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‘Non credevo di uscire viva da quella stanza’

Trattamento stazionario per il paziente che, il 9 agosto 2023, ha aggredito e cercato di strangolare un’infermiera alla Clinica psichiatrica di Mendrisio

In sintesi:
  • Un episodio di violenza che non era mai emerso finora
  • A seguito dell'accaduto è nato anche un comitato con più di 100 infermieri che hanno manifestato il loro disagio alla direzione
Veduta sulla Clinica psichiatrica cantonale
(archivio Ti-Press)
12 giugno 2024
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«Mi stava uccidendo. Non credevo di uscire viva da quella stanza e ho usato tutte le mie forze per farcela: ne sono uscita stanca, tumefatta e sporca di sangue. Ma viva». Il drammatico ricordo, affidato a una lettera, è quello dell'infermiera aggredita il 9 agosto dell'anno scorso alla Clinica psichiatrica cantonale (Cpc) di Mendrisio. Un episodio di violenza che non era mai emerso finora e che è stato ricostruito davanti alla Corte delle Assise criminali di Mendrisio. Compito del giudice Mauro Ermani (a latere Renata Loss Campana e Fabrizio Filippo Monaci) è stato quello di ratificare l'istanza presentata dalla Procuratrice pubblica Anna Fumagalli e definire la misura curativa a cui sottoporre l'uomo. L'imputato, un 59enne del Luganese, è infatti risultato essere incapace di intendere e volere al momento dei fatti: la perizia psichiatrica ha diagnosticato un disturbo di personalità misto, impulsivo e narcisistico e disturbi psichici e comportamentali dovuti all'uso di alcol. «A capacità di intendere e di volere – sono state le parole del giudice – parleremmo di un reato grave e di tentato omicidio». Se dal profilo penale il capitolo può considerarsi chiuso – la Corte ha ordinato un trattamento stazionario per la cura delle turbe psichiche, toccherà al Giudice dei provvedimenti coercitivi stabilire dove, verosimilmente allo Stampino, una volta che la sentenza sarà cresciuta in giudicato –, il caso potrebbe non esserlo in altri ambiti. Con l'accordo delle parti, la Corte ha infatti deciso di «intimare la sentenza anche alle competenti autorità sanitarie cantonali – ha spiegato Ermani –. L'accusatrice privata ha voluto denunciare quelle che ha vissuto come disfunzioni in un servizio sanitario ed è quindi giusto portarle a conoscenza di chi di dovere». Oltre alla vittima, all'udienza erano presenti numerosi infermieri e medici della Cpc. A seguito dell'accaduto è nato anche un comitato con più di 100 infermieri che hanno manifestato il loro disagio alla direzione.

Un'aggressione in sei fasi

L'istanza riporta in modo dettagliato quanto accaduto nel primo pomeriggio del 9 agosto scorso nella camera del 59enne. «Non so ancora oggi perché è successo, forse per l'alcol», ha detto l'uomo rispondendo alle domande del giudice. L'uomo si trovava ricoverato a Mendrisio dal giorno prima, dopo essere stato fermato vicino alla sua abitazione con un coltello a serramanico tra le mani. Per aggredire l'infermiera il pazienze ha usato la cinghia con il triangolo, che è in dotazione a ogni letto, stringendogliela al collo. La donna è inoltre stata trascinata per i capelli, morsa a una mano e ha subito un altro tentativo di strangolamento con le mani. «Non ricordo: dagli atti ho letto che l'ho picchiata in testa e ho cercato di strozzarla». L'istanza descrive la fase dell'aggressione in sei fasi. «Sei fasi distinte di terrore e sopraffazione assoluta», così le ha riassunte l'avvocato Carlo Borradori, legale dell'infermiera che si è costituita accusatrice privata. Nessuno ha assistito alla scena: l'infermiera è stata soccorsa da altri dipendenti dopo essere riuscita a liberarsi. «Mi dispiace per quello che è successo – ha detto in conclusione il 58enne –. Auguro pronta guarigione all'infermiera». La donna, un'esperienza pluriventennale alle spalle, è ancora seguita da un fisiatra, da un medico massillo-facciale e da uno psicologo per un disturbo post traumatico da stress. La Corte le ha riconosciuto un riconoscimento per torto morale di 15mila franchi.

Critiche alla Clinica

Cosa è quindi successo quel giorno? «Quanto successo poteva essere contenuto o limitato come risulta dalla perizia psichiatrica – ha aggiunto Borradori –. Il documento indica che la presa a carico al momento del ricovero doveva essere di due a uno, quindi due sanitari per paziente». I fatti «mostrano il limite del sistema socio-psichiatrico in questo cantone, sia al momento dei fatti sia per l'attuazione di una misura prevista del Codice penale. La speranza della mia assistita è che la sua terribile esperienza lasci un segno in questo senso – ha concluso Borradori – Questo processo riguarda tutti i sanitari che avrebbero potuto essere al suo posto».

‘Una concatenazione di elementi’

Per la difesa, rappresentata dall'avvocato Pascal Cattaneo, quanto accaduto il 9 agosto scorso è stata una concatenazione di elementi» che «non giustificano l'accaduto». Tra questi, il legale ha citato il «cambiamento dello psichiatra curante, dove non tutto ha funzionato correttamente», la «sorveglianza non adeguata sin dall'inizio» da parte della Clinica e il «non avere tenuto conto di un rischio potenziale verso terzi (visto che il giorno prima il mio cliente è stato trovato con un coltello tra le mani) ma di rischi suicidari, perché quando è scappato dalla Cpc si è diretto verso la stazione di Mendrisio». Poche settimane prima dei fatti l'uomo aveva interrotto bruscamente anche il consumo di alcol, senza però avere una terapia sostitutiva.

‘Tema che la politica dovrà affrontare’

Per il giudice Mauro Ermani quello che attende il 59enne sarà «un percorso piuttosto lungo: non basta dire che oggi sta meglio (frase che l'uomo ha ripetuto più volte durante l'interrogatorio, ndr): bisogna elaborare i fatti e capire perché sono avvenuti». La misura ordinata sarà come detto finalizzata alla cura delle turbe psichiche e non delle dipendenze, come suggerito dalla perizia. «Dobbiamo tarare la misura sulla disponibilità delle strutture e non il contrario – ha concluso il giudice –. Le liste d'attesa sono lunghissime anche fuori cantone: è un problema che la politica dovrà affrontare, e non solo in Ticino».