Ultimi 15 anni: 'Al 2 ottobre 386 non luoghi a procedere, 81 decreti di abbandono, 4 atti d'accusa, 42 decreti d'accusa'. L'Esecutivo risponde a Quadranti
Negli ultimi quindici anni, dal Ministero pubblico sono stati aperti “462 incarti contro agenti di polizia (sia della Cantonale che delle singole Comunali)”. In questi incarti “vi sono 799 agenti coinvolti in veste di imputati”. Degli incarti “chiusi in data 2 ottobre 2019”, aggiunge il Consiglio di Stato, “la maggior parte hanno portato all’assoluzione degli agenti coinvolti, con l’emissione di 386 non luoghi a procedere e 81 decreti di abbandono, mentre unicamente 4 sono sfociati in atti di accusa, 4 in decreti d’accusa correzionali e 38 in decreti d’accusa”.
Eccoli i dati, perlomeno quelli che si è riusciti a reperire, chiesti al governo dal deputato liberale radicale Matteo Quadranti, con un’interrogazione inoltrata il 14 agosto. La risposta dell’Esecutivo è dell’altro ieri. Una risposta celere, giunta praticamente nei tempi stabiliti dalla Legge sul Gran Consiglio e sui rapporti con il Consiglio di Stato (articolo 98: alle interrogazioni il governo “risponde per iscritto entro 60 giorni”). Cosa rara. Ma stavolta l’importanza del tema sollevato dall’atto parlamentare, intitolato “Aumento di reati da parte di agenti di polizia? Quali misure?”, necessitava di una rapida presa di posizione anche per evitare speculazioni e generalizzazioni. Ebbene, dai dati statistici citati, “messi a disposizione dal Ministero pubblico”, scrive il Consiglio di Stato, “emerge chiaramente che, per rapporto al numero complessivo di agenti e dei loro interventi, i casi che hanno portato a delle procedure penali rappresentano una percentuale infinitesimale e che di queste ultime la grande maggioranza si è conclusa con l’assoluzione degli agenti coinvolti”.
Il governo indica il numero dei procedimenti penali, avviati e chiusi, a carico di poliziotti, ma non la tipologia dei reati ipotizzati nei confronti delle divise. Raccogliere i dati sollecitati da Quadranti non è stata tuttavia un’impresa facile, puntualizza l’Esecutivo. Il Ministero pubblico, annota il Consiglio di Stato, “non dispone di uno strumento di lavoro orientato alla ricerca statistica e, quindi, dopo numerose ore di lavoro, ha potuto fornire delle informazioni quanto più possibile complete, ma per le quali non può essere garantita la correttezza al cento per cento. Si ritiene comunque che i dati siano sufficientemente accurati e numericamente rappresentativi per fornire le necessarie risposte” al deputato. Detto ciò e tornando alle cifre, “non appare eresia affermare che la quasi totalità degli agenti svolge il proprio lavoro nel rispetto delle regole, siano esse leggi, regolamenti o norme dettate dal Codice deontologico, quest’ultimo adottato da tutti i corpi di polizia del cantone”, sottolinea il governo. Un cantone in cui operano, fra Polizia cantonale e corpi comunali, diverse centinaia di agenti: uomini e donne.
Quadranti aveva presentato l’atto parlamentare intorno alla metà di agosto, un periodo contrassegnato da alcuni fatti che avevano per protagonisti appartenenti alle forze dell’ordine: l’agente della Polcantonale finito sotto inchiesta per aver sottratto armi sequestrate nell’ambito di procedimenti penali, il già vicecomandante della Comunale di Collina d’Oro a processo per favoreggiamento, violazione del segreto d’ufficio e infrazione delle norme sulla circolazione stradale, i tre gendarmi raggiunti da decreto d’accusa per sequestro di persona e abuso di autorità per l’ammanettamento al palo della doccia di un turbolento richiedente l’asilo minorenne (un capitolo dell’indagine su Argo 1). Fatti, tiene a precisare il Consiglio di Stato, che “non sono avvenuti assieme e, in alcuni casi, nemmeno di recente: sono piuttosto stati i (diversi) tempi di evasione delle procedure ad aver fatto sì che le decisioni fossero emesse a breve distanza l’una dall’altra, ciò che potrebbe aver effettivamente generato nel deputato l’impressione di un importante aumento dei casi”.
Il governo se da un lato conferma “la piena fiducia nei collaboratori delle forze di polizia”, dall’altro ribadisce di attendersi da loro un comportamento “che non solo sia rispettoso delle regole, ma finanche ineccepibile, sia durante che fuori dal servizio” e “che rispecchi i valori e i principi condivisi dalla società”. Consiglio di Stato, Comando della Polizia cantonale e Direzione del Centro di formazione di Polizia del V° circondario “hanno e continueranno ad avere un particolare riguardo per la tematica, che è oggetto di numerose ore di lezione, sia durante la formazione di base che quella continua”. Questo perché “l’etica, la deontologia e il rispetto delle normative vigenti sono e saranno dei pilastri portanti della formazione degli appartenenti alle forze di polizia del cantone”.