Condannato a 3 anni il 68enne che aveva architettato l’ingegnoso meccanismo
Sette società tra Chiasso, Mendrisio e Lugano, un milione e 227mila franchi spillati ad assicurazioni e altri istituti finanziari, senza battere ciglio, grazie a una serie di ‘misteriosi’ infortuni – solitamente cadute dalle scale – che colpirono i presunti direttori di queste aziende, poi risultate prive di attività. È stato un danno notevole quello cagionato nel giro di sei anni da un cittadino svizzero, originario della Sicilia e residente nel Distretto, già attivo presso una fiduciaria, oggi 68enne. Ieri avrebbe dovuto comparire davanti alle Assise criminali di Mendrisio, ma trovandosi in Brasile non ha potuto presenziare al processo che si è dunque celebrato in sua assenza. La Corte presieduta dal giudice Amos Pagnamenta lo ha condannato a 3 anni di detenzione, di cui la metà, 18 mesi, da espiare e il restante sospeso con la condizionale, per i reati di truffa aggravata, ripetuta falsità in documenti, ripetuto conseguimento di falsa attestazione e cattiva gestione.
Questa dunque la soluzione giudiziaria, salvo ribaltamenti nelle istanze superiori, di una vicenda datata. I fatti risalgono all’epoca 2008-2014: l’incarto è passato di mano sia in Procura che a livello della difesa. L’avvocato Xenia Peran, che ha ereditato la causa in tempi relativamente recenti, in avvio di processo ha posto una serie di eccezioni, respinte dalla Corte, riguardanti i diritti della difesa che sarebbero stati lesi e un presunto mancato accesso a determinati atti. Accolto per contro in sentenza lo sconto di pena per il lungo tempo trascorso dai fatti. L’incarto era completo di una dettagliata confessione, peraltro ritrattata all’ultimo momento attraverso una ‘memoria’ presentata alla Corte. Che non ha creduto a questa tardiva rettifica: i due interrogatori pur tra qualche mancata ammissione avevano fornito un quadro nitido e confermato dai documenti acquisiti. Il meccanismo architettato era abbastanza astuto. Tornato in Ticino dalla Sicilia, e trovatosi ben presto a corto di soldi, l’imputato ha pensato bene di creare diverse società, e di acquistarne altre. Tutte in realtà prive di liquidi, scatole vuote, ma buone per far scattare il gioco ai danni delle assicurazioni. Amici, parenti e conoscenti venivano dunque ‘assunti’ come direttori, con paghe piuttosto munifiche per poi infortunarsi immediatamente e presentare alle assicurazioni la busta paga, così da incassare le relative rendite, che in parte venivano poi girate ai complici. Una classica ‘dinamica’ era la caduta dalle scale con botta alla schiena o alla testa. La casistica comprendeva cadute per strada, sul treno, e altre sfortunate situazioni, che ricordano un famoso film di Carlo Verdone. Tutto confermato da certificati medici, ricorrenti quelli di una dottoressa del Mendrisiotto. Medici compiacenti? Non si sa: secondo il procuratore Daniele Galliano il tentativo di indagare in questa direzione si sarebbe scontrato con il segreto medico e con difficoltà di ottenere informazioni sul lato italiano. La sua richiesta di pena è stata confermata.
Anche gli amministratori delle società in questione erano compari dell’imputato, che ha ammesso di aver scelto questo escamotage per non far figurare sempre il proprio nome e destare così sospetti. Con la stessa dinamica, ovvero utilizzando società fantasma, furono truffate una banca e una società finanziaria ottenendo prestiti o finanziamenti. Resta da capire se il 68enne sconterà la pena, trovandosi in Sudamerica e non essendo esclusi ricorsi alle istanze superiori.