Cresce la mobilitazione a favore della giovane richiedente l’asilo e della sua famiglia, che rischiano il rimpatrio forzato in Etiopia
Si allarga sempre più il fronte a favore di India. La giovane richiedente l’asilo, sua mamma e sua fratello rischiano infatti il rimpatrio forzato in Etiopia. E questo, pur essendosi ormai ben integrati in Ticino. Alle già numerose voci che chiedono al Dipartimento delle istituzioni a Bellinzona e alla Segreteria di Stato della migrazione a Berna di attivare il caso di rigore e concedere loro un permesso di dimora, se ne aggiungono ora altre due: i Verdi del Ticino e le Acli (Associazioni cristiane lavoratori internazionali).
“La chiusura e l’esclusione non devono essere la risposta ai movimenti migratori – sostengono gli ecologisti –. I Verdi difendono una politica di asilo che non giudichi le persone in base alla loro origine, non le emargini e non le spinga all’illegalità. Una politica che riconosca il potenziale di una società multiculturale, che metta al primo posto i diritti umani, crei vie di fuga sicure e offra opportunità ai migranti. Non dimentichiamoci che anche ognuno di noi potrebbe un giorno essere un rifugiato”. Oltre a ricordare l’integrazione di India, i Verdi mettono l’accento sulla situazione politica in Etiopia: “Secondo il Dipartimento federale degli affari esteri, i viaggi di qualsiasi tipo al di fuori di Addis Abeba sono sconsigliati. Nel corso del 2021 gli scontri militari si sono estesi dalla regione di Tigray ai territori confinanti. In tutto il Paese vige lo Stato d’emergenza. Questo autorizza il Governo a imporre varie restrizioni che limitano i diritti fondamentali. In tutto il Paese sussistono tensioni politiche, etniche e sociali. Possono sfociare senza preavviso in violenti scontri locali. Tali eventi hanno ripetutamente causato vittime e feriti. Il rischio di attentati esiste in tutto il Paese”.
Le Acli dal canto loro ricordano che alla battaglia hanno già aderito numerose associazioni umanitarie, come pure il vescovo Valerio Lazzeri. E “ritengono sia paradossale aver promosso con merito un percorso d’integrazione, attraverso la frequentazione di India dei diversi gradi di scolarizzazione della durata di dieci anni, e dover assistere a una decisione umanamente inaccettabile, dopo una procedura di eccessiva durata e dai contorni squisitamente burocratici e spersonalizzanti. Già dal Convegno promosso dalle Acli a Lugano nel 2015 che hanno visto la partecipazione di padre Mussie Zerai (già candidato al Premio Nobel per la Pace), Flavio Di Giacomo (portavoce dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni Italia) e Paolo Bernasconi (membro onorario del Comitato internazionale della Croce Rossa), era stato approvato un appello alla Confederazione affinché si promuovano corridoi umanitari per e attraverso la Svizzera e al Cantone si chiede di facilitare il ricongiungimento fra membri della stessa famiglia e l’accoglienza dei minorenni non accompagnati. Questa vicenda dimostra che a distanza di anni alcune di queste istanze sono ancora attuali”.