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Fermato con 15 chili di cocaina, condannato a nove anni

Nel gennaio 2024, il giovane di 25 anni è stato intercettato alla dogana di Stabio mentre stava trasportando la droga dal Belgio all’Italia

Processo tenutosi a Lugano
(Ti-Press)
30 ottobre 2024
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Un trasporto di droga di un giovane «immaturo e orgoglioso» o l'ennesimo viaggio in Belgio in cerca di «un guadagno facile»? È stata questa domanda al centro del processo odierno alla Assise criminali di Mendrisio in Lugano nel quale un 25enne residente in Italia è stato condannato a nove anni di carcere e 15 anni di espulsione dalla Svizzera per infrazione aggravata alla Legge Federale sugli stupefacenti. Il giovane, cittadino ucraino, è stato fermato alla dogana di Stabio mentre nel gennaio 2024 stava trasportando, dal Belgio all’Emilia-Romagna, poco più di 15 chili di cocaina occultati da lui stesso nel paraurti posteriore dell’auto intestata a suo padre.

Il dibattimento odierno, davanti alla Corte composta dal presidente Siro Quadri, dai giudici a latere Monica Sartori-Lombardi e Chiara Ferroni e dagli assessori giurati, si è incentrato sul quesito iniziale. Infatti, da come scritto nell’atto d’accusa firmato dalla procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis, il 25enne “in ripetute occasioni quantificabili in sette viaggi, ha raggiunto la destinazione indicatogli dai trafficanti – tra il Belgio e la Francia – in cui prendeva in consegna la cocaina al fine di trasportarla in Italia”. Un’accusa che il giovane condannato ha negato spiegando in aula che i primi sei viaggi – quindi tutti quelli emersi salvo l’episodio nel quale è stato arrestato – ha semplicemente trasportato dei soldi. «Ero in difficoltà con la mia attività e avevo chiesto un prestito di 20mila euro a delle persone da restituire entro un anno e ai quali dovevo aggiungere 10mila euro di interessi. Avevo molti cantieri in progetto, sapevo di poter restituire i soldi, ma un grosso cantiere è saltato e non ho potuto incassare i soldi necessari». Da quanto è emerso, buona parte del debito lo aveva già restituito, ma allo scadere dell’anno concesso da queste persone di origine rumena, e date le minacce subite, il giovane ha accettato di compiere il trasporto di droga: «Nei primi sei viaggi sono andato per consegnare i soldi. Per saldare il debito, mi avevano proposto di fare questo trasporto. Loro sono persone pericolose, sanno dove abito e che automobile utilizzo e ho accettato così avrei estinto completamente il debito. Sapevo che era un gruppo organizzato e non avevo altra scelta». Il giovane ha ammesso di essere colpevole di quel singolo episodio: «In quel momento non ragionavo. Solo ora che sono in carcere e vedo persone che hanno subito le conseguenze della droga mi rendo conto di quanto è grave il gesto che ho fatto, io non ne ho mai utilizzata. Per me era solo un trasporto: droga o no, per me sarebbe stata la stessa cosa».

‘Non era un novellino’

Riprendendo quanto scritto nell’atto d’accusa, durante la requisitoria, la pp ha sostenuto che «il suo metodo era rodato. Lo dimostra l’usura delle viti che sostengono il paraurti dell’auto utilizzata». Inoltre, «chi organizza questi traffici, non affida una quantità simile a ‘un novellino’». La procuratrice ha, inoltre, evidenziato che nei primi viaggi «sussistono indizi che egli abbia importato ingenti quantitativi di droga». Per la pp la colpa è da considerarsi grave data l’ingente quantità che stava per immettere nel mercato mettendo «in pericolo la salute di molte persone» e «ha cercato il facile guadagno; era in grado di mantenersi con attività lecite, non aveva alcun motivo di affidarsi a queste persone». Dato «l’ingente quantitativo e il fatto di essere incensurato», la pp ha proposto una pena di 9 anni e l’espulsione dalla Svizzera.

‘È stato un caso isolato’

Anche il difensore del condannato, Samuel Maffi, sottolinea che non ci sono prove certe del trasporto di droga nei primi sei viaggi, pertanto «in dubio pro reo, non devono essere presi in considerazione». Per quanto riguarda l’usura delle viti, per Maffi va considerato che «l’auto era stata acquistata di seconda mano e non è possibile sapere cosa è accaduto prima con quella vettura» e dunque, ha chiesto il proscioglimento per questi viaggi. Il settimo trasporto, si tratterebbe dunque di «un caso isolato. Si è assunto le sue colpe e fin da subito ha ammesso i fatti su quel viaggio. Nonostante questa grandissima cavolata, non intende buttare via la sua vita e sta già preparando la sua vita fuori dal carcere». La colpa, per l'avvocato, è da considerarsi medio-grave e la pena richiesta è stata di massimo 6 anni e 10 mesi.

‘Contatti frequenti con l’organizzazione criminale’

Il giudice ha condiviso quanto sostenuto da Maffi per quanto riguarda i primi sei viaggi e ha rimarcato che «non ci sono i limiti per dire che in quegli episodi trasportava della droga», ma «questo dimostra che aveva dei frequenti contatti con queste persone». I primi viaggi compiuti dal 25enne, «sicuramente non servivano a quanto ha sostenuto, ma erano per guadagnarsi la loro fiducia. Queste organizzazioni criminali non danno a chiunque 15 chili di droga». La Corte ha dunque ritenuto adeguata la pena proposta dalla procuratrice.