Dal primo settembre riapre la bottega di alimentari con l’aspirazione di diventare un’azienda sociale. Lanciato un sondaggio tra la popolazione
L’hanno ribattezzata ‘La Credenza’. Un nome che ha un sapore d’altri tempi ma appartiene a un lessico familiare. A Vacallo la bottega di paese cambia nome ed essenza, ma ciò che più conta riparte, da venerdì primo settembre, da una scommessa in cui crede e ha deciso di investire (anche in termini di passione) l’ente pubblico. Non a caso il giugno scorso il Consiglio comunale ha sottoscritto con convinzione un credito di 210mila franchi e più di recente si è dato vita alla Fondazione Vacallo, che assumerà la gestione del negozio, “vero e autentico come la credenza della nonna”. Parola dei promotori.
Del resto, quello che riaprirà al numero 4 di via Guisan, negli spazi prima occupati da ‘La Veranda’, non sarà in effetti un semplice spaccio di generi alimentari, bensì un ‘gancio’ per continuare a contare sulla presenza di una agenzia postale, ma soprattutto un punto di incontro per gli abitanti di Vacallo. Popolazione locale che il Comune ha voluto coinvolgere in prima persona, invitandola a partecipare a un sondaggio esplorativo – pubblicato sul portale del Comune, www.vacallo.ch –, utile per riuscire a orientare offerta e servizi. Anche questo, ci fa capire il sindaco di Vacallo Marco Rizza, è il segno del cambiamento. Con la consapevolezza che ‘La Credenza’, come tutti i negozi di prossimità, dovrà fare i conti con la grande distribuzione e la concorrenza al di là della frontiera. «Non è nemmeno una nostra ambizione sostituirci a ciò che già esiste – puntualizza –. Semmai con la nostra formula ci auguriamo di far crescere l’interesse nei cittadini per queste realtà. La motivazione c’è. Quanto all’obiettivo – ribadisce il sindaco – è quello di mantenere in paese un luogo di socializzazione, aperto alle collaborazioni con il Centro sociale, con le associazioni, ma pure con i privati».
La missione iniziale, quindi, è chiara: capire le abitudini della gente e ciò che la spinge verso un tipo di commercio piuttosto che un altro; misurare l’attaccamento (o meno) alla bottega di paese; interrogare sui potenziali servizi che possono fungere da catalizzatore; e ricevere dei suggerimenti. Tra le ipotesi messe sul tavolo, infatti, vi è appunto l’ampliamento della gamma di servizi a disposizione: dalla vendita dei pasti preconfezionati dal Centro sociale alla spesa consegnata a domicilio, dai prodotti legati al territorio all’opportunità per chi coltiva l’orto di presentare sul bancone anche i frutti del suo lavoro.
Nel frattempo, si parte, e in tempi brevi. «A spronarci, d’altro canto – conferma Rizza –, è il fatto che il Consiglio comunale ha approvato un credito importante, che adesso dà modo alla Fondazione, oggi una realtà, di dare continuità al negozio, quale punto di riferimento, e tenere aperto lo sportello postale». E i passi successivi? «A questo punto – ci spiega ancora il sindaco – ci concediamo tre mesi di tempo per rinnovare gli spazi e imprimere una impostazione diversa, dandoci una strategia e più peso ai prodotti locali, e mettendoci in ascolto delle esigenze della popolazione locale».
L’asticella delle aspirazioni, poi, è posta anche più in alto. «Pensiamo, in effetti, di trasformare questa esperienza in una azienda sociale – rimarca il sindaco –, così da poter inserire le persone che, in qualche modo, si trovano in difficoltà». La volontà è quella, insomma, di prendere le mosse dal negozio-punto di incontro per promuovere dei veri e propri percorsi di integrazione sociale e professionale. Come dire che le novità non sono ancora esaurite.Tant’è che alla Fondazione ci si è già rimboccati le maniche. Il Consiglio di Fondazione – «variegato» nella sua composizione, come osserva Rizza – si è costituito e messo al lavoro, riunendosi con regolarità. «Lo scopo in cui confidiamo, d’altra parte – ricorda il sindaco –, è di dar seguito alla volontà del Consiglio comunale e al mandato iscritto negli statuti». Ecco perché si spera di poter contare sul sostegno della cittadinanza; e, perché no, magari pure di una istituzione come l’Ente regionale per lo sviluppo del Mendrisiotto e Basso Ceresio. Una candidatura è al vaglio.