Le onde millimetriche che si vorrebbero impiegare penetrano meno nel corpo. I problemi potrebbero presentarsi sulla pelle. E dal punto di vista oncologico...
Si trova tutto e il contrario di tutto, sui rischi per la salute dei vari gadget senza fili che ormai ci accompagnano da mattina a sera, che sia il Wi-Fi in salotto o il cellulare sul comodino, fino alla nuova antenna 5G a due passi da casa. Siamo immersi costantemente in campi elettromagnetici. Ci farà bene? Dobbiamo difenderci senza diventare paranoici? Che cosa sappiamo sul 5G?
Una risposta ci viene dall’Istituto IT’IS di Zurigo dove una cinquantina di ricercatori studia da anni l’impatto delle tecnologie informatiche sulla biologia umana. Abbiamo intervistato il vicepresidente della Fondazione IT’IS, l’ingegnere Quirino Balzano.
L’esperto ci spiega nell’intervista che la principale differenza del passaggio da 4G a 5G per il corpo umano è di assorbimento. Le onde a frequenze più basse, quelle delle prime generazioni (fino al 4G e oggi usate anche per il 5G) penetrano nel tessuto umano fino a un centimetro e mezzo e causano un riscaldamento degli organi più interni. Le future onde millimetriche del 5G invece penetreranno solo a livello della pelle. Quale effetto avrà sull’epidermide è tutto da studiare. L’istituto affiliato al Politecnico federale (Eth) di Zurigo è coinvolto nello studio voluto dalla Confederazione sui rischi per la salute del 5G.
Il prof. Balzano, docente all’Università del Maryland a Washington, si occupa da 40 anni di studi sull’impatto dell’energia elettromagnetica sulla biologia umana (ha diretto i laboratori di ricerca in Florida di Motorola che ha lasciato nel 2001).
La ricerca ha appurato gli effetti termici di cellulari e Wi-Fi. Il principale effetto biologico dell’assorbimento delle onde elettromagnetiche nel corpo umano è il riscaldamento. Una cosa è certa, un eccessivo riscaldamento dei tessuti non fa bene. Lo sanno tutti, che con la febbre si sta male.
Il problema è il riscaldamento eccessivo. Il nostro corpo sa regolare piccole variazioni di temperatura dentro una certa fascia, senza avere problemi per la salute. Bisogna fare in modo che l’esposizione elettromagnetica non faccia aumentare oltre certi limiti la temperatura del corpo. Per questo motivo sono stati fissati limiti all’esposizione e istruzioni di uso per il telefonino. Sono norme definite da commissioni di esperti internazionali, se applicate in modo corretto la temperatura del corpo non dovrebbe crescere oltre un grado centigrado.
Qualunque telefonino che viene messo in commercio passa vari test, per sperimentare che non esponga le persone oltre i valori limite. Nel nostro laboratorio di Zurigo facciamo anche questo lavoro, misuriamo come, dove e quanto penetrano le onde nel corpo umano e quali sono gli effetti per la salute.
Con il 5G cambia la frequenza. Le onde elettromagnetiche vanno da 0 fino a frequenze dei raggi X e di quelli cosmici. Se cambia la frequenza, cambia anche la lunghezza dell’onda. Fino ad ora, i telefonini hanno usato frequenze sotto i 6 GHz. Ora la gente vuole più dati, più divertimento e per trasmettere più informazioni bisogna salire di frequenza. È come passare dal carretto al Tir.
Le onde a frequenze più basse, quelle delle prime generazioni (fino al 4G), penetrano meglio nel tessuto umano, entrano fino a un centimetro e mezzo e causano un riscaldamento degli organi più interni. Il 5G invece penetra solo a livello della pelle, entra per un paio di millimetri.
Sono stati fatti esperimenti, ma va tutto approfondito. Il problema è che non c’è una pelle sola, quella del volto è diversa da quella dei piedi, ci sono pelli vecchie, pelli giovani, pelli ammalate. Siamo agli inizi, bisognerà fare esperimenti, con l’aiuto dei dermatologi, anche su casi estremi, arruolando dei volontari per capire se c’è un effetto negativo causato dal riscaldamento della pelle. Ci vorrà tempo. Un aumento di un grado centigrado di temperatura non dovrebbe causare problemi. Ma è da verificare.
