Ticino

'Clandestino-Mafie italiane', ma il documentario è una truffa

Quattro le persone coinvolte nella confezione del reportage accusate dalla Procura di Milano

28 marzo 2021
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Una truffa il documentario ''Clandestino-Mafie italiane'' su 'ndrangheta e malaffare radicato tra Como e Varese, trasmesso sul Canale 9 nel novembre 2019 e ancora disponibile on line su Dplay Plus. Un reportage in buona parte girato tra i boschi sopra Ghirla e nelle aree montane tra Luino e Maccagno, a ridosso del Canton Ticino.

Analizzando gli spezzoni del video si vede la troupe percorrere la statale 394 che porta al valico di Zenna sino alle gallerie della Valganna. Nel reportage l'autore del documentario, un noto giornalista spagnolo, incontra un esponente della 'ndrangheta che accompagna un carico di cocaina di 5 chili che dal Sudamerica arriva nei balcani, e da lì in Ticino (grazie a un accordo con la mafia albanese) e poi in Valganna per poi essere portato da corrieri, non aderenti alla criminalità organizzata, a Milano per essere tagliata e smistata sulla piazza milanese. Il 'ndranghetista che nel corso della intervista sostiene di essere latitante, nascosto in un comune a cavallo delle province di Como e Varese, dice di smistare 100 chili di cocaina: droga sull'asse Albania-Canton Ticino-Varesotto (o Comasco)-Milano. Che qualcosa nel reportage non quadrasse era che il luogo in cui nel documentario abitualmente la 'ndrangheta raffinava la cocaina importata a Milano è risultato una anonima palazzina della Barona, quartiere del capoluogo lombardo, estranea però ai radar degli investigatori antimafia.

Da quel passaggio televisivo era nata l'inchiesta della Procura di Milano, che nei giorni scorsi ha emesso un avviso di conclusione delle indagini preliminari e un'informazione di garanzia per il reato di truffa in concorso nei confronti di quattro persone (uno residente in Italia e tre in Spagna), accusate di aver venduto a una nota società di canali televisivi, al prezzo di 425mila euro, il reportage ''Clandestino – Mafie italiane''. Quattro presunti truffatori che indussero la società Discovery a ritenere che contenesse fatti realmente accaduti, filmati da reporter infiltratisi sotto copertura, rivelatisi invece, stando a quanto emerso dalle indagini, frutto di una recita ad opera di attori appositamente scritturati. Il provvedimento della Procura di Milano è stato notificato al principale indagato, Giuseppe Iannini, residente in Italia, 53enne, pregiudicato per reati di corruzione, favoreggiamento, accesso abusivo a sistema informatico e rivelazione di segreto d'ufficio. I restanti destinatari degli avvisi di chiusura delle indagini sono il 43enne giornalista spagnolo, David Beriain, e i due responsabili di una società di produzione di documentari, una donna 43enne e un 33enne, tutti residenti in Spagna.