Intervista al presidente dell'Associazione delle polizie comunali ticinesi Dimitri Bossalini. Nell'assemblea del 16 maggio si parlerà del numero minimo di agenti per le polizie strutturate
La proposta del Dipartimento istituzioni, sottoscritta dai municipali titolari dei dicasteri sicurezza dei Comuni polo, cui fanno capo le sette regioni di polizia comunale nelle quali la legge ha suddiviso il Ticino, non convince tutti. Non piace per esempio all’Apcti, l’Associazione delle polizie comunali ticinesi. E quello del numero minimo di agenti perché una polizia comunale possa definirsi strutturata sarà uno temi al centro della relazione che il presidente Dimitri Bossalini terrà in occasione dell’assemblea 2018 convocata per il 16 maggio. «Il Dipartimento suggerisce venticinque poliziotti più il comandante; la maggioranza del gruppo di lavoro ‘Polizia ticinese’, designato a suo tempo dal governo, venti più il comandante; la nostra associazione quindici agenti più il comandante. Vedremo cosa diranno i Comuni, tutti i Comuni, quando si aprirà la consultazione annunciata dal Dipartimento istituzioni. Noi, come Apcti, ribadiamo la bontà della nostra soluzione, che si basa su dati oggettivi, derivanti dall’attività quotidiana», afferma Bossalini, per diciassette anni alle dipendenze della Cantonale, oggi comandante della comunale di Locarno, dopo aver guidato quella di Paradiso e poi quella del Vedeggio. Dal 2007 è alla testa dell’associazione delle polcom. La ‘Regione’ lo ha intervistato in vista dell’assemblea dell’Apct.
L’associazione proprio non ci sta...
A tre anni dall’implementazione della Legge sulla collaborazione tra la Polizia cantonale e le polcomunali, ci siamo accorti tutti che con cinque agenti più il capo, tale oggi l’effettivo minimo stabilito dalla citata normativa per un corpo di polizia locale, si fatica ad assolvere i vari compiti. Ma per avere polizie strutturate con almeno venticinque agenti più il comandante bisognerebbe unire, all’interno di ogni regione, le polizie dei Comuni che non riescono a raggiungere quel numero. Mi domando allora come un corpo strutturato di ‘appena’ ventisei poliziotti possa soddisfare le richieste di venti o trenta Comuni dai quali dipenderebbe. La sua operatività sarebbe compromessa, a causa delle differenti esigenze che i Comuni potrebbero manifestare in materia di sicurezza. Sedici poliziotti, comandante compreso, è un contingente più che sufficiente, anche per eseguire i compiti che il Cantone intende delegare alle polizie comunali. Un contingente che peraltro riflette l’attuale composizione di un buon numero di corpi strutturati.
Con sedici agenti, comandante compreso, si riuscirebbe a ‘coprire’ le ventiquattro ore?
Chiariamo una cosa. In seno alla regione non è la polizia strutturata di un solo Comune che le deve coprire. Sono i corpi strutturati dei Comuni di quella regione, inclusa la polizia del Comune polo, che devono cooperare fra di loro per garantire il pattugliamento del territorio nell’arco delle ventiquattro ore. Così, d’altronde, dice la legge vigente.
Nello scenario prospettato dal Dipartimento intravede un tentativo per riproporre la costituzione di un solo corpo di polizia in Ticino, con l’integrazione delle polcomunali nella Cantonale?
Se rispondessi di no, non sarei sincero. In ogni caso l’Apcti continuerà a opporsi all’istituzione di una polizia unica. E non solo perché siamo una sorta di associazione di categoria: rilevo che nei cantoni dove è stata istituita non pochi Comuni lamentano la mancanza di un servizio di polizia di prossimità e sono quindi costretti a rivolgersi, ovviamente pagando, ad agenzie di sicurezza private. Tornando alla domanda, preferisco pensare che il Dipartimento chieda cento per ottenere settanta in Gran Consiglio, quando si tratterà di modificare la legge.
Uno degli argomenti ricorrenti nelle vostre assemblee di questi ultimi anni è la violenza contro gli agenti.
Tornerò sul tema anche nella riunione di maggio. Da Berna, intanto, notizie positive: la Commissione degli affari giuri-
dici del Consiglio nazionale ha accolto, con un’ampia maggioranza, tre atti parlamentari, fra cui quello del ticinese Marco Romano, che sollecitano un inasprimento delle sanzioni comminate dal Codice penale. Se in caso di aggressione ai danni di un agente – ma il discorso riguarda tutti i pubblici funzionari – tot giorni di detenzione per l’autore o gli autori avranno un effetto dissuasivo maggiore rispetto a una sanzione pecuniaria, lo dirà il tempo. Non fare niente sarebbe però irrispettoso nei confronti dei funzionari dello Stato.
E delle ‘bodycam’ che pensa?
Sarebbe opportuno modificare la legge cantonale sulla polizia per autorizzarne l’uso. Rendendolo non obbligatorio, ma facoltativo: liberi dunque i Comuni di inserire nella divisa dei loro agenti di polizia questo genere di telecamere.