Ticino

Salario sudato: cresce il lavoro gratuito

Riceca Supsi dell'economista Christian Marazzi sul tema dei neolaureati che passano di stage in stage con la promessa di un posto che stenta ad arrivare

(Tipress)
5 luglio 2018
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Lavoro gratuito alla lente della Supsi, un fenomeno dai molti volti. C’è il neolaureato che passa di stage in stage con l’illusione di un posto che stenta ad arrivare. Pur di fare curriculum c’è chi accetta contributi simbolici conditi da illusioni. C’è il part-time, sempre più mini, ma con disponibilità ad esserci sempre. Di fatto liberi ma sempre disponibili. C’è l’economia dei lavoretti in rete dove la precarietà la fa da regina in un universo digitale nel quale tutti siamo inconsapevoli produttori di ricchezza, non retribuiti. Si fiuta un sottobosco, ma di certezze non ce ne sono. Il Ticino è il Cantone con la percentuale più alta di datori di lavoro svizzeri controllati per conto della Commissione tripartita, sul totale di aziende attive. (Nel 2017, il 29,7% delle aziende era controllato, su un universo di 11’917 aziende attive in Ticino nei setto- ri privi di contratto collettivo di lavoro). Le verifiche delle autorità ci sono. Nel 2017, l’Ispettorato del lavoro ha rilevato una trentina di situazioni problematiche dal punto di vista degli stage che non erano regolari. È solo la punta dell’iceberg? Come misurare il lavoro gratuito? Risponde il prof. Christian Marazzi economista, saggista, impegnato alla Supsi nella ricerca ‘Free Work’ tra lavoro libero e lavoro gratuito.

Il lavoro remunerato è davvero in crisi?

L’evoluzione del mondo del lavoro negli ultimi 20 anni, tra globalizzazione e diffusione crescente delle nuove tecnologie, ha portato ad una riduzione progressiva del lavoro salariato a tempo indeterminato, che è stato il pilastro su cui è stato costruito lo Stato sociale. Parallelamente si assiste a una crescita di attività economicamente produttive ma scarsamente o per nulla remunerate. Dentro queste nuove coordinate l’occupazione si flessibilizza.

Più flessibilità non è per forza un male o no?

Vediamo crescere la precarietà, perché aumenta il lavoro a tempo determinato, quello su chiamata e il lavoro neoindipendente di ‘free lance’, ex dipendenti diventati satelliti della loro impresa. Il part-time diventa sempre più breve e spesso vincolato alla disponibilità di esserci sempre. In questo ‘pluriverso’ si insinuano forme di lavoro gratuito coatto, non scelto ma imposto. È importante dargli visibilità pubblica, perché è possibile ci siano abusi.

Ci sono indicatori statistici sulla crescita del lavoro non remunerato?

I segnali ci sono. Ad esempio, dalla cassa cantonale di compensazione dell’Avs, emerge un sorprendente aumento di chi non ha attività lucrativa ma versa l’Avs. Chi sono? È un dato che va approfondito. Conferma che c’è un problema, ma non sappiamo se aneddotico o di rilevanza socio-economica.

Tante domande, poche risposte, da dove si inizia?

Occorre stracciare questo velo di ignoranza e normalità, prendere atto che stiamo vivendo un processo trasversale e pervasivo. C’è bisogno di dare voce a chi non l’ha. Molti vivono in una bolla di promesse e magari lo considerano normale. Occorre rendere attenti soprattutto i giovani di questi rischi, farlo nelle scuole.

Quale è il ruolo di sindacati, Cantone, politica ed economia?

I sindacati, bypassati da questo processo perché storicamente legati al lavoro dipendente, si stanno documentando. La tripartita è consapevole del problema e nella misura del possibile reagisce quando ci sono casi eclatanti. Gli imprenditori socialmente responsabili hanno tutto l’interesse che questo fenomeno venga affrontato. Chi non è riconosciuto matura rancore e tutta la società diventa rancorosa e opta per scelte politiche populiste. È un problema di società che mina la coesione alla base. Se non lo si affronta con onestà, avremo squilibri.