Nelle tecnologie precedenti le antenne erano piuttosto grandi, la dimensione dell’antenna dipende dalla lunghezza d’onda del campo elettromagnetico. Le antenne del telefonino sono omnidirezionali, innaffiano energia ovunque per arrivare alla stazione di base e realizzare la comunicazione. Aumentando la frequenza, nel telefonino si possono impiegare delle antenne più direttive, che possono inviare il fascio di energia in determinate direzioni. Ciò farà diminuire l’esposizione, perché l’energia sarà convogliata in modo più mirato, invece di entrare nel corpo dell’utente. L’energia dovrebbe servire per la comunicazione, non per entrare nel corpo umano. In realtà si sta migliorando, ma tutte le volte che si va verso qualcosa di nuovo, c’è molta apprensione.
«Tenere lontano il laptop dal corpo se state navigando. Attivare il Wi-Fi solo quando lo si usa e mettere l’access point a un metro di distanza da dove si dorme. Per ridurre il carico di radiazioni alla testa, fare telefonate brevi con il cellulare o preferire sms o usare auricolari o un dispositivo vivavoce senza filo con trasmettitore Bluetooth a bassa classe di potenza». E la lista delle raccomandazioni dell’Ufficio federale della sanità pubblica su come installare Wi-Fi e usare cellulari... è ancora lunga. Perché tante raccomandazioni, se continuano a dirci che i campi elettromagnetici generati da cellulari e reti senza fili non sono pericolosi per la salute?
Non ci sono prove scientifiche che dimostrano effetti dannosi sulla salute, ma non è certo, quindi si opta per la cautela. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) consiglia di applicare un ‘‘principio di precauzione”, il Consiglio d’Europa nel 2011 ha raccomandato di “adottare tutte le misure ragionevoli per ridurre l’esposizione ai campi elettromagnetici”). L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Oms (Iarc) ha classificato nel 2011 queste radiazioni tra i “possibili carcinogeni umani” seppur sulla base di prove ancora molto limitate. Che cosa dobbiamo capire di questa schizofrenia informativa, c’è un rischio o non c’è? Rispondono due oncologi.
Il prof. Franco Cavalli, abituato a muoversi tra ricerca ed enti oncologici internazionali spiega: «L’Iarc segue il principio della precauzione. Se non è possibile dimostrare che non c’è una correlazione tra queste radiazioni e il tumore – ed esiste un dubbio seppur vago – vanno nella lista dei possibili carcinogeni». L’approccio è prudente: «Non si può escludere che ci siano effetti cancerogeni, ma se dovessero esserci, il loro impatto sarebbe molto ridotto rispetto ad altri fattori di rischio dimostrati come fumo, abuso di alcol, obesità, esposizione ad amianto, glifosati o radon», conclude.
«Non dico che le radiofrequenze siano cancerogene. Dico però che il nostro studio ha evidenziato un certo pericolo e che, seppur piccolo, coinvolge molte persone. Quindi sarebbe importante indagare ulteriormente». A parlare è la dottoressa Fiorella Belpoggi, direttrice del Centro di ricerca sul cancro Cesare Maltoni dell’Istituto Ramazzini di Bologna. Più di quarant’anni di esperienza alle spalle e autrice di una ricerca sulla correlazione fra tumori ed esposizione alle onde del 3G (vedi a sinistra), la dottoressa Belpoggi in questi mesi è stata spesso associata al dibattito sul 5G. «A volte c’è chi strumentalizza il mio nome», aggiunge. È stata ospite sabato scorso al pomeriggio organizzato a Mendrisio dal gruppo ticinese Stop 5G. «Vado a queste riunioni per portare la mia esperienza, ma anche per dire che non dobbiamo dire ‘stop 5G’, ma dobbiamo chiedere di saperne di più». E siccome «il nostro studio ha dato risultati preoccupanti, sarebbe importante iniziare ad abbassare l’esposizione, in particolare dei bambini». E farlo anche tramite una sana igiene del senza-fili: «Non bisogna essere sempre connessi: i film si possono scaricare e guardare offline, mentre il telefono andrebbe usato con gli auricolari». La questione «non è da prendere sottogamba – prosegue – e prima di aggiungere altre onde, bisogna conoscerle. Non capisco perché l’industria chimica debba produrre studi sulla sicurezza di un composto prima di poterlo mettere in commercio e ciò invece non accada per la telefonia mobile. Intendiamoci, il mio non è un preconcetto: non sono contro il 5G, che invece può servire a cose meravigliose. Ma se non sappiamo come le onde influiscono sul corpo umano e quali malattie possono causare, allora non possiamo nemmeno prendere contromisure adeguate».
L’esposizione prolungata a campi elettromagnetici potrebbe portare a mutazioni del Dna. Che cosa vuole dire, ce lo spiega meglio la dottoressa Ariane Giacobino, medico genetista agli ospedali universitari di Ginevra (Hug): «Alcuni studi scientifici evidenziano che l’esposizione prolungata a campi elettromagnetici potrebbe causare problemi alla fertilità maschile a livello di Dna. Si tratterebbe di modifiche ai geni dovute a cambiamenti chimici nel Dna», ci spiega la dottoressa Giacobino. La specialista precisa che le ricerche fatte fino ad ora non sono molte e sono state fatte su cellule staminali o su animali.
«I problemi evidenziati da alcune ricerche riguardano la qualità del tessuto testicolare e la mobilità degli spermatozoi, entrambe potrebbero venire compromesse da una esposizione prolungata a campi elettromagnetici». Che cosa significa un’esposizione prolungata non è chiaro, perché non è quantificabile in ore o un periodo di tempo perché gli studi fatti sono molto variabili.
Resta un fatto: la fertilità maschile è un cruccio per l’Ufficio federale della sanità pubblica, che dall’autunno studierà, perché la qualità dello sperma dei giovani elvetici è tra i più scadenti in Europa, come ha evidenziato un recente e allarmante studio dell’Università di Ginevra.
La genetista ci illustra una recente ricerca: «Gli spermatociti (precursori degli spermatozoi) sono stati esposti a campi elettromagnetici di bassa frequenza e i ricercatori hanno osservato che gli enzimi della metilazione (responsabili delle modificazioni epigenetiche) venivano più o meno toccati. Di conseguenza c’erano geni con modificazioni epigenetiche», precisa la genetista.
Insomma l’esposizione a campi elettromagnetici va studiata più a fondo. Per quanto riguarda invece eventuali effetti sulla gravidanza «ci sono alcune ricerche su topi esposti a campi elettromagnetici che hanno evidenziato una maggiore difficoltà di impianto degli embrioni», conclude la dottoressa Giacobino.
È scientificamente provato: i campi elettromagnetici interagiscono con i tessuti biologici e li riscaldano. I livelli ai quali siamo esposti, per esempio mentre usiamo computer o cellulare, sono molto inferiori ai valori richiesti per produrre un riscaldamento significativo. All’istituto IT’IS di Zurigo si usano umani simulati (si chiamano fantocci) che rappresentano l’assorbimento delle radiazioni dai tessuti umani. «Usiamo sonde elettromagnetiche che misurano nel corpo umano, in questi fantocci, la penetrazione dell’energia elettromagnetica che viene ben assorbita dall’acqua e da certe molecole che costituiscono il corpo umano.
I fantocci sono liquidi in analogia con il corpo umano, che è composto d’acqua per oltre il 70%. Così determiniamo, ad esempio, se un telefonino è a norma o meno. È fatto in modo molto rigoroso», spiega Quirino Balzano, vicepresidente della Fondazione. «Quando arriva l’onda le molecole del corpo ruotano e urtano una contro l’altra, generando calore e la temperatura cresce. Per causare una sufficiente quantità di calore servono campi forti come nelle immediate vicinanze di un cellulare o di stazioni di base dei telefonini». Per questo ci sono limiti per la potenza delle onde emesse da un cellulare. «Un operaio che ripara un tetto dove c’è un’antenna, va protetto perché l’energia elettromagnetica può avere valori molto elevati». Berna raccomanda di preferire sms a telefonate lunghe col cellulare. «Tante precauzioni per prudenza, quando si usa il cellulare si è al massimo dell’esposizione. Meglio evitarla quando non serve. Lo stesso vale per il Wi-Fi. Se non lo uso perché non spegnerlo? Quando non usiamo l’acqua, la chiudiamo, lo stesso dobbiamo fare con il Wi-Fi. Perché esporsi inutilmente?». Infine, ci spiega che con la versione futura del 5G che userà microcelle, «l’esposizione di media scende. In una stanza con molte zone d’ombra se uso una sola luce per illuminare tutta l’area ho bisogno di più potenza rispetto all’uso di luci più deboli opportunamente piazzate. Così per le microcelle del 5G».