Mendrisiotto

Fiamme al centro richiedenti l'asilo, condannato a 28 mesi

Alle Assise criminali di Mendrisio è comparso il 31enne che, nel marzo 2022, diede fuoco ad alcune coperte, causando quattro intossicati

Il giorno dell’intervento
(archivio Rescue Media)
29 settembre 2023
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Era il primo pomeriggio del 29 marzo dell'anno scorso quando scattò l'allarme incendio al centro richiedenti asilo di Chiasso. L'uomo che lo ha appiccato, un sedicente cittadino algerino di 31 anni, è stato condannato a 28 mesi di detenzione, di cui 14 sospesi per un periodo di prova di 4 anni (è incensurato in Svizzera) per il reato di incendio intenzionale, una serie di furti commessi nel canton Lucerna poche settimane dopo la sua scarcerazione e altri reati ‘minori’ per la maggior parte ammessi. Nei suoi confronti la giudice Francesca Verda Chiocchetti, presente della Corte delle Assise criminali di Mendrisio, ha ordinato anche 5 anni di espulsione dalla Svizzera, ma non l'iscrizione al Sistema informativo di Schengen visto che l'uomo ha parte della famiglia in Francia. «L'incendio intenzionale è uno dei reati più pericolosi previsti dal nostro codice – ha spiegato la giudice –. Chi appicca il fuoco non si cura delle conseguenze per le cose e le persone, e queste sono spesso pesanti». A Chiasso il bilancio è stato di quattro intossicati. Chiedendo una condanna a 28 mesi da espiare o solo parzialmente sospesi e 5 anni di espulsione, la procuratrice pubblica Marisa Alfier ha definito quanto accaduto «un folle gesto che si sarebbe facilmente potuto trasformare in una tragedia». Al momento dei fatti nella struttura di via Motta erano presenti circa 120 persone, tra cui anziani, donne e bambini.

La cassa acustica sottratta

Rispondendo alle domande della presidente, il 31enne ha spiegato di aver appiccato le fiamme nella sua camera al secondo piano «per voler attirare l'attenzione del personale del centro: mi hanno rubato una cassa acustica e quando l'ho segnalato, nessuno è venuto a controllare». Il 31enne ha affermato che «non era mia intenzione mettere in pericolo la vita di altre persone. Per questo ho acceso due coperte vicino all'allarme». Qando il sensore si è attivato, «l'allarme sembrava suonare nel mio cuore e solo in quel momento ho capito di avere fatto una grande stupidata. Ho usato tutti i modi per spegnere il fuoco» ma lo stesso era ormai fuori dal suo controllo. Durante l'inchiesta le versioni relative a quanto accaduto sono state diverse. «Troppe versioni discordanti, arrivate anche in aula, per cercare di sminuire il suo comportamento – sono state le parole della giudice durante la lettura della sentenza –. Un atteggiamento processuale che lascia severe ombre sulla sua presa di coscienza».

Alcol e stupefacenti ‘una scusa’

La difesa, rappresentata dall'avvocato Debora Deias, ha definito il 31enne «un ragazzo con uno spiccato senso dell'onestà della famiglia»: l'uomo si sottoporrà a breve anche al test del Dna per stabilire una sua, allo stato dei fatti, presunta paternità. Nella vita «ha commesso tanti errori, come l'abuso di alcol e di stupefacenti, che non sono una scusa ma un dato di fatto». I consumi sono aumentati «quando da Chiasso è stato trasferito a Lucerna, dove si è confrontato con l'idea, da lui non voluta, di dover tornare nel suo Paese e si è lasciato travolgere dalle persone incontrate e dalla situazione in cui si trovava». L'appello alla Corte è quindi stato quello a «valutare la situazione nel suo complesso». Per la difesa, che ha chiesto una condanna ridotta, l'assunzione di responsabilità, è iniziata «con l'ammissione dei fatti» e «l'aver consegnato spontaneamente l'accendino utilizzato». L'uomo ha dichiarato che prima dell'incendio aveva bevuto, assunto farmaci e droga. «Il suo tasso alcolemico era pari a zero – ha sottolineato Alfier –. Quella di alcol e droga è la solita scusa che viene utilizzata quando non si sa bene come giustificarsi».

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