La petizione chiede l'incremento annunciato per il Ticino ‘non abbia effetto’. Le sottoscrizioni sono state consegnata alla cancelleria federale a Berna
Sono più di 21'000 le firme raccolte in due settimane per la petizione ‘No all’aumento dei premi di cassa malati ticinesi’. Le sottoscrizioni sono state consegnate oggi alla cancelleria federale a Berna. Il testo chiede che l'ulteriore aumento annunciato il 22 settembre (+2,1%) “che grava su un Ticino già provato dalla crisi economica e sanitaria, non abbia effetto, attingendo invece alle riserve delle casse malati di circa 11 miliardi di franchi”, si legge in un comunicato odierno.
“La crisi economica e sanitaria globale provocata dal Covid-19 ha toccato il Ticino in modo particolarmente duro, con le maggiori perdite umane e conseguenze sull’economia del paese”, afferma il gruppo ‘No all'aumento dei premi’ nella nota. “Gli unici cantoni ad avere un premio medio maggiore del Ticino sono Ginevra e Basilea Città, ma da noi i salari sono i più bassi della Svizzera, con inoltre un tasso di disoccupazione tra i più elevati. L’incidenza dei costi sul reddito delle famiglie ticinesi è già ora superiore a tutti gli altri cantoni, eppure proprio il Ticino viene ulteriormente penalizzato con il maggiore aumento dei premi a livello svizzero”.
Il gruppo ‘No all'aumento dei premi‘ ricorda poi che “l’Ufficio Federale della Sanità Pubblica giustifica l’aumento con la necessità di recuperare una perdita subita sui premi degli scorsi anni, inferiori alla crescita dei costi della salute In Ticino, costi particolarmente elevati a causa dell’invecchiamento della popolazione. Ma sono soprattutto le famiglie di reddito medio-basso a subirne le conseguenze, persone che hanno oltretutto sofferto del lavoro ridotto durante la pandemia. Considerato che le casse malati hanno oltre 11 miliardi di riserve – ben oltre il limite previsto dalla legge di 5 miliardi – e che queste siano previste per rimediare a delle situazioni di crisi come quella attuale, si attinga a tali riserve per coprire i costi invece di mettere ulteriormente in ginocchio la popolazione, accentuando una situazione già precaria”.