Alle Assise criminali di Mendrisio una 35enne e un 47enne che avrebbero trasportato, secondo l’accusa, oltre 100 chili di droga
Sono pene che si aggirano attorno ai dieci anni quelle richieste dalla procuratrice pubblica Pamela Pedretti nei confronti di un’ex coppia di amanti, entrambi accusati di aver trafficato 105 kg di cocaina in totale. Lei, 35enne kosovara, prelevava la droga dal Belgio e la portava in Italia. Lui, 47enne albanese, faceva da staffetta controllando che i valichi fossero liberi da controlli. Entrambi residenti in Svizzera tedesca. Nonostante abbiano ammesso di aver ricoperto questi ruoli in occasione di sette viaggi, contestano il loro grado di coinvolgimento con la banda albanese che organizzava il traffico. La donna sostiene che fosse l’uomo a gestire i contatti con l’organizzazione e di aver semplicemente seguito le sue indicazioni, mentre quest’ultimo afferma che fosse lei a ricevere tutte le istruzioni.
Secondo la procuratrice pubblica la versione della donna è la più attendibile e per l’uomo ha proposto 12 anni e tre mesi di carcere e un’espulsione di 13 anni, non solo dalla Svizzera ma anche dall’area Schengen. La pena comprende anche l’accusa di inganno nei confronti delle autorità in quanto, in un modulo per il rilascio di un visto per ricongiungimento familiare, aveva indicato di non avere precedenti penali, mentre in Italia era stato condannato a 4 anni e 9 mesi, per reati che riguardano l’importazione, la detenzione, l’acquisto e la cessione di sostanze stupefacenti. La richiesta della procuratrice viene contestata dalla difesa, rappresentata da Sandra Xavier, che ritiene adeguata una pena di 6 anni e si oppone all’espulsione da tutta l’area Schengen, in quanto per la risocializzazione dell’uomo sarebbe importante poter tornare a vivere in Italia. Per quanto riguarda la 35enne, la procuratrice propone invece 8 anni e 8 mesi di carcere e un’espulsione di 9 anni da tutta l’area Schengen.
I due, residenti in Svizzera, erano stati fermati nel Mendrisiotto il 15 aprile 2022, lei a Ligornetto, lui a Castel San Pietro. Nell’auto della donna erano stati trovati quasi 15 chilogrammi di cocaina di una purezza compresa tra l’86,8 e l’89%. Durante l’inchiesta è stato poi accertato che i due avevano effettuato precedentemente altri sei viaggi da inizio dicembre 2021. Secondo l’accusa, si può supporre che anche durante queste trasferte il quantitativo di droga fosse analogo. Questo in base principalmente al fatto che la donna ha indicato che le era stato promesso lo stesso compenso, circa 10mila euro, per tutte le tratte e che in questo tipo di traffici solitamente i volumi restano gli stessi. Secondo la difesa dell’uomo, invece, non c’è modo di determinare quanti chilogrammi venissero veramente trasportati.
Nell’atto d’accusa, si parla inoltre di un episodio in cui l’uomo si sarebbe recato con la 35enne a Losanna per consegnare a un cittadino albanese circa 150 grammi di sostanza. Secondo l’imputato, invece, nulla di ciò è avvenuto. Sarebbe andato nella città vodese solo per incontrare l’amico. Per Pedretti, però, non ci sono dubbi: l’incontro era volto a consegnare droga al conoscente, in vista di una futura collaborazione. Infatti sarebbe stato consegnato solo un campione di 150 grammi, quantitativo che, se sommato a quello ritrovato durante l’arresto, permette di raggiungere la somma di 15 chilogrammi.
Come detto, i due imputati sono in disaccordo riguardo a chi fosse in contatto con i membri della banda albanese. Ma come è cominciato tutto? Secondo la donna il 47enne le aveva chiesto di fare da corriere e le dava ogni indicazione su dove e quando ritirare la droga e a chi consegnarla. Lei avrebbe inizialmente accettato spinta dal sentimento d’amore per il 47enne, sposato con un’altra donna, che le avrebbe promesso una vita insieme. In seguito, quando avrebbe capito meglio la gravità del suo agire, avrebbe provato a tirarsi indietro e a quel punto l’uomo l’avrebbe minacciata. Per quest’ultimo, invece, la storia è totalmente diversa. Lei gli avrebbe chiesto come fare per ottenere del denaro per ripagare i debiti provenienti da una ditta a nome suo, ora in liquidazione, aperta con l’ex marito. Lui l’avrebbe semplicemente messa in contatto con una persona in Belgio e poi aiutata, senza ricevere nulla in cambio, facendo da staffetta. Per quale motivo prendersi un tale rischio senza compenso? Il 47enne sostiene di averlo fatto per amore e per riconoscenza nei confronti della 35enne, che l’aveva aiutato a trovare lavoro. Ora bisogna «verificare a quale versione credere», ha indicato Marco Villa, presidente della corte delle Assise Criminali di Mendrisio (a latere Luca Zorzi ed Emilie Mordasini), che si è riunita oggi a Lugano.
Secondo la procuratrice bisogna credere alla donna. L’uomo, per proteggere se stesso, avrebbe infatti ritrattato la sua versione dopo aver saputo quello che aveva raccontato la 35enne. Quest’ultima, secondo Pedretti, ha inizialmente cercato di proteggerlo, ma capendo che lui le stava dando tutte le responsabilità, ha cominciato a collaborare raccontando dettagli che sono poi stati sostenuti da varie prove. «Ho trovato sorprendente che al primo interrogatorio l’imputato abbia ammesso di essere stato coinvolto in due trasporti. Questo mi ha portata a pensare che dietro ci fosse molto di più», ha detto la procuratrice. Inoltre, indica Pedretti, ci sono indizi che in carcere la donna fosse stata intimorita da altri detenuti su indicazione del 47enne: «Nonostante ciò l’imputata ha continuato a collaborare». La procuratrice sposa dunque la tesi dell’imputata: «Solo una donna innamorata sarebbe disposta a continuare a trasportare cocaina altre sei volte senza ricevere un compenso (che avrebbe ricevuto solo la prima volta, ndr), ma facendosi bastare le rassicurazioni dell’uomo».
Domani si tornerà in aula per l’intervento della difesa della 35enne, rappresentata dall’avvocata Marina Gottardi. Attesa in giornata la sentenza.