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Sembra un infarto ma è il Covid-19 che può colpire il cuore

Non solo problemi respiratori, ma anche cardiaci per alcuni. Il cardiologo Pedrazzini: 'Seguiremo i guariti per capire se i danni cardiaci sono permanenti'

(foto keystone)
1 aprile 2020
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Assomiglia ad un infarto, ma non lo è. Dietro le quinte c’è sempre il coronavirus che attacca principalmente i polmoni, ma in alcuni casi anche il cuore, provocando una miocardite, un’infiammazione del muscolo cardiaco, di regola associata a infezioni virali o malattie autoimmuni. Emblematico un caso italiano, riportato dalla rivista Jama Cardiology. La paziente, una donna cinquantenne, viene ricoverata all’ospedale Civili di Brescia, lamenta un grave affaticamento, tosse, dolore toracico e qualche linea di febbre. Gli esami escludono l’infarto. Dopo vari test, la diagnosi è miocardite acuta. La paziente è positiva al Covid-19 e non ha fatto nessuna polmonite. Il colpevole dei suoi guai cardiaci sembra proprio essere il coronavirus. Anche il New York Times riporta casi simili negli Usa, ad esempio un 64enne di Brooklyn giunto al pronto soccorso con un grave infarto, ma sorprendentemente con le coronarie libere. La diagnosi, anche in questo caso, è miocardite, forse procurata dal coronavirus.  "Pensavamo che con questo virus il problema fossero i polmoni - ha riferito John Rumsfeld, dell'American College of Cardiology. "Adesso all'improvviso ci siamo resi conto che il virus potrebbe avere un impatto diretto sul cuore".

Pedrazzini, 'Sì, il Covid-19 può avere un impatto sul cuore' 

Casi isolati o il coronavirus può avere un impatto diretto sul cuore? La risposta del professor Giovanni Pedrazzini è affermativa. “Sì, il coronavirus può avere un impatto sul cuore, ma penso sia una manifestazione di accompagnamento. L’abbiamo osservata, in un recente studio, anche per l’influenza. Forse il Covid-19 ha un impatto più rilevante sul cuore, ma non sappiamo ancora quanto“, ci spiega il coprimario di cardiologia al Cardiocentro di Lugano e Professore di ruolo all’Università della Svizzera italiana. Al Cardiocentro di Lugano, l'intero secondo piano (12-14 letti acuti tra cure intense e continue) è dedicato a pazienti che soffrono di patologie cardiache e sono positivi al Covid-19. 

Vediamo di capire meglio che cosa succede. “Sia a Wuhan sia in Italia, è stato osservato che in alcuni pazienti c'è un aumento dei parametri cardiaci, della troponina altamente sensibile: è un marcatore che indica un danno miocardico, lo usiamo per scovare un problema coronarico acuto, ma può alzarsi anche per una lieve infiammazione al cuore, una crisi ipertensiva o un problema cardiaco di altra natura. Anche nei pazienti ticinesi riscontriamo che può esserci un aumento, da lieve a moderato, di questi enzimi cardiaci. La domanda che ci poniamo è che cosa significa ciò”.

La difesa del corpo può essere più dannosa del virus 

Una domanda in cerca di una risposta, ma c’è già una buona pista. “Ci aiuta a capire che cosa succede uno studio che il Cardiocentro ha fatto lo scorso anno, ora in fase di stesura, in collaborazione con l’Eoc. Su pazienti con l’influenza abbiamo osservato moderati aumenti di questi enzimi cardiaci”, spiega il medico. Tradotto in termini semplici ciò significa che “sia l’influenza, sia il coronavirus, colpiscono principalmente un organo bersaglio, ma possono fare danni a più livelli, anche al cuore. Ci sono dei casi sporadici di miocarditi fulminanti”. Quando l’influenza mette ko il cuore. “Il corpo scatena una reazione immunitaria molto violenta contro il virus tale da compromettere il cuore. Pensiamo che anche per il coronavirus la reazione di difesa del corpo può risultare più dannosa del virus stesso”.   

Il nuovo studio sui guariti, per capire se avranno problemi cardiaci

Riassumendo, di regola, l’organo principalmente colpito è il polmone, ma non è il solo perché le infezioni virali delle vie respiratorie possono dare anche complicanze cardiache. È ancora tutto da capire, se questi danni cardiaci di accompagnamento saranno poi permanenti o meno. Al riguardo c’è una novità: “Dovrebbe partire uno studio svizzero multicentrico per seguire il decorso a lungo termine dei pazienti che superano il Covid-19 e capire se ci sono dei danni cardiaci che persistono a medio o lungo termine”, precisa il professor Pedrazzini.  

Chi ha avuto problemi di cuore ha una prognosi peggiore

Per i cardiologi, una questione sembra chiara e assodata in base all’esperienza fatta dai colleghi sia a Wuhan sia in Italia: “Sappiamo che i pazienti con patologie cardiache hanno una mortalità più alta. Lo stiamo vedendo anche in Ticino, i pazienti con alle spalle storie cliniche cardiache (problemi alle coronarie o al muscolo cardiaco) hanno purtroppo una prognosi peggiore degli altri”. In Cina, c’era la mortalità del 10-12% in pazienti con problematiche cardiache, in Italia ancora più alta. Il perché è tutto da analizzare. “È difficile capire se si tratta di un’infezione miocarditica di accompagnamento, oppure se si tratta di una ipossia (mancanza di ossigeno al cuore) indotta dalla polmonite. Probabilmente ci sono entrambe le componenti”, conclude il cardiologo.