Davanti alle Criminali di Mendrisio, la difesa evidenzia la mancanza di controlli degli accusatori privati. La sentenza sarà pronunciata alle 17
Ha puntato sulla «crassa leggerezza» degli accusatori privati – tre conosciuti professionisti del Mendrisiotto – l’arringa dell’avvocato Andrea Minesso, legale del sedicente discendente del principe d’Etiopia a processo da ieri davanti alla Corte delle Assise Criminali di Mendrisio per rispondere di truffa per mestiere (13 i milioni che l’imputato avrebbe incassato con l’inganno) e ripetuta falsità in documenti. Al termine del suo intervento, il legale ha chiesto l’assoluzione per il 66enne Aklile Berhan Makkonen Hailè Selassié, «non essendoci inganno, visto che già la cifra risulta incredibile». In via subordinata, è stato richiesto il proscioglimento per i fatti successi dopo il 2015. Ieri l’accusa, rappresentata dalla procuratrice pubblica Chiara Borelli, ha chiesto una condanna a 7 anni di detenzione. La Corte presieduta dal giudice Amos Pagnamenta pronuncerà la sentenza alle 17.
La «bugia principale» costante del procedimento – i fatti contestati al sedicente principe risalgono al periodo tra il 2007 e il 2017 – «è sempre stata una – ha spiegato Minesso – ovvero la Germania che stava per pagare 178 miliardi di dollari americani, un numero a 9 zeri, a Makkonen». Una somma pari al «10 per cento del Pil nazionale della Germania, più del doppio delle entrate e delle uscite della Confederazione svizzera». Di fronte a questa somma «è evidente che occorra chinarsi sul comportamento delle vittime e chiedersi se abbiano dimostrato attenzione e prudenza o se ci sia stata imprudenza». Perché, si è chiesto il legale, gli accusatori privati «non si sono rivolti a un professionista per sapere se questi bond fossero incassabili?». I tre hanno continuato a prestare soldi a colui che credevano un principe, il quale «non ha mai nascosto la sua situazione economico-finanziaria», con la prospettiva di «rientrare e di ottenere guadagni stratosferici ma senza fare verifiche». Un aspetto che per Minesso «avrebbe dovuto indurre alla cautela: perché il mio cliente avrebbe dovuto rivolgersi a una fiduciaria di Chiasso per sbarcare il lunario?». I fatti, come visto, interessano un decennio. A fronte di uno stato «sempre lì lì per pagare ma non succede nulla», una delle domande da porsi «è come è possibile che la Germania stia per pagare cifre astronomiche a un privato, in assoluta segretezza e di nascosto». A essere mancato «è stato lo spirito critico». Vedendo certi documenti tedeschi, «bastava guardare su Wikipedia per capire che le firme erano false».
Al termine della discussione, la parola è passata al 66enne. «Da questa situazione sono io che esco con le ossa rotte – ha detto in aula, in piedi davanti alla corte –. Le pubblicazioni relative a questa vicenda sono finite in tutto il mondo e hanno pesato sulla mia famiglia: nessun denaro potrà restituire la dignità che mi ha insegnato mio nonno». Riguardo ai fatti, «se ho causato danni a questi signori, chiedo scusa».