Mendrisiotto

Mendrisio: il 20% a rischio isolamento nei quartieri ‘alti’

Emerge da uno studio sulla qualità di vita ad Arzo, Besazio, Meride e Tremona. Il Municipio avvia un’azione per consolidare la coesione sociale

Arzo, il più popoloso dei quattro ‘quartieri di montagna’
(Ti-Press)
3 febbraio 2022
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Ad Arzo, Besazio, Meride e Tremona si vive bene, ma c’è un 20% circa della popolazione a rischio isolamento. È quanto emerge da uno studio effettuato dalla Città di Mendrisio nei suoi quartieri di montagna, incentrato sulla qualità di vita nei quattro paesi, e presentato oggi a Palazzo comunale dalla capadicastero Politiche sociali e politiche di genere Françoise Gehring, dalla capaufficio Antenna sociale Tiziana Madella e dall’ingegner Roberto Fridel, presidente dell’associazione Generazioni&Sinergie, partner del progetto. Uno studio, che è la base di partenza per avviare un’azione per consolidare la coesione sociale.

Una risposta alle fragilità sociali

A maggio 2021 tutte le economie domestiche dei quattro quartieri hanno ricevuto il sondaggio sulle relazioni sociali, l’integrazione sociale, le attività, lo spazio pubblico, i servizi della zona. «L’analisi parte dalla volontà del nostro Municipio di rafforzare il concetto di prossimità, tanto importante in una città aggregata – ha premesso la municipale –. A causa di trasformazioni sociali, economiche, demografiche, culturali, la nostra società è attraversata da nuove forme di insicurezza e frammentazione della comunità. Desideriamo dare una risposta in modo coeso e innovativo, lavorando in rete». Partendo dal basso: come sottolineato da Madella, lo studio è servito sostanzialmente per capire come coinvolgere la popolazione per supportare le vulnerabilità di determinate persone e categorie sociali.

Anziani, ma non solo: adulti con percorsi lavorativi discontinui

Degli oltre 1’200 questionari inviati, ne sono rientrati 360: circa il 30%. «È un buon dato statistico, sufficiente per considerarlo rappresentativo – sostiene Madella –, ma cercheremo di raggiungere anche quel 70% che non ha partecipato». Dai risultati emerge che, naturalmente, le relazioni sociali sono un fattore di benessere e che più della metà degli interpellati si dichiara ben integrata nel proprio contesto abitativo. C’è però un 27% di persone che dichiarano che le relazioni sociali rappresentano una potenzialità da sviluppare e soprattutto un 20% che segnala un possibile rischio di isolamento. «Persone anziane o meno anziane che vivono sole, ma anche i più giovani che hanno alle spalle percorsi lavorativi discontinui e vivono in condizioni di precarietà».

Per un maggiore utilizzo degli spazi pubblici

Il 66% degli intervistati riconosce nei negozi i servizi più rilevanti, mentre per il 56% sono i bar, e non a caso per la maggior parte degli abitanti sono i classici ‘caffè’ i momenti di incontro che favoriscono legami più apprezzati. C’è poi una divisione sostanzialmente equa fra le persone che frequentano spesso gli spazi pubblici (26%), ogni tanto (25%), solo alcune volte (26%) o che non li frequentano (22%). Significativa la quota (61%) di coloro che gradirebbero avere più eventi negli spazi pubblici, in particolare concerti (50%). Circa il 40% degli interpellati inoltre mostra interesse verso il volontariato e il 33% è disponibile ad aderire a gruppi di discussione su questo argomento. Dati, questi, in linea con quelli nazionali: in Svizzera una persona su tre è attiva in qualche forma di volontariato. «Questo riscontro per noi è molto positivo – ancora Madella –, perché significa che molte persone hanno voglia di collaborare con l’ente pubblico. E le persone più interessate sono proprio coloro che non risiedono da molto nei quartieri»: un indice del desiderio di integrarsi socialmente.

L’idea: la portineria di quartiere

A marzo si ripartirà dunque da qui, si organizzeranno uno o più momenti di incontro con la popolazione interessata per allestire dei progetti che verranno poi sottoposti al Municipio. Ma delle idee, anzi una in particolare c’è già: la cosiddetta ‘portineria di quartiere’. «Il modello è quello chiaramente delle portinerie dei condomini – precisa Fridel –, ossia dei luoghi che possano diventare dei punti di riferimento per la comunità, con persone di fiducia e che possano offrire più servizi». Tra questi ultimi, per gli intervistati, ve ne sono sia di molto pratici che di più sociali: un 49% utilizzerebbe ad esempio un servizio riparazioni e un 41% uno di trattenuta pacchi/lettere, mentre d’altra parte il 42% è interessato a ricevere consigli e informazioni e un 45% soltanto alle chiacchiere e la medesima percentuale parteciperebbe a scambi di oggetti.

Diversi modelli

Un ampio ventaglio di possibilità insomma, come diversi sono anche i modelli di ‘portinerie’ a cui si potrebbe pensare. Da Parigi a Milano, fino alla più vicina Morbio Inferiore, ci sono infatti diversi esempi ai quali ispirarsi: Nel capoluogo lombardo ad esempio vi è un bar che funge anche da luogo di riunione per le associazioni di quartiere, di scambio per libri usati, di aperitivi e festicciole per la comunità. Per Morbio c’è invece l’esempio dell’osteria sociale BarAtto, gestita da Pro Senectute e che oltre alla mescita offre: angolo per bambini in età pre-scolastica, una ‘portineria’ per il deposito di pacchi e lettere, un orto comunitario, persino una propria radio e altre attività di utilità pubblica. «Nella zona ci sono già dei servizi storici, quali ad esempio il Negozietto di Tremona che per l’ente pubblico si è già rivelato un partner importante – sottolinea la capasettore – e potrebbe ‘trasformarsi’ includendo altri servizi di appoggio o di scambio». «Ma potrebbe essere anche una portineria diffusa, non necessariamente un luogo solo. La Città sta portando avanti questa politica dell’ascolto nei confronti del territorio e il territorio a sua volta sta rispondendo bene: certamente emergeranno delle buone idee» aggiunge l’ingegnere.