Mendrisiotto

Piscina ‘invernale’, le società nuoto incrociano le dita

A Chiasso si attende l’esito della perizia sulle ‘fughe’ di cloro prima di annunciare la riapertura il 17 ottobre. Snc e Num preoccupate

Alternative ce ne sono poche
(Ti-Press)
7 settembre 2022
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Non è ancora certo che la piscina comunale di Chiasso potrà aprire, come previsto, il 17 ottobre prossimo per la stagione invernale. Dopo la chiusura anticipata dell’impianto, avvenuta giovedì primo settembre, a causa delle note perdite di cloro – perdite che avevano spinto il Comune di Vacallo a chiedere di interrompere la stagione balneare –, si attende infatti l’esito della perizia commissionata dal Municipio chiassese alla fine del mese scorso. Obiettivo dichiarato, accertare la problematica e porvi rapidamente rimedio. «I risultati dovrebbero pervenire entro una decina di giorni», annuncia a ‘laRegione’ e rassicura il capodicastero Sport e Tempo Libero Davide Lurati.

Matteo Rossetti, presidente della Società Nuoto Chiasso (Snc), si dice comunque fiducioso sul mantenimento della riapertura il 17 ottobre, seppur preoccupato dalla prospettiva di eventuali ritardi, oltre che per la popolazione, soprattutto per quanto attiene al nuoto agonistico e ai ragazzi della Mendrisio nuoto (Num). Infatti, nel luglio 2023 avranno luogo i Campionati Svizzeri Giovanili di nuoto a Chiasso e i giovani atleti necessitano di potersi allenare.

Per la Num non ci sono alternative valide

«Alternative appaiono poco praticabili», sottolinea dal canto suo il presidente della Num Emanuele Riva. I motivi? I costi, le trasferte (vista la tenera età dei ragazzi) e la disponibilità di posti oltre alla grandezza delle vasche. Riva esprime una certa frustrazione e ci dice che «far nuotare cento ragazzi nella piscina di Canavée (a Mendrisio, ndr) con quattro corsie è arduo. Anche perché non ci siamo solo noi, ci sono anche altre società che hanno diritto di utilizzarla».

E qui il presidente della Num apre una parentesi, rimettendo sul tavolo un tema annoso. «Nel Mendrisiotto manca una struttura pubblica coperta – puntualizza Riva –, perché anche questo pallone, sebbene fantastico, ha un costo altissimo con i prezzi che ci sono oggi del gas».

Insomma, «è ora che i politici si attivino per costruire una piscina coperta degna di una regione di 50’000 abitanti. Anche perché oltre Gottardo con meno gente vi sono più strutture, che siano piscine, piste di ghiaccio, campi sportivi. Il Ticino dorme», si sfoga Riva, ammettendo una certa arrabbiatura.

Se a Chiasso non dovessero riuscire a riaprire l’impianto, d’altra parte, per le società di nuoto potrebbero esserci dei problemi. «Noi saremmo in difficoltà – conferma il presidente Riva –, anche se stiamo valutando diverse soluzioni. Ovvero oltre a Canavéé, la piscina di Stabio, che però è di soli 16 metri». L’ultima ratio sarebbe «andare a Lugano, però rischieremmo di perdere per strada i ragazzi più piccoli, visto la difficoltà di andare a prenderli dopo scuola e poi riportarli a casa».

L’opzione oltrefrontiera

Durante il lockdown vi eravate recati oltreconfine, in Italia: oggi sarebbe una soluzione percorribile? «Ci si era effettivamente allenati a Legnano, tra il 22 e il 31 gennaio – ribadisce Riva –, ma un conto è farlo per un paio di settimane, un altro per una stagione intera; il che avrebbe un costo assurdo, sempre che riaprano la piscina, vista la crisi energetica attuale».

Crisi energetica

Rincaro e blackout

Oltre all’affare cloro, Comuni e società si ritrovano a fare i conti pure con la crisi energetica. In merito a questo tema di scottante attualità, il Municipio di Chiasso sta attualmente analizzando eventuali misure di risparmio e vagliando la totalità delle strutture comunali, al fine di capire quali piste sia più opportuno seguire, come ci dice Lurati. Anche i presidenti di Snc e Num si dicono preoccupati per l’aumento del prezzo dell’energia e le sue ripercussioni sugli impianti sportivi. In aggiunta, «i paventati blackout temporanei (da quattro a otto ore) rappresenterebbero un grosso problema – spiega Riva –, ritenuto che un’interruzione di elettricità porterebbe a un indebolimento relativamente rapido della struttura, visto il conseguente manco di pressione interna che condurrebbe allo sgonfiamento del pallone». Questa prospettiva dà da pensare, conferma Loris Codoni, responsabile dell’Ufficio sport e tempo libero, in quanto «il macchinario di riserva a diesel, previsto per le emergenze, potrebbe sopperire a una assenza di elettricità di mezz’ora circa». Certo, sottolinea Rossetti «non serve fasciarsi la testa prima di rompersela». In ogni caso tutti tengono le dita incrociate.