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Visiere poco utili, meglio le mascherine. Ma non basta

Protezione facciale in plastica insufficiente. Le priorità comunque restano distanze di sicurezza e igiene. Garzoni (Moncucco): ‘Troppi dimenticano le regole’.

(archivio Ti-Press)
15 luglio 2020
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Le ‘visiere’ non bastano. Quelle protezioni di plastica che vediamo calate davanti al viso di molti – soprattutto camerieri – non sono sufficienti a rallentare il contagio da coronavirus come le normali mascherine. Lo ha detto martedì il medico cantonale grigionese Marina Jamnicki, lo ha ribadito l’Ufficio del suo omologo ticinese Giorgio Merlani: “Non vi sono evidenze scientifiche sull’efficacia di questo tipo di protezione se utilizzato da solo”. «La visiera da sola non può bastare a offrire una protezione adeguata», ribadisce Christian Garzoni, direttore sanitario della Clinica Luganese Moncucco: «In ambito clinico la si utilizza in modo da proteggere anche gli occhi, ma solo in aggiunta a una mascherina chirurgica e non da sola, in quanto il vero problema nella diffusione del virus sono anzitutto le vie aeree: certo, una visiera potrà bloccare qualche gocciolina potenzialmente contagiosa, ma non riduce sufficientemente il nostro rischio di contagiare il prossimo quanto una mascherina, che inoltre – come è stato ben documentato anche nel corso dell’epidemia – offre anche una certa protezione dal rischio di essere noi stessi contagiati»

Il presidente di Gastroticino Massimo Suter prende atto della situazione: «Ci stiamo muovendo per adeguare i piani di protezione, ma restiamo in attesa di indicazioni più precise dalle autorità cantonali e federali. Le visiere offrivano il vantaggio di un maggiore contatto visivo, permettendo ai clienti di distinguere pienamente il volto del personale». Ecco perché sono piuttosto popolari, ad esempio, anche tra chi lavora coi bambini. L'Ufficio federale di sanità pubblica ha annunciato di non prevedere nuove istruzioni specifiche, ma precisa che nell'impossibilità di mantenere il metro e mezzo di distanza si raccomanda l'uso delle mascherine, che la visiera non può sostituire.

A proposito di mascherine: ormai se ne vedono letteralmente di tutti i colori, incluse quelle lavabili che alle volte paiono bikini riciclati alla bell’e meglio. Bisogna fidarsi? «Se utilizziamo mascherine monouso certificate – spiega Garzoni – sappiamo di poter fare affidamento su un livello adeguato di protezione. Se invece indossiamo quelle lavabili in tessuto, sebbene ogni tipo di protezione sia meglio di niente, occorre fare attenzione al tipo di prodotto che scegliamo». Per aiutarci, il laboratorio federale svizzero per la scienza e la tecnologia dei materiali (Empa) ha emanato direttive per garantire il rispetto di precisi standard: permeabilità all’aria, impermeabilità alle goccioline di saliva ed efficienza nel filtrare microparticelle. Recepite dall’associazione di categoria Swiss Textiles, le norme hanno permesso una produzione in Svizzera certificata con l’etichetta ‘community mask’ dall’istituto indipendente Testex.

'Ampliare l'utilizzo'

Garzoni, intanto, insiste per un uso più generalizzato delle maschere: «Con l’Ordine dei medici abbiamo presentato al Consiglio di Stato una petizione – firmata da oltre 300 medici sul territorio – per ampliare l’utilizzo delle mascherine: non solo sui mezzi pubblici, come deciso ultimamente, ma anche negli uffici e nei negozi, ovvero in tutti i luoghi chiusi dove non è sempre possibile garantire le distanze sociali. Pensiamo a un ufficio: anche qualora le scrivanie fossero correttamente distanziate, è normale tra colleghi avvicinarsi, anche inconsciamente, per visionare documenti o scambiarsi opinioni. Lo stesso nei negozi, dove la popolazione oggettivamente non è più attenta come dovrebbe. In questo caso diventa difficile ricordare di togliere e mettere ogni volta la mascherina e il continuo toccarla va evitato: meglio indossarla sempre». Per Garzoni si tratta di fare un piccolo sforzo collettivo: «Un po’ come utilizzare la app per il tracciamento, indossare la mascherina è una di quelle cose che possiamo fare tutti: e sappiamo bene che se vogliamo evitare un secondo lockdown, con esiti disastrosi, dobbiamo impegnarci secondo il principio della massima responsabilità individuale».

Inoltre «occorre indossare e conservare correttamente la mascherina. Non bisogna toccarne la superficie con le mani sporche, bisogna fare attenzione a non confondere il lato interno con quello esterno. Non ha senso toglierla e rimetterla in continuazione, o farla scivolare sul mento ogni volta che si esce da un negozio; né tenerla appesa allo specchietto retrovisore dell’auto, col rischio che le bocchette dell’aria condizionata spargano nell’abitacolo eventuali virus»

'Nessuno si disinfetta'

Ma non basta. «Bisogna comunque ricordare che la mascherina non è la panacea: restano fondamentali e ancora più importanti l’igiene – anzitutto delle mani – e il rispetto delle distanze sociali. Rispetto che purtroppo vedo sempre meno nei luoghi pubblici: oggi sono stato a fare la spesa, e in fila alla cassa troppi dimenticavano le regole, il disinfettante all’entrata è finito e non è stato sostituito», e anche quando c’è «nessuno si disinfetta più». Inoltre, secondo il medico, troppo spesso non si riscontra «alcun controllo nelle entrate, mentre alle casse le persone sono ammassate. Così non va proprio! In questa fase – durante la quale siamo tornati fortunatamente a una vita ‘quasi’ normale – non possiamo dimenticare quanto abbiamo imparato»: «Ognuno di noi deve fare la sua parte. E lo dico senza nessun allarmismo, ma solo per buon senso e per il bene collettivo».

Un aiuto a chi è in assistenza

La questione mascherine però pone anche il problema dell’accessibilità e dei costi. Per questo, tanto il Partito comunista quanto quello socialista ne hanno sollecitato la messa a disposizione gratuita sui mezzi pubblici. Un’altra questione sul tavolo è quella delle forniture a chi rischia di non potersele permettere. Perciò la settimana scorsa il Ps, considerato anche l’obbligo d'indossarle su treni e bus, ha chiesto “di mettere a disposizione gratuitamente un numero congruo di mascherine igieniche ai beneficiari di assistenza, prestazioni complementari Avs e Ai e ai beneficiari di sussidi di cassa malati”. Questa settimana la Conferenza svizzera delle istituzioni dell’azione sociale – che fornisce linee guida a Confederazione e cantoni – ha caldeggiato ipotesi analoghe: si chiede la presa in carico pubblica dei costi aggiuntivi, o in alternativa la fornitura di quattro mascherine in tessuto certificate per ogni persona in assistenza.