Christian Garzoni spiega l'appello ai ticinesi di portare sempre la protezione: 'Efficace per evitare i contagi quando aumento i contatti sociali'
Ticinesi, indossate le mascherine nei luoghi chiusi! È l'accorato appello lanciato nel tardo pomeriggio da 24 medici in prima linea contro il Covid-19, tra cui anche il medico cantonale Giorgio Merlani. Un appello dettato «dal desiderio che l’attuale situazione positiva rimanga tale», ci spiega il dottor Christian Garzoni, direttore sanitario della Clinica Moncucco e primo firmatario della lettera assieme al presidente dell’Ordine cantonale dei medici Franco Denti e al vice capo area medica dell’Ente ospedaliero cantonale Mattia Lepori. «Lo andiamo dicendo dall’inizio degli allentamenti e ora questa posizione si è cristallizzata in questo appello».
La situazione pandemica odierna in Ticino «è molto positiva, con un numero di nuove infezioni giornaliere tra 0 e 5. Sappiamo però che ve ne sono altrettante che sfuggono al controllo perché non presentano sintomi. Bisogna quindi fare in modo di ridurre al massimo la possibilità che queste persone, inconsapevolmente, diffondano il virus – commenta Garzoni –. Dalla letteratura sappiamo infatti che fino al 70% dei malati ha contratto il Covid-19 da un asintomatico. La mascherina in questo senso è semplice da usare, non ha effetti collaterali, costa poco e aiuta a tenere i numeri dei contagi bassi. In altre parole: è efficace».
Si tratta quindi «di essere pragmatici». I 24 medici raccomandano per questo di "indossare sempre la mascherina protettiva certificata (quella chirurgica per intenderci, ndr.) ogni volta che non può essere garantita la distanza sociale" come ad esempio "quando ci si reca nei grandi magazzini, nei negozi, sui mezzi pubblici" e, in generale "quando si interagisce con altre persone in uno spazio chiuso". E questo anche quando le distanze minime sarebbero teoricamente garantite: «A volte ci si avvicina inconsciamente agli altri. Sul posto di lavoro, ad esempio, le scrivanie sono sicuramente più distanti di due metri, ma i colleghi si spostano, si avvicinano, ci parlano». Sui trasporti pubblici, poi, «si ha un bel dire di mantenere il 'social distancing'...». Anche i quindici minuti prima di poter considerare un contatto come "a rischio" sono puramente indicativi nella realtà: «Si tratta di una valutazione statistica del rischio: più il contatto è prolungato, più probabilità ci sono di essere contagiati, ma se una persona infetta starnuta nella giusta direzione, bastano poche decine di secondi per essere contagiati».
La strategia proposta dai 24 medici sarà tuttavia efficace solo se verrà applicata in modo estensivo: le mascherine non proteggono infatti chi la porta, ma chi gli sta attorno. «È necessario quindi che tutti le indossino per proteggersi a vicenda», ricorda Garzoni, cui chiediamo anche quando la protezione andrebbe cambiata, visto che sulla questione si è cambiato spesso idea: «Deve essere sostituita quando si rompe oppure quando è contaminata – precisa lo specialista in malattie infettive –. In teoria è certificata fino a 4 ore, ma abbiamo visto tassi di trasmissione tra personale curante e pazienti estremamente bassi anche dopo 8 ore di impiego in reparti Covid, dove il virus circola sicuramente in quantità. Ciò significa che nella vita quotidiana, quando cioè vi è una bassissima probabilità di essere confrontati con un malato, la si può utilizzare anche per più giorni senza troppi rischi».
In piena pandemia, tuttavia, l’uso della protezione per naso e bocca era stato più volte pubblicamente giudicato come utile, ma non fondamentale. Ora sembra si sia cambiato idea... «Ad essere cambiata non è l'idea, ma piuttosto la situazione», risponde il direttore sanitario della Moncucco. Insomma: durante 'il lockdown' «si era invitati a stare a casa». Ciò voleva dire che le occasioni di interazione sociale prolungate erano e dovevano essere scarse. «È inutile portare la mascherina se non c'è nessuno in giro (peraltro lo è anche quando si è soli in auto). Adesso la gente torna a incontrarsi e quindi il rischio aumenta di conseguenza. Anche i negozi e i luoghi pubblici, da scarsamente frequentati, sono decisamente più pieni». Inutile invece usare i guanti: «Non ha senso: la superficie del guanto si può contaminare tanto quanto la pelle e, una volta portati al viso, l'effetto è lo stesso».
A preoccupare l'esperto di malattie infettive allo stato attuale sono in particolare i mezzi pubblici e gli uffici e in generale gli assembramenti. Nel secondo caso anche perché «vi è il dubbio che i sistemi di ventilazione, muovendo grosse masse d'aria, possano annullare le distanze sociali e i classici '2 metri ritenuti sicuri'». Indi: è utile portare una protezione per naso e bocca. Così come sarebbe utile portarla negli eventi pubblici fino a 300 persone che saranno autorizzati a partire dal 6 giugno. Anche se su questo Garzoni non si fa troppe illusioni: «Non mi immagino che siano ampiamente impiegate in discoteca..., ad esempio».
Occhio anche agli assembramenti: «Sconsigliamo di riunire decine di amici alla volta: il buon senso imporrebbe che ci si incontri in piccoli gruppi anche se il limite sarà presto di 30». Magari con le relative mascherine e, comunque, ricordandosi la corretta igiene delle mani.