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Sciopero delle donne, un anno dopo. Carobbio: 'Parità lontana'

La consigliera agli Stati socialista: 'Disparità salarale, di genere e violenza domestica ci sono ancora. E nella crisi di Covid-19 siamo state dimenticate'

La manifestazione di ieri a Bellinzona ti-press
14 giugno 2020
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«Il 14 giugno dello scorso anno è stato un momento centrale, ma non è stato il punto di arrivo. Le donne ci sono, vogliono piena rappresentanza a livello economico, sociale e anche nei media. E per questo lancio due appelli: alla politica di tenere in considerazione le rivendicazioni delle donne, e alle donne di farsi avanti e far sentire forte la propria voce». È un anniversario di lotta per la consigliera agli Stati socialista Marina Carobbio quello celebrato oggi, a un anno appunto dallo sciopero internazionale delle donne del 14 giugno scorso. Protagonista un anno fa come Presidente del Consiglio nazionale, Carobbio anche oggi ha partecipato all’evento organizzato a Bellinzona dalle rete 'Nate il14 giugno'.

Cosa è successo in questo anno? Dopo aver riempito le piazze di tutto il mondo che bilancio si può fare di questa battaglia per la parità? A che punto siamo?

Un anno dopo siamo al punto che molte delle rivendicazioni che erano centrali per lo sciopero dello scorso anno rimangono, purtroppo, ancora di attualità oggi. Il tema della disparità salariale non è stato affatto risolto, ad esempio, nonostante siano stati fatti dei passi in avanti nell’ambito della legge sulla parità. E le donne sono ancora quelle che si fanno a carico maggiormente del lavoro di cura, spesso non retribuito. Senza dimenticare il tema della violenza domestica, famigliare e di genere. Il dato positivo è che lo sciopero delle donne del giugno scorso ha portato a livello istituzionale molte più donne elette. Parlo del Consiglio nazionale, del Consiglio degli Stati che prima delle ultime Federali non aveva mai avuto così tante donne, e anche di alcune elezioni cantonali che hanno visto aumentare il numero delle donne elette.

L’attenzione, anche mediatica, per lo sciopero dell’anno scorso si è tradotta secondo lei in una maggior sensibilità da parte della popolazione?

C’è sicuramente piu attenzione soprattutto nelle giovani generazioni, anche guardando le liste elettorali è aumentata la partecipazione con molte donne giovani che sono state elette. E tutta questa voglia di farsi sentire l’abbiamo vista anche nelle piccole, ma numerose e significative, manifestazioni di oggi e dei giorni scorsi. Ma è altrettanto vero che l’attenzione mediatica sui temi delle donne è andata scemando, ci si è dimenticati delle rivendicazioni e se pensiamo a come è stata tematizzata la crisi della pandemia possiamo dire che le donne sono state dimenticate. E le spiego perché.

Prego.

La premessa è che le donne hanno svolto un ruolo importante in questa pandemia: sia perché spesso lavoratrici al fronte nel settore sanitario, dei servizi, della vendita al dettaglio, o della pulizia e delle cure; sia perché a casa hanno dovuto sobbarcarsi una larga fetta del lavoro domestico, oltre all’home working. Ecco, nonostante questo, a mio avviso le donne sono state dimenticate, non sono state invitate a partecipare laddove si prendono le decisioni, sia a livello federale sia a livello cantonale: nelle varie task-force erano presenti ben poche donne. E, mi dispiace, anche nei media quando sono state intervistate persone in qualità di esperti erano pochissime le donne chiamate a dare il loro parere.

E il timore non si attenua se si pensa alla crisi che abbiamo davanti.

Per niente, anzi. A livello economico e sociale le donne saranno le prime a pagare il prezzo della crisi: tra lavoro precario o a tempo parziale e disoccupazione sappiamo che saranno quelle che ci rimetteranno di più.

Insomma, è anche per questo che lo slogan scelto quest’anno è ‘Salario. Tempo. Rispetto’?

Sì, perché proprio questa crisi ha mostrato come i problemi che denunciamo e le disparità che lamentiamo rimangano d’attualità e non bisogna abbassare la guardia. Lo sciopero del 14 giugno scorso è stato un punto importantissimo e riconosciuto da tutti. Ma se ci si ferma le conseguenze saranno amare per la società tutta, anche per gli uomini. Su questo bisogna ancora lavorare e farsi sentire.

Si immagini al 14 giugno 2021. Cosa vorrebbe poter dire che è stato ottenuto in questo anno?

Il mio sogno è che si arrivi veramente a una società paritaria, dove donne e uomini partecipano pienamente ed equamente alle decisioni. Quello che spero è che d’ora in avanti nell’elaborazione delle misure per affrontare la crisi economica e sociale portata dalla pandemia sia data voce anche alle richieste delle donne, che possano dire la loro. Così facendo sarà più vicino l’obiettivo di una società più giusta, con meno discriminazioni.