Mendrisiotto

Colpevole di rissa, un 31enne sarà scarcerato

Per il presidente della Corte delle Assise criminali, Mauro Ermani, non si tratta di reati particolarmente gravi

Processo svolto nell’aula civile
(Ti-Press)
20 marzo 2024
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«Ammetto i fatti. Sono colpevole, ma non ero in grado di intendere e di volere. Quanto ho fatto è stato provocato dai farmaci». Con questa dichiarazione di un 31enne, ritenuto colpevole di rissa, ripetuta violenza o minaccia contro le autorità e i funzionari, in parte tentata, e contravvenzione alla Legge federale sugli stupefacenti, è iniziato il processo davanti alla Corte delle Assise criminali di Mendrisio in Lugano. Il presidente Mauro Ermani e i giudici a latere, Monica Sartori-Lombardi e Aurelio Facchi, hanno inflitto al giovane, che soffre di schizofrenia e che ha commesso i reati alla Clinica psichiatrica cantonale (Cpc) di Mendrisio, una pena interamente sospesa.

‘Non volevo fare del male’

La vita del 31enne «non è stata proprio lineare», come ha detto il giudice durante la fase di interrogatorio. Infatti, da quanto è emerso in aula il giovane è stato abbandonato dalla madre tossicodipendente a 7 anni. Ha interrotto presto i suoi studi e a partire dalla maggiore età ha spesso avuto a che fare con la polizia e ha varcato la soglia della Cpc per 16 volte in 10 anni. E proprio nella sua ultima degenza ha aggredito un visitatore: «Io non ho mai fatto del male a nessuno – precisa il 31enne–, non volevo farlo neanche in quell’episodio». Un altro paziente aveva rubato un sacchetto di canapa e a quel punto è scoppiata una rissa tra il visitatore aggredito e questo paziente. «Io sono intervenuto per dividerli, ma a seguito di calci ricevuti, ho reagito». Stando all’atto d’accusa il 31enne ha colpito il visitatore con una sberla e con pugni e calci al corpo, causandogli delle escoriazioni alla fronte, al polso destro e al ginocchio sinistro. Riguardo al secondo reato imputatogli, in 14 episodi avvenuti sempre alla Cpc, ha minacciato anche con violenza il personale della struttura mentre cercavano di somministrargli la terapia.

‘Quando è intossicato diventa ingestibile’

Come ha spiegato la procuratrice pubblica Chiara Buzzi, durante la sua requisitoria, l’aggressione non è avvenuta solo per quanto detto dal 31enne, ma anche «perché lo ha scambiato per un pedofilo, genere di persone che lui non gradisce». La pp ha anche sottolineato che, secondo le dichiarazioni di un’infermiera, «“quando il 31enne è intossicato diventa totalmente ingestibile, senza freni” e in questi casi non riescono a contenerlo. La sua malattia e l’abuso di sostanze lo rendono una persona pericolosa». In diversi episodi, infatti, dopo le minacce ha tentato di aggredire alcuni infermieri con una pala di ferro. Per la pp si è arrivati all’arresto per evitare il peggio: «Metterlo in una struttura carceraria è necessario per impedire che possa succedere di nuovo. Chissà cosa sarebbe avvenuto in quel caso specifico se non lo avessero fermato». Nonostante questo «nell’interrogatorio si è dimostrato una bella persona con cui dialogare. Bisogna cercare di aiutarlo. Non si tratta di punirlo, ma di trovare la struttura adeguata per il suo percorso».

La richiesta di pena – di 9 mesi – è stata così accompagnata da una misura cautelare da svolgersi in una struttura chiusa, «anche se – precisa la pp – è difficile dare una pena adeguata e, data la lunga lista d’attesa della struttura Curabilis di Ginevra, mi verrebbe da dire che il luogo più adeguato sarebbe il Centro abitativo, ricreativo e di lavoro (Carl) di Mendrisio, ma in questo caso si rischia che abbia di nuovo accesso alle droghe».

Per la difesa serve un percorso terapeutico

L’avvocato della difesa Walter Zandrini ha invece richiesto una pena interamente sospesa e un percorso terapeutico in una struttura aperta: «Il 31enne è solo intervenuto per dividere i due che stavano litigando. I suoi intenti erano riappacificatori, l’unica imputabilità è di aver dato una sberla a seguito di calci ricevuti». Riguardo alle minacce agli infermieri invece «è tipico dei pazienti con questi problemi psichici rifiutare i farmaci. Queste minacce devono ritenersi non compiute, perché gli operatori sanitari devono essere pronti a queste minacce».

Decisa una misura cautelare

Il presidente della Corte nella sua sentenza ha definito di lieve entità i fatti avvenuti, anche se «è vero che la gestione di certi comportamenti rientra nella funzione del personale, ma nella fattispecie però, l’imputato è andato oltre con atteggiamenti violenti utilizzando pure oggetti contundenti, anche quando non era sotto l’effetto di droghe». Il giudice ha quindi deciso una pena sospesa, ma «quello che conta però, in questo caso, è la misura cautelare: non si tratta di reati particolarmente gravi dunque si applicherà una misura cautelare in una struttura aperta. Il carcere non è un luogo adeguato, il Carl può essere un’opzione che valuterà il Giudice dei provvedimenti coercitivi».