L’imputato che soffre di un disturbo comportamentale, dal 2009 al 2021 ha sedotto anche 13enni: prima scambiava foto osé e poi, a volte, le incontrava
«L’eccitazione ha preso il sopravvento, non sono riuscito a fermare queste pulsazioni». Alla sbarra, davanti alle Assise criminali di Mendrisio in Lugano, è finito un 34enne accusato di coazione sessuale subordinatamente atti sessuali con fanciulli ripetuti, tentati e consumati e di pornografia. I fatti sono avvenuti tra il 2009 e il 2021. In aula si è discusso principalmente dell’ultimo caso del 2021 perché non è la prima volta che l’imputato riceve una pena. Già nel 2014 era stato «ammonito» e nel 2020 aveva ricevuto un «cartellino rosso» con un periodo di carcere preventivo come ha spiegato il presidente della Corte Mauro Ermani, affiancato dai giudici a latere Monica Sartori-Lombardi e Fabrizio Filippo Monaci. In quest’occasione il giudice gli ha inflitto una pena di 30 mesi dei quali sei da scontare, anche se con la possibilità di continuare con il suo lavoro e un periodo di prova di quattro anni.
L’inchiesta, partita dopo la scoperta di oltre 15mila fotografie pornografiche contenenti immagini intime di ragazzine, ha evidenziato che il 34enne ha un problema di parafilia, così come ha definito anche una perizia. Il problema comportamentale lo ha portato a contattare delle quindicenni con lo scopo di ricevere materiale pornografico. Prima le attirava con dei complimenti e poi quando percepiva che poteva spingersi oltre, chiedeva materiale osé fino anche in taluni casi incontrare le giovani, come spiegato dalla procuratrice pubblica Chiara Buzzi, durante la sua requisitoria.
L’imputato fin dall’inizio dell’inchiesta forniva il minimo indispensabile delle informazioni «perché c’era l’imbarazzo del dover dire tutto e speravo che la polizia sapesse meno di quanto ho fatto». Durante una seduta psichiatrica è però emerso un caso che fino a quel momento non aveva raccontato agli inquirenti: lo scambio di messaggi e l’incontro con una 15enne del Sopraceneri con tanto di toccamenti e rapporto sessuale. Stando al racconto in aula dell’imputato non ci fu coazione: «Quando ci siamo incontrati la ragazzina era consenziente ed ha smesso solo perché era in ritardo e doveva rientrare a casa». Una spiegazione che per la pp non ha senso, e per questo lo ha accusato anche di coazione.
Durante la requisitoria la pp ha sottolineato che l’imputato era cosciente di quello che stava facendo e ha cercato di nasconderlo: «Questa è una causa che si potrebbe banalizzare dato che sono incontri virtuali e consenzienti, ma i fatti sono molto gravi perché recidivi. La condanna ad alcune aliquote e la carcerazione preventiva non hanno avuto alcun risultato. Non si è limitato all’online, dove ha contattato anche minori di 13 anni, ma ha pure detto che le bambine di 7-8 anni sono quelle che più gli piacciono». Neanche le pene già ricevute lo hanno fermato: «L’imputato non si è voluto rendere conto di quanto ha fatto. Anche dopo l’inchiesta ha ripreso a consumare materiale pornografico, nascondendolo in un'applicazione che pareva una calcolatrice, nelle sue tecniche si vede che non c’è una sprovvedutezza. La terapia ambulatoriale che stava svolgendo non lo ha trattenuto dall’ultimo episodio dell’estate del 2021. Cercava le sue vittime all’estero e in contemporanea più bambine, per trovare quella più spinta con la quale poteva ottenere foto intime». Per quanto riguarda la pena proposta, per la pp «la colpa è grave e lo è anche perché ha agito con ragazzine vulnerabili ancora incoscienti. Si è trincerato con falsi profili e a lui non interessava il loro stato di salute». L'accusa ha quindi proposto una pena detentiva di 36 mesi dei quali 12 da espiare con un periodo di prova di 5 anni e interdizione a vita a lavorare a contatto con minorenni, senza però chiedere l’impedimento dell’accesso ai social network.
Anche per l’avvocato della difesa Davide Corti i fatti «sono di estrema gravità. Ha agito in modo immaturo e superficiale», ma bisogna tenere in considerazione i suoi problemi psichici. Per questo ha chiesto il proscioglimento della pena, opponendosi a qualsiasi periodo di carcerazione dato il risultato del perito, «perché non porterebbe a nessun miglioramento del disturbo», ma senza opporsi a nessuna misura associata che lo porterebbe alla cura, come il divieto di usare i social.
Il giudice Ermani nella sua sentenza ha precisato che l’imputato non ha commesso coazione: «La presenza di un solo verbale di interrogatorio e il rifiuto della vittima di un confronto non hanno portato alle delucidazioni necessarie per poter comprendere meglio i fatti. Nei numerosi atti sessuali, non c’è mai stata traccia di una violenza. Quando capiva che non ‘c’era trippa per gatti’ si fermava. È anche possibile che la vittima lo abbia vissuto come coazione, ma tutto ciò in questo caso non basta per accusarlo di questo reato». La colpa rimane comunque «oggettivamente tra il medio e il grave per il numero importante di vittime e per la reiterazione solo per dare sfogo alle sue pulsioni – ha continuato –. Lui stesso sapeva che poteva arrecare della sofferenza, ma comunque continuava per meri scopi egoistici. Inoltre non ci sono elementi attenuanti, ha cercato di truccare le carte, nascondendo alcuni elementi alla giustizia. Non si dimentichi che dopo il ‘cartellino giallo’ si è organizzato meglio e ha continuato a commettere reati». Dato il suo disturbo psichico il giudice ha deciso di infliggerli anche il divieto di contattare minori di 16 anni per tutto il periodo di prova, il divieto a vita di lavorare con minorenni e il divieto di creare profili fasulli sui social network.