Mendrisiotto

Violenza carnale all’Osc, chiesto un trattamento stazionario

Alla sbarra delle Criminali di Mendrisio un 19enne della regione: i fatti risalgono a un anno fa

(Ti-Press)
20 gennaio 2023
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È un processo indiziario quello in corso davanti alla Corte delle Assise criminali di Mendrisio. Alla sbarra compare un 19enne del Mendrisiotto, accusato di violenza carnale, furto e infrazione aggravata alla Legge federale sugli stupefacenti. Per lui l’accusa, rappresentata dal procuratore generale sostituto Moreno Capella, ha chiesto una condanna a 4 anni e sei mesi di detenzione, senza opporsi a una sua sospensione per permettergli di seguire un trattamento stazionario in una struttura chiusa. Nel pomeriggio la parola passerà alla rappresentante della vittima, l’avvocato Valentina Zeli e alla legale Alessia Angelinetta. Il giudice Mauro Ermani dovrebbe pronunciare la sentenza in serata.

Per quando riguarda il trattamento, Capella ha aggiunto che lo stesso dovrà durare «il tempo necessario a ridurre il rischio di recidiva» e che in Ticino «non ci sono strutture adeguate a curare patologie psichiatriche e di dipendenza come quelle dell’imputato. Se i casi rimangono pochi, si possono trovare delle soluzioni adeguate, ma quando cominciano ad aumentare come sta succedendo in Ticino, questo diventa un problema grave ed evitare di affrontarlo è poco ragionevole». Le ipotesi formulate sono quelle di Curabilis o del penitenziario. «L’imputato non può essere posto in libertà o accolto in una struttura residenziale».

I fatti di cui il giovane deve rispondere risalgono a un anno fa e si sono svolti alla Clinica psichiatrica cantonale di Mendrisio, dove l’imputato e la vittima erano degenti. «Era il primo o secondo giorno che ci conoscevamo – ha raccontato il 19enne –. Ci siamo scambiati alcuni baci in giardino e, dopo cena nei corridoi, lei mi ha detto che aveva voglia di me». L’imputato è rientrato nella sua camera. «Mi ha scritto un messaggio dicendomi di andare di nascosto nella camera del suo bagno per fumare delle sigarette». Quando il 19enne le ha abbassato i pantaloni c’è stato un rifiuto. «Mi ha detto non adesso, forse dopo». Una decina di minuti dopo c’è stato il secondo approccio, seguito da un rapporto completo. «Ci siamo baciati e toccati, lei non mi ha detto nulla», ha dichiarato. Il giorno successivo «ci sono stati altri due rapporti: uno in bagno e uno nella mia camera visto che il mio compagno di stanza era scappato ed ero da solo». Il 19enne è successivamente scappato dalla Clinica – «non mi davano la terapia adeguata, sono tornato dopo aver consumato cocaina ed eroina per avere un farmaco che altrimenti non mi avrebbero mai dato» – e al suo rientro ha scoperto di essere stato denunciato.

Quello esaminato è «stato un caso difficile non tanto nell’istruzione quanto piuttosto nella sua gestione». Nella sua requisitoria il procuratore pubblico ha evidenziato «le dichiarazioni poco attendibili» dell’imputato. Mentre la vittima è stata «credibile nelle sue dichiarazioni, da accostare agli elementi oggettivi» supportati anche dai messaggi («rivelatori») che i due si sono scambiati. Parlando dei fatti, il pp ha ricordato che i due «in bagno hanno effettivamente fumato parecchio. Determinanti sono i contenuti dei messaggi scambiati quella sera, da dove emerge che lo scopo era quello di fumare e non c’è stata una parola in merito a eventuali rapporti». L’accusa ha inoltre definito «significativa» l’opposizione al primo tentativo di approccio. «Un comportamento che non lascia spazio a interpretazioni in merito alla sua volontà. C’è da chiedersi come mai la ragazza possa avere cambiato idea in così poco tempo: dagli atti non emerge nulla in tal senso, vi è quindi da concludere che la sua volontà non è cambiata nel frattempo e nemmeno le sue capacità sono venute meno». Sempre dai messaggi, emerge che la vittima ha incalzato l’imputato e lo stesso si è scusato. «Perché si sarebbe scusato quattro volte se non aveva nulla da rimproverarsi?».

Attualmente il giovane è detenuto presso le celle securizzate della Clinica psichiatrica, dove è stato trasferito a ottobre dopo i mesi trascorsi tra Farera e Stampa e aver ingerito prodotti di pulizia e il timore di finire per 80 giorni ‘nel buco’, ovvero in una cella securizzata con camice antisuicidio, letto e coperta ignifuga. A Mendrisio, dove è sorvegliato a vista, «non prendo droga perché non voglio – ha spiegato ancora il giovane –. Conosco delle persone che me la passerebbero sotto la porta esterna, come è successo una volta».