diritto”. Ma non solo, perché c’è molto da ricostruire anche a livello di opinione pubblica: “Un obiettivo fondamentale deve essere anche quello di recuperare, se non creare, una percezione positiva delle autorità di protezione da parte della popolazione e degli utenti, che dovranno quindi godere di autorevolezza anche a livello intercantonale e internazionale (dove le decisioni potranno così essere finalmente riconosciute). La formazione specialistica e continua dei membri della Pretura di protezione dovrebbe accelerare le procedure e quindi ridurre i costi a carico delle parti, magari facendo meno capo a periti esterni (che comportano evidenti allungamenti dei tempi)”.
Sulla specializzazione delle Preture di protezione il Plr fa sentire la propria voce. Accanto al Pretore di protezione e all’aggiunto, come detto, nel collegio giudicante troveranno posto anche specialisti in psicologia, pedagogia, nel campo medico e nel sociale. Ebbene, il sostegno liberale radicale c’è ma “nella misura in cui però, a differenza della situazione nelle Arp, queste figure contribuiscano davvero a ridurre il ricorso a periti esterni. Qualche perplessità rimane e dovrà essere approfondita a livello commissionale dopo qualche anno dall’implementazione”. In breve, “non sarà mettendo le stesse persone delle Arp al posto di Pretori di protezione, specialisti o amministrativi che miracolosamente il meccanismo inizierà a funzionare”.
Ciò detto, “come ogni riforma non sarà perfetta e necessiterà di aggiustamenti, correttivi ma almeno è un passo -lento- in avanti”. E andrà vista da vicino, per il Plr, la questione degli assessement preventivi. Ad esempio: “Come, a chi farlo fare e sottoporre segnatamente per i membri specialisti delle Preture di protezione che dovranno poi passare dal parlamento? L’assessement e la nomina dovranno essere fatti anche per quella tipologia di specialisti che verrebbero impiegati solo ‘su chiamata’”. E vi sarebbe, non di meno, “una disparità di trattamento, almeno allo stadio attuale, con le nomine degli altri magistrati come Pretori civili, penali, procuratori pubblici, giudici d’appello per i quali l’assessement non è previsto (a meno che con ciò si intendano i rapporti della commissione di esperti, della commissione parlamentare ‘Giustizia e/o del Consiglio della magistratura)”, punzecchiano i liberali radicali memori di quanto accaduto con la controversa procedura di rinnovo del Ministero pubblico per il periodo 2021-2030 che ha avuto luogo negli scorsi mesi.
Condivide “la necessità" e "l’urgenza" di “questa riforma” anche il Partito socialista. Per il quale l’organizzazione vigente, incentrata sulle Arp, presenta lacune “che accrescono le situazioni di disagio dei minori e degli adulti coinvolti, come pure dei loro famigliari”. Lacune derivanti anche dalla "mancanza" nelle Arp in generale delle risorse necessarie “per poter approfondire tempestivamente le situazioni e procedere con gli accertamenti per deliberare le misure corrette”. Il Ps si dice quindi d’accordo con “la necessità e l’urgenza della riforma”, che però “deve andare di pari passo con i sostegni di competenza del Dss (il Dipartimento della sanità e della socialità, ndr.) e i servizi che TI2020 (il progetto ’Ticino 2020', ndr.) vuole potenziati per i Comuni”. L’organizzazione prospettata dal Dipartimento istituzioni “migliora l’efficacia e l’efficienza dei processi decisionali, tuttavia non affronta e non porta un miglioramento rispetto a quello che avviene prima della segnalazione alle preture di protezione e quello che può essere apportato successivamente come misura concreta di protezione e sostegno”. In ogni caso “decisioni e misure adottate dovranno mettere al centro la persona, i suoi bisogni, ma anche le risorse, sue, della famiglia e del territorio”. Per il Ps i Comuni dovranno “mantenere un ruolo attivo ". La riforma proposta “esclude completamente i Comuni, che si potranno sentire completamente deresponsabilizzati, se non per l’onere di potenziamento dei servizi sociali”, si rileva nella presa di posizione: eppure "l’attuale figura del delegato comunale rappresenta un valore aggiunto a livello di conoscenza concreta del territorio e della società civile attiva in una determinata comunità locale a cui non si può semplicemente rinunciare”. La nuova struttura "dovrà continuare a incentivare i Comuni ad avere un ruolo attivo nella definizione di possibili prestazioni di servizio e possibili misure di protezione. In particolare non rinunciando alla figura, presente nell’organico di molti Comuni, dei curatori professionisti”. Il curatore, un elemento centrale, a detta del Ps. Con il modello giudiziario, “chi si occuperà della ricerca, della gestione, della formazione, della supervisione dei curatori?". Quanto alle Preture di protezione, si auspica “una suddivisione del tribunale in una Camera per adulti e in una per minori”. E si suggerisce di affidare alle citate preture "la vigilanza sui curatori".
I socialisti ritengono poi “utile la definizione di specialisti con una formazione in un campo sufficientemente ampio: è indispensabile che questa figura disponga dell’esperienza necessaria per assumere il delicato ruolo" in seno al collegio giudicante chiamato a decidere le misure di protezione. Andrebbe comunque previsto "l’obbligo di seguire una formazione interna specifica per il ruolo. Anche la conoscenza e la vicinanza con il territorio d’intervento sono indispensabili”.