È fuori pericolo la 45enne ferita lunedì all’ingresso delle Terme. L’inchiesta continua sui due versanti del confine.
È fuori pericolo la 45enne raggiunta da colpi di pistola, sparati dal suo ex compagno, nella serata di lunedì all’ingresso delle Terme di Stabio. La conferma è arrivata questa mattina dalla Polizia cantonale. Ancora ignoti per contro le ragioni e il contesto che hanno armato un 51enne della provincia di Varese, che ha rivolto l’arma contro sé stesso dopo aver ucciso anche l’attuale compagno della donna, un 47enne italiano da tempo domiciliato a Stabio e titolare di una società di trasporti e logistica di cui era socio e gerente dal 2014. Il lavoro degli inquirenti è continuato incessante anche per l’intera giornata odierna. Gli specialisti della Scientifica hanno lavorato all’ingresso delle Terme, teatro del tentato omicidio, alla ricerca di ogni indizio utile a ricostruire quanto accaduto. Stando a quanto appurato da ‘laRegione’, al momento dei fatti – intorno alle 18.30 – la 45enne, addetta alle pulizie della struttura, si trovava da sola nell’edificio, già chiuso al pubblico. Uno dei motivi, quest’ultimo, che rende importante, per non dire fondamentale, la sua testimonianza. La procuratrice pubblica Valentina Tuoni, titolare dell’inchiesta sul versante ticinese, sentirà la donna non appena possibile.
Se sul versante ticinese il riserbo continua a essere massimo, tanto da non confermare ufficialmente un collegamento tra quanto accaduto alle Terme e l’uccisione del 47enne a Cantello, sul fronte varesino il nesso sembra ormai chiaro. Da noi raggiunta, il capitano Chiara Crupi alla guida della compagnia di Varese, spiega che sono in corso «analisi dei tabulati telefonici e altri accertamenti che permetteranno di avvalorare l’ipotesi iniziale». Stando alla ricostruzione dei fatti fornita dai media di oltreconfine, il 51enne ha dapprima raggiunto il 47enne nei boschi all’imbocco della Valsorda, dove lo ha colpito mortalmente. I colpi sparati – la pistola, ci conferma ancora il capitano, era detenuta legalmente – sarebbero stati due. L’uomo è stato trovato esanime sulla strada, a terra, con la portiera del suo Suv con targhe ticinesi aperta. Nessuno avrebbe assistito direttamente all’esecuzione, i primi testimoni sono sopraggiunti dopo qualche minuto e hanno allertato i soccorsi. I due uomini, fa sapere ancora Crupi, non avevano precedenti penali. Abbandonata la scena del primo delitto, il 51enne ha poi raggiunto la Svizzera. Nei pochi chilometri che separano Cantello e Stabio l’uomo, come riferisce la ‘Rsi’, avrebbe anche tamponato il furgone di una ditta. Nella sua testa c’era l’obiettivo di raggiungere quanto prima le Terme, dove sapeva che avrebbe trovato la donna da sola, intenta a svolgere il suo lavoro, e portare a termine il suo disegno. Quanto accaduto una volta raggiunta la meta, è ormai cronaca nota. L’incontro è avvenuto all’ingresso della struttura, dove il tentato femminicidio si è consumato. Verosimilmente credendo di avere ucciso la sua ex compagna, l’uomo ha infine rivolto l’arma contro sé stesso.
Nella giornata odierna è emerso qualche particolare relativo all’omicida. L’uomo, impiegato come operaio in una ditta, residente a Morazzone, era conosciuto nel quartiere delle Terme. Non di rado, infatti, veniva interpellato per effettuare dei lavoretti negli stabili adiacenti al complesso. I fatti hanno colpito la comunità di Stabio, memore dell’uccisione nel 2016 della maestra di scuola elementare. «Davanti a una situazione del genere non si può non provare incredulità e sgomento – commenta a ‘laRegione’ il sindaco di Stabio Simone Castelletti –. Alle nostre latitudini per fortuna siamo confrontati più di rado con vicende del genere. Certo che simili storie sono un colpo al cuore». Raggiunta dal portale varesenoi.it, la sindaca di Cantello Chiara Catella spiega di essere stata contattata intorno alle 19.30. "Pensavo a un delitto collegato al traffico di droga, ma quando sono arrivata già si sospettava il collegamento con la sparatoria di Stabio". A preoccupare è soprattutto il fatto che il delitto sia stato commesso nell’ora di punta. "La cosa che mi spaventa di più è che è avvenuto tutto in mezzo alle macchine in coda, bastava un proiettile vagante e poteva finire peggio".
È stata uccisa la 73enne pensionata trovata senza vita venerdì sera dal figlio, un 49enne imprenditore edile in Canton Ticino, nella sua abitazione in via Sonvito a Malnate, comune confinante con Cantello. La conferma è arrivata dall’autopsia eseguita del perito anatomo patologo Cesari Garberi, presente anche un medico legale per conto del figlio della donna indicato come persona offesa nel fascicolo giudiziario aperto dalla procura di Varese a carico di ignoti per omicidio. L’anziana donna, frontaliera in Ticino prima della pensione, è stata colpita per due volte da un corpo contundente che le ha fracassato il cranio, provocando la morte. In un primo momento sembrava che l’anziana potesse essere rimasta vittima di un incidente domestico, una caduta accidentale risultata fatale. Ipotesi che il medico legale tende a escludere. Sino a ora l’arma del delitto non è stata ancora trovata. Scomparso anche il cellulare della donna. Nel frattempo i carabinieri del Nucleo operativo di Varese sembrano aver concentrato la loro attenzione su un sessantenne che venerdì, giorno in cui la 73enne è stata trovata morta, stando al racconto di un vicino di casa della donna, avrebbe chiesto della pensionata. Un uomo, atteggiamento tranquillo, secondo la descrizione fornita ai carabinieri, sarebbe stato visto altre volte, nella casa di cortile di Malnate. Descrizioni che hanno consentito ai carabinieri di tracciate un identikit dell’uomo. I carabinieri del Ris di Parma nell’appartamento della pensionata hanno isolate tracce biologiche, dalle quali dovrebbe emergere un Dna utile per le indagini. Se per quanto accaduto a Malnate gli interrogativi si affollano, per il femminicidio di Cadorago, dove con numerose coltellate una 33enne di Varese è stata uccisa dal 37enne compagno, magazziniere in Ticino, tutto è tragicamente chiaro. Gli elementi raccolti dai carabinieri depongono per un delitto passionale, frutto di un raptus. Dietro il delitto, la gelosia. L’autopsia e l’interrogatorio dell’omicida appaiono atti dovuti, semplici formalità.