Ticino

‘Salari minimi? Sì, se rispettati da tutti’

Nicole Burth, Ceo del Gruppo Adecco Svizzera, non è contraria a soglie legali. ‘Devono però evitare una concorrenza sleale nei confronti delle società interinali’

La sede di Adecco a Zurigo
31 ottobre 2019
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Legge sulle commesse pubbliche e salario minimo legale. Sono due temi della politica cantonale che interessano da vicino anche le società di reclutamento temporaneo a livello nazionale. «Non siamo contrari all’introduzione di un salario minimo in Ticino per i settori scoperti dai contratti collettivi», afferma Nicole Burth, Ceo del Gruppo Adecco Svizzera da noi interpellata. «A patto – continua – che l’importo deciso sia rispettato da tutti e sia sufficientemente alto da evitare una concorrenza sleale nei confronti delle società interinali», aggiunge Burth. Ricordiamo che nel settore interinale è in vigore un Ccl nazionale che prevede per il Ticino un minimo salariale di 16,79 l’ora (a cui si aggiungono vacanze e tredicesima pro-rata) per il personale non qualificato. Per i lavoratori qualificati si parte invece da 22 franchi l’ora.

Anche la Legge sulle commesse pubbliche ticinese – ora sub judice al Tribunale federale su ricorso dell’associazione di categoria Swissstaffing – ha un aspetto che non piace alle società interinali. «Una cosa è il limite (fino al 20%, ndr) all’assunzione di interinali nell’edilizia principale previsto dal Ccl cantonale e un’altra il divieto praticamente totale previsto dalla Legge sulle commesse pubbliche». «Questo è un problema per il nostro settore ma anche per tutti i fornitori di prestazioni del settore pubblico. Impedisce la necessaria flessibilità per far fronte a una commessa pubblica», aggiunge Burth.

In realtà con queste  limitazioni si intende attivare il mercato del lavoro locale e gli iscritti alle liste di disoccupazione. Non è d’accordo?
Anche noi, come aziende interinali, contribuiamo a collocare personale disoccupato. Siamo una delle porte di entrata verso il mercato del lavoro. Ricordo che la percentuale di lavoratori interinali è del 2%. La crescita del nostro settore in questi anni non è arrivata dai frontalieri e dal personale interinale con qualifiche basse, ma da quello molto formato. Rispetto a 10 anni fa i nostri risultati a livello nazionale sono raddoppiati. In Ticino invece abbiamo conosciuto un trend contrario.

La percezione nella società è però di un aumento del precariato.
Sta cambiando il modo di produrre e di offrire servizi in tutto il mondo. L’affermarsi della ‘Gig economy’ con la digitalizzazione crea problemi sociali. Prendiamo il caso di Uber che è alle prese con cause per riconoscere ai suoi autisti lo status di dipendenti e quindi versare – giustamente – i contributi sociali e pensionistici. Collaborare con un’agenzia interinale può aiutare a rendere queste nuove professioni compliant dal punto di vista contributivo. In diversi Paesi, per esempio, Adecco già collabora con Uber in questo senso. In Svizzera non ancora. Anche le grandi imprese dell’IT e del Pharma stanno cambiando paradigma e assumono il personale attraverso società temporanee specializzate. Ma attenzione, non nelle funzioni di routine, ma in quelle altamente qualificate e ben remunerate. Facendolo con aziende interinali sanno che tutti gli obblighi contributivi sono pagati correttamente. È proprio in questi ambiti che siamo cresciuti molto negli ultimi anni.

Si parla però di posizioni molto qualificate. Come fare con gli altri lavoratori?
La risposta sta nella formazione. La digitalizzazione dell’economia sta avvenendo ora e non è qualcosa che accadrà nel futuro. Investire quindi nella riqualifica personale conviene. Nel settore interinale questo è possibile e in alcuni casi funziona meglio di aziende con solo personale fisso che spesso si concentrano su processi specifici e che servono alle stesse aziende e non alle persone. Abbiamo un fondo per la formazione permanente. E le persone iscritte possono attingere a questo fondo quando non lavorano per riqualificarsi. C’è ancora un’ampia fetta della popolazione svizzera che non ha una formazione ricercata sul mercato del lavoro digitalizzato di oggi. Viviamo dunque un grande ‘mismatch’ tra competenze ricercate e quelle disponibili.

 

‘La sfida è quella di coniugare sicurezza sociale e flessibilità’
Il mondo del lavoro è in pieno rivolgimento. Produzione, commercio e consumo sono rivoluzionati da nuove tecnologie e dalla globalizzazione dei mercati, con forti ripercussioni sul mercato del lavoro. Da un lato, la velocità dei cambiamenti è una sfida impegnativa per i lavoratori e non di rado l’automazione, la mutazione dei profili professionali o il fallimento di un datore di lavoro comportano la perdita di impieghi ed esigono un riorientamento.
Dall’altro, l’economia legata a internet crea una mentalità che punta sul consumo immediato, individuale e a buon mercato. Un numero crescente di persone traferisce queste esigenze nella vita professionale. «Le forme del lavoro flessibile diventano quindi uno strumento per prendere in mano il proprio futuro professionale, in qualità di freelance, di lavoratore temporaneo o, in fasi transitorie, di cercatore d’impiego», afferma Nicole Burth. Le domande che si pongono la società e i politici è se i lavoratori flessibili – in particolare gli indipendenti – godano di una protezione sociale sufficiente. E se un costante calo del numero di lavoratori mette a repentaglio la base di contributi per il finanziamento dei sistemi di sicurezza sociale in Svizzera.
«Il prestito di personale è una delle forme di lavoro che unisce i due aspetti: libertà lavorativa e sicurezza sociale», continua ancora la Ceo del Gruppo Adecco Svizzera. Stando a una recente ricerca di Swissstaffing svolta in tutta la Svizzera, in collaborazione con l’istituto gfs di Zurigo, circa la metà degli interpellati ha optato per il lavoro flessibile perché si adegua bene alla propria situazione di vita. È quindi una libera scelta, soprattutto per i lavoratori più giovani che vedono l’esperienza interinale come un’importante base verso l’obiettivo di un’occupazione fissa e a lungo termine.
Il lavoro flessibile rappresenta per molti una breve fase della vita professionale. Dopo tre anni, quattro lavoratori temporanei su cinque hanno già lasciato questa forma occupazionale. «Il lavoro temporaneo previene le lacune contributive a livello di assicurazioni sociali e non richiede di rinunciare alla protezione sociale», conclude Nicole Burth.