Mendrisiotto

Accoltellò l'amico durante una lite. ‘Volevo difendermi’

Sospeso il processo contro la 43enne che, il 17 febbraio 2023, colpì l'uomo in un appartamento di Mendrisio. La Corte chiede un complemento di perizia

La lite è scoppiata nella notte
(archivio Ti-Press)
3 aprile 2024
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Deve rispondere di tentato omicidio intenzionale la 43enne a processo da stamattina, mercoledì, davanti alla Corte delle assise criminali presieduta dal giudice Amos Pagnamenta (a latere Aurelio Facchi e Renata Loss Campana). Dopo l'interrogatorio della donna, la Corte si è riunita in camera di consiglio e ha sospeso il dibattimento in attesa di una valutazione della situazione attuale dell'imputata. «Sulla base del verbale odierno sono emerse diverse perplessità – ha spiegato il giudice –. Tenuto conto che, dopo un anno e due mesi, l'imputata non è più dipendente da sostanze, ci sono fondate ragioni per credere che la misura stabilita dalla perita, un trattamento stazionario per la cura della tossicodipendenza, non sia adatta. Vi sono però altre patologie, già evidenziate dalla perizia, da curare». L'esperta dovrà quindi valutare l'attuale situazione dell'imputata e stabilire quale sia la patologia principale su cui intervenire e come curarla. Il dibattimento è quindi sospeso e verrà riconvocato nelle prossime settimane.

La lite nella notte

I fatti sono avvenuti il 17 febbraio dell’anno scorso in un appartamento di via Lanz, a Mendrisio. La vittima – «avevamo una relazione libera» – è stata colpita all’addome e nella parte alta del torace con un coltello per tagliare il pane. La sua vita, si legge nell’atto d’accusa, non è mai stata concretamente in pericolo ma, considerata l’arma usata e le zone colpite, le ferite avrebbero potuto rivelarsi potenzialmente letali.

Quella sera la vittima ha raggiunto l’appartamento della 43enne: entrambi erano «un po’ fuori»: l’imputata ha ammesso di avere assunto sostanze e aver bevuto vodka. «Dovevo andare in comunità, non volevo più stare con lui – ha detto la donna rispondendo alle domande del giudice –. Lui si è arrabbiato, ha tirato un pugno sul tavolo e mi sono spaventata perché è grosso». L’imputata ha poi raggiunto la cucina, dove ha preso il coltello («la prima cosa che ho trovato»), ed è tornata in salotto. «Gliel’ho fatto vedere per fare la dura, lui mi ha spinto ed è partito tutto. Continuava a mettermi le mani addosso: ho cercato di difendermi». Ad armare l’imputata non ci sarebbero stati motivi di gelosia («era lui che mi seguiva»). A mente della donna, il ferimento «alla mano» sarebbe avvenuto durante il tentativo dell’uomo di disarmarla. L’uomo si è in seguito «legato le mani» e ha lasciato l’appartamento. «Sulle scale non c’era sangue, non sapevo che si fosse tagliato». Nell’appartamento «c’era sangue, ma non sapevo da dove veniva: se mi avesse detto di chiamare i soccorsi – la 43enne deve rispondere anche di omissione di soccorso, ndr – lo avrei fatto, sono buona come il pane». Prima dell’arrivo della polizia la 43enne si è messa a pulire. «L’ho fatto d’istinto, non sono abituata a vedere sangue in casa mia».

‘Rivoglio mio figlio’

Nell’atto d’accusa della procuratrice pubblica Anna Fumagalli compaiono anche una serie di reati pregressi, come la violazione del dovere di assistenza o educazione. «Da quando mi hanno tolto mio figlio ho commesso errori e ho perso il controllo: non l'ho protetto a sufficienza». Il giudice ha fatto notare all’imputata che il figlio è stato trovato positivo a cocaina, anestetici e caffeina. «Un amico di famiglia fumava in casa. Ogni tanto prendevo qualche pastiglia a base di oppiacei: mi hanno detto che potrebbero aver raggiunto il sangue di mio figlio attraverso il mio sudore». L’imputata ha più volte ribadito di «rivolere mio figlio» e di «essere favorevolissima alle cure: sono pronta a tutti i controlli, stare tutto il giorno in cella senza fare nulla è disumano. Sono sempre stata una pazza, una mamma può sbagliare ma non può essere condannata a vita». La donna è difesa dall'avvocato Roberto Rulli; l'uomo, vittima dell'accoltellamento, si è costituito accusatore privato ed è rappresentata dall'avvocato Arturo Garzoni.

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