Test del Laboratorio cantonale su 33 pietanze per celiaci, ne scova 8 con glutine fuori norma. Jermini: 'Troppe lacune tra chi vende questi cibi'
Sul menù c’è scritto ‘senza glutine’ ma il test in laboratorio rivela tutt’altro. Il glutine c’è eccome, in quantità tali da mettere K.O. un celiaco. Lo dimostrano le analisi fatte qualche mese fa in ristoranti, snackbar e pasticcerie: su 33 pietanze dichiarate ‘senza glutine’ testate, otto superavano il valore limite di legge (ossia 20 mg/kg di glutine). Esami eseguiti dal Laboratorio cantonale per conto del Gruppo celiachia della Svizzera italiana. In un ristorante a Lugano, un piatto di pasta al formaggio e spinaci ‘senza glutine’, ne aveva 7 volte oltre il consentito (160 mg/kg). Da guinness anche un trancio di pizza ‘senza glutine’ in uno snackbar del Locarnese, ne aveva 6 volte oltre il consentito (137 mg/kg). Risultati che evidenziano una grossa ignoranza: «Tra chi vende cibo senza glutine, pochi padroneggiano veramente la tematica: un buon 25% ha grosse lacune. Lo dimostrano i risultati delle campagne del Gruppo celiachia, ma lo vediamo anche dai nostri controlli ufficiali», spiega Marco Jermini (nella foto), direttore del Laboratorio cantonale. Negli anni 2016-2017 il Laboratorio cantonale ha controllato 47 campioni: 5 non erano conformi. «Una recentissima indagine a campione del nostro Laboratorio cantonale ha mostrato che in 14 su 22 esercizi pubblici (63%) la tematica “allergeni” era gestita – tra casi lievi e casi gravi – in modo non conforme alla legge».
Magiare fuori casa per un celiaco può essere un rischio. C’è chi sa come non contaminare i loro cibi (tanti ristoratori testati sono sotto i 10mg/kg), ma c’è chi improvvisa piatti per celiaci che, alla prova del nove, non sono tali.
«Per provocare un disastro bastano piccoli ma fondamentali errori nello stoccaggio delle derrate senza glutine, nella preparazione di cibi, nell’uso di ingredienti permessi o nel servizio. Promuoviamo da anni corsi, ma non essendo obbligatorio per legge frequentarli, sono seguiti da pochi, ritenendo forse gli altri di essere sufficientemente informati durante la formazione professionale. In realtà, nonostante ci siano ordinanze federali precise sugli allergeni nelle derrate alimentari, sono in pochi a conoscerle e rispettarle», ci spiega Valentina Lüthi, segretaria del Gruppo celiachia della Svizzera italiana. Svolgono, in collaborazione col Laboratorio cantonale, regolari campagne di analisi sul contenuto di glutine negli alimenti dichiarati “senza glutine” e serviti da esercizi pubblici. «I campioni di cibo vengono prelevati dai ristoranti secondo un preciso protocollo che evita contaminazioni agli alimenti e vengono recapitati nei tempi stabiliti al Laboratorio cantonale», precisa.
Chi è fuori norma viene contattato dall’associazione. «Gli facciamo notare che c’è un rischio per i celiaci. Alcuni negano, altri smettono di vendere quei prodotti, altri ancora accettano di incontrare la nostra dietista, rivedono le procedure della filiera alimentare per identificare la fonte della contaminazione e fanno il corso». Ma perché non dare ai celiaci ticinesi i nomi dei ristoranti fuori norma? «Non spetta a noi farlo. Diamo una lista dei ristoratori che hanno fatto i corsi e dimostrano, dai test, di lavorare professionalmente», conclude. Corsi obbligatori per chi offre cibi senza glutine in Italia, dove la celiachia (vedi box) è presa molto sul serio. Prima di mangiare, si deve firmare un documento che scarica il cuoco di ogni responsabilità.
La dieta senza glutine è l’unica terapia sicura per chi soffre di una patologia seria: la celiachia. Improvvisare menù senza una formazione appropriata e precise conoscenze può compromettere la loro salute. I controlli ci sono. Oltre alle verifiche annuali del Gruppo celiachia, il Laboratorio cantonale esegue controlli ufficiali, sia ispettivi sia analitici. «Ci muoviamo anche su segnalazioni, ma di regola verifichiamo ambienti a rischio come ad esempio il panettiere-pasticcere che fa dolci senza glutine. Deve essere davvero attento per non contaminare il prodotto! Controlliamo anche ristoranti con menù senza glutine: se in cucina hanno un prodotto così dichiarato lo preleviamo e lo analizziamo. Con chi gestisce male la problematica del glutine, o quella degli allergeni, adottiamo, già sul posto, misure amministrative (di regola repressive) per ridurre il rischio di mettere in pericolo la salute dei clienti. A seconda del caso, possiamo aprire anche una procedura contravvenzionale, con multe che hanno raggiunto, in un caso, i mille franchi», dice Marco Jermini, direttore del Laboratorio cantonale. Il tasto dolente è la formazione del personale su allergeni e procedure per la preparazione dei menù senza glutine. «Pochi padroneggiano veramente la tematica: un buon 25% vende prodotti senza glutine ma ha grosse lacune». Al riguardo Jermini fa qualche esempio: «Ricordo un cuoco che vendeva pane di Kamut dicendo (erroneamente) che era senza glutine. Gli abbiamo vietato di venderlo e obbligato a fare i corsi. Stessa sanzione per chi buttava la pasta senza glutine nella medesima acqua di quella normale. Bastano pochi granelli di frumento per contaminare il cibo».