Ticino

'Al Ministero pubblico bisogna tornare a far squadra’

Parla il nuovo procuratore generale Andrea Pagani: intensificherò la lotta ai reati finanziari

20 febbraio 2018
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«Di cosa ha soprattutto bisogno oggi il Ministero pubblico? Di un procuratore generale che possa far ritrovare coesione tra i magistrati dell’ufficio. Ed è quello che conto di fare, perché la Procura deve essere una squadra e come tale deve muoversi anche per dare di questa importante autorità giudiziaria un’immagine forte e autorevole». Andrea Pagani, classe 1970, è il nuovo procuratore generale del Canton Ticino. Lo ha eletto ieri pomeriggio il Gran Consiglio con 34 voti. Area Plr, Pagani – oggi sostituto pg – subentrerà il prossimo 1° luglio a John Noseda (che andrà in pensione per raggiunti limiti di età) alla direzione del Ministero pubblico. L’ha spuntata, al secondo turno, sugli altri candidati: sul pp Moreno Capella, sull’avvocato ed ex procuratore Emanuele Stauffer e su Antonio Perugini, anch’egli sostituto pg. «Mi sono sentito con Perugini cinque minuti dopo la mia nomina. Una telefonata tranquilla. Si è congratulato con il sottoscritto. Così come hanno fatto – aggiunge il neo pg – tanti altri procuratori che si sono materializzati nel mio ufficio, qui a Lugano».

Coesione interna vuol dire anche unità di prassi?

Indubbiamente. Questo però comporta un monitoraggio costante dell’attività dei vari procuratori pubblici – nella loro duplice attività di inquirenti e di giudicanti (quando stilano i decreti d’accusa) – da parte dei due sostituti pg, cioè dei due stretti collaboratori del procuratore generale, che da lui e solo da lui vengono designati alla testa delle due sezioni del Ministero pubblico: quella che indaga sui reati finanziari e quella che si occupa del perseguimento dei reati cosiddetti comuni o di polizia, come li definiamo noi. Solo così si può arrivare a un’unità di prassi, nel rispetto dell’uguaglianza di trattamento di tutti gli imputati. Intendo pertanto rivedere il ruolo dei sostituti pg.

In che senso?

L’importante è che possano essere sgravati almeno in parte dalla trattazione dei casi che si presentano quando sono di picchetto. Questo permetterebbe ai due sostituti procuratori generali di seguire i colleghi pp, di dispensare consigli e di insegnare ai più giovani. I sostituti pg dovrebbero trattare solo le inchieste più complesse e delicate.

Quale sarà la sua politica giudiziaria?

Bisognerà fra l’altro intensificare la lotta ai reati economico-finanziari, attraverso anche una maggiore interazione fra gli specialisti dell’Equipe finanziaria del Ministero pubblico e gli analisti della Ref, la sezione anti-reati finanziari della Polizia giudiziaria.

Con lei alla guida del Ministero pubblico verrà quindi intensificata l’azione di contrasto anche ai fallimenti fraudolenti?

Esatto. E non solo ai crac premeditati, ma anche alle società ‘usa e getta’ e quindi alla cattiva gestione, di cui a farne le spese sono i dipendenti, i creditori e le assicurazioni sociali, dunque la collettività e di conseguenza lo Stato.

Chiederà alla politica un aumento del numero dei magistrati del Ministero pubblico?

Rispondere è prematuro. Devo avere ancora una visione complessiva dell’ufficio, che solo un pg in carica può avere. A tempo debito farò senz’altro le opportune riflessioni.

Facciamo un passo indietro. In questa tormentata procedura di elezione, lei era stato giudicato idoneo alla carica di pg dalla Commissione di esperti
indipendenti. Dei quattro candidati, era risultato invece il peggiore dagli assessment dell’Istituto di psicologia applicata della Zhaw di Zurigo. Questo non rischia di indebolire la sua nomina?

Nelle audizioni davanti ai gruppi parlamentari credo di aver chiarito, ovviamente dal mio punto di vista, alcuni aspetti di questi test attitudinali. I periti della Zhaw hanno formulato nero su bianco commenti molto lusinghieri nei miei confronti: hanno scritto di uno spiccato senso della giustizia, di grande attaccamento al lavoro, di un’elevata sopportazione dello stress. Ciò che per contro secondo loro io non ho sono le doti del leader. Ma ciò a mio modo di vedere è sbagliato. Ci vuole un leader al Ministero pubblico? Per me no. Perché ogni magistrato dell’ufficio è autonomo nella trattazione dell’inchiesta di cui è titolare. Il procuratore generale non può oggi, salvo errori manifesti, imporre una decisione diversa da quella che prenderebbe, con scienza e coscienza, il procuratore pubblico che si sta occupando di quell’incarto. Il pg è un leader se gli vengono riconosciute le sue competenze. E non perché fa bella figura in televisione o grida mettendo a tacere tutti.