L'avventura del luganese Nicolò Mariani che in piena emergenza ha raggiunto la compagna Andrea incinta sull'isola. Amori transfrontalieri a prova di pazienza
La pandemia ha colto Nicolò e Andrea di sorpresa, mandando all’aria tutti i loro piani, lui a Cadro, lei sola in Sardegna e un figlio in arrivo. Una coppia non sposata che ha mosso mari e monti per potersi riunire, vivere insieme gli ultimi mesi di gravidanza, sfidando frontiere chiuse e quarantene. Alla fine ha vinto la tenacia del loro amore. “La mia compagna è partita dal Ticino a fine febbraio, l’avrei raggiunta poco dopo, ma poi è arrivato il Codiv-19, i contagi salivano e hanno chiuso le frontiere”, racconta Nicolò Mariani (28 anni), in arte Nic Gyalson. Il musicista ticinese, preoccupato per la compagna, contatta le autorità elvetiche in Ticino e a Berna per trovare una soluzione: “Ho trovato solo porte chiuse, mi dicevano che la situazione era complicata e non c’era un motivo valido per far venire la futura madre di mio figlio in Svizzera, eppure ogni giorno entravano molti frontalieri”, precisa. Il ticinese si mette il cuore in pace: Andrea non può entrare in Svizzera. Ma c’è un’altra strada: Nicolò cambia strategia e prova ad andare in Sardegna, pur sapendo che l’isola è totalmente isolata. “Ho acquistato il biglietto per il traghetto e ho riempito un modulo online delle autorità sarde spiegando che volevo raggiungere la mia compagna incinta che necessitava di aiuto. Non mi aspettavo una risposta. Ero frustrato, mi sentivo impotente e in ansia per lei”, dice. Poi arriva la svolta: “Due giorni prima di partire mi è arrivato il permesso speciale dalla regione Sardegna, ci considerava una situazione eccezionale”. Il 5 maggio, Nicolò si mette in viaggio. “Al confine a Chiasso mi hanno lasciato entrare in Italia, attraversando la Lombardia, mi sembrava di viaggiare nella terra di nessuno. Genova così non l’avevo mai vista: sembrava una città militarizzata. Ho superato i controlli sanitari e mi sono imbarcato, eravamo in pochi sul traghetto, ma tutti erano tranquilli”. Controlli sanitari anche allo sbarco e poi la quarantena. Il ticinese da qualche giorno può muoversi liberamente. “In Svizzera le istituzioni non ci hanno aiutato mentre le autorità della Sardegna hanno dimostrato una grande umanità. Hanno permesso l’unione familiare per una coppia che non esiste formalmente, ma c’è nei nostri cuori. Ora posso sostenere Andrea, presto saremo una famiglia”.
La storia a lieto fine di Nicolò e Andrea è l’eccezione in una marea di separazioni imposte dalla pandemia a centinaia di amori transfrontalieri, coppie che stanno insieme, ma non sotto lo stesso tetto. Dalla sera alla mattina, tutto è cambiato: pochi chilometri di distanza, se in mezzo c’è una frontiera chiusa, sono diventati migliaia di chilometri. A centinaia dal Ticino aspettano di riabbracciare un partner, un genitore, un figlio, un parente che è dall’altra parte della frontiera. L’attesa forse finirà il 3 giugno quando l’Italia dovrebbe riaprire le frontiere. Michela Godenzi è italiana, vive e lavora come terapista nel Locarnese e non vede i suoi genitori da mesi, suo padre sta a Parma ed è ammalato. “Se vado in Italia devo fare la quarantena, anche se mi sposto dal mio domicilio a quello di mio padre, senza mai scendere dall’auto”, spiega Michela, che con Marcella Gusmaroli, ha fondato il gruppo FB ‘Coppie Italia-Svizzera... e non solo’, che conta oggi oltre mille persone (soprattutto coppie) separate dalla pandemia. Le frontiere elvetiche sono aperte per coppie sposate, per chi ha permesso di residenza e di lavoro. Per le coppie transfrontaliere, anche con figli, l’ostacolo è la quarantena imposta. “Si lavora per mantenere i figli, ma ti impongono una quarantena per vederli, se sono oltre la frontiera. Fino a fine aprile non ci siamo mossi, c’era l’emergenza sanitaria e le autorità erano impegnate a gestirla. Ora è importante capire come si comporterà la Svizzera dal 3 giugno e come vengono considerate le coppie non sposate divise da una frontiera. Ci basta poter abbracciare i nostri cari e partner, non siamo turisti della spesa e non ci interessa andare in spiaggia o a fare shopping”, conclude.
Ma il problema non riguarda solo l’Italia, ci sono pendolari dell’amore anche tra Svizzera e Germania come Sophie (48 anni) e Thomas. Lei è svizzera, maestra alle scuole elementari e risiede del canton Vallese, lui è tedesco e vive tra Germania e Svizzera. Una coppia consolidata, che dura da tanti anni. La pandemia li ha colti di sorpresa, non si vedono dall’inizio di marzo, da quando le frontiere si sono chiuse. “Quando ho saputo che chiudevano i confini, erano le 19 di sera, sarebbe successo la mattina successiva. Abbiamo deciso che avremmo affrontato la pandemia separati. Thomas non ha la copertura assicurativa sanitaria in Svizzera e soffre d’asma. È più a rischio di altri, per lui è stato meglio rimanere in Germania”. La coppia aveva appena traslocato in uno chalet nel canton Vallese. “Ho vissuto il Covid-19 da sola, in una casa nuova, ma con tante video chiamate ad amici de ogni sera c’era il rituale della buona notte con Thomas via Face Time. Si impara a vivere giorno per giorno. Penso che la separazione è una buona palestra per una coppia, ci siamo confrontati a distanza, abbiamo imparato a gestire la situazione, siamo cresciuti”, commenta Sophie. La scuola ha ripreso e Sophie è molto impegnata. “Si impara a vivere giorno per giorno. Aspettiamo che le frontiere riaprano del tutto, presto ci rivedremo e sono contenta”, conclude.