L'abitante del comune punta il dito sulle troppe aree edificabili e chiede l’applicazione di una zona di pianificazione sul territorio locale
A Novazzano serve una ‘moratoria’... pianificatoria. Detto altrimenti occorre dare l'altolà alle licenze edilizie. A pensarla così è un cittadino del Comune; che alle parole di recente ha fatto seguire le azioni. Messo davanti alla revisione del Piano regolatore (Pr), infatti, Filippo Piffaretti si è rivolto al Consiglio di Stato, recapitando un ricorso determinato a bocciare il nuovo strumento pianificatorio. Le ragioni che lo muovono? Il mancato adeguamento del Pr alla Legge cantonale sullo sviluppo territoriale e alla Legge federale sulla pianificazione del territorio. Anzi, agli occhi dell'abitante si tratta di una vera e propria violazione dei principi delle nuove norme. Senza trascurare la procedura di informazione della popolazione, a suo dire "carente".
È tutto nella dozzina di pagine del dossier consegnato all'autorità cantonale. A cominciare dalle richieste indirizzate al governo. Sull'altro piatto della bilancia Piffaretti mette, infatti, la necessità di istituire una zona di pianificazione sul territorio comunale. Questo "in attesa dell’approvazione di un Piano Regolatore definitivo", certo "fatti salvi interventi di manutenzione degli stabili esistenti e interventi di interesse pubblico". Il residente invoca poi due punti cardine nel riesame del Piano regolatore. Ovvero, come si evidenzia nel ricorso, "da un lato le scelte pianificatorie devono essere guidate dal dimensionamento delle zone edificabili e, dall'altro lato, da una strategia di sviluppo del territorio che tiene conto di una maggiore qualità insediativa e che sia integrativa di tutti gli aspetti economici, sociali e paesaggistici". Ecco che la variante di Pr oggi sul tavolo rappresenta, quindi, "un mero esercizio tecnico".
Per Piffaretti, insomma, il Municipio di Novazzano "omette da anni la produzione di una strategia pianificatoria chiara ed efficace". Quanto basta per puntare il dito su un Pr che ora come ora conta zone edificabili "massicciamente sovradimensionate". Una sovrabbondanza che il ricorrente stima tra il 175 e il 275 per cento. E ciò, rilancia, a fronte di una cittadinanza che negli ultimi dieci anni è diminuita, passando dai 2'405 abitanti del 2012 ai 2'349 di fine 2022. In buona sostanza, si argomenta mettendosi di traverso alla revisione pianificatoria, il terreno che può essere costruito "eccede di gran lunga le necessità del previsto aumento della popolazione nei prossimi 15 anni": si parla di "27 ettari da edificare per 2'500 persone".
E qui Piffaretti attira l'attenzione sui "nostri beni più cari" in termini di territorio, dando la precedenza all'interesse pubblico rispetto a quello privato. Alla lente cantonale l'abitante di Novazzano pone la zona denominata ‘Ul Castellasc’ (il Castellaccio), oggi "non urbanizzata e non edificata, e di grande pregio paesaggistico e naturalistico". Un'area per la quale l’esecutivo, si fa memoria nel ricorso, prevede una urbanizzazione ex novo. Una mossa che per il ricorrente equivale a un tentativo di "prevenire/impedire la tutela di un'area molto vasta". E questo con a disposizione un piano di quartiere, varato anni fa, che è ormai "obsoleto".
Per l’autore del ricorso ce n'è a sufficienza per concedere (rispondendo a una richiesta subordinata) l’applicazione della zona di pianificazione almeno al Castellaccio. Senza una salvaguardia mirata, rimarca, "si corre il pericolo che si vada a compromettere definitivamente una pianificazione territoriale conforme alle norme di legge, rispettivamente di generare un forte rischio finanziario per il Comune, che potrebbe vedersi confrontato a enormi domande di indennizzo".
Del resto, annota ancora Piffaretti, lo stesso Dipartimento del territorio, a suo tempo, nella sua presa di posizione aveva indicato come a questo comparto si sarebbe dovuto dedicare particolare attenzione. E meglio, si osservava nell'esame preliminare del progetto di adeguamento del Pr alla Legge cantonale, "riservate le risultanze del calcolo della contenibilità, il Municipio dovrà valutare l'opportunità di garantire a lungo termine il mantenimento, almeno parziale, dell'attuale area libera a favore di una maggiore protezione delle aree verdi".
Del resto, richiama ancora Piffaretti, il Castellaccio assieme al settore della Pobbia rappresentano due zone degne di protezione. Due realtà peraltro, ricorda, già collegate tra loro da aree verdi lungo il fiume, sentieri e boschi del Parco della Valle della Motta, oltre che da terreni agricoli. E allora, sembra dire, cominciamo da lì